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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Dal calcio alla bioeconomia, la nuova vita dell'ex colonna del Milan

Flamini, centrocampista dei rossoneri ai tempi dell'ultimo scudetto, adesso è titolare di una impresa che si occupa di chimica sostenibile

Nomini Mathieu Flamini e pensi al Milan, all’ultimo scudetto vinto dai rossoneri, a quell’insieme di cognomi altisonanti: Pirlo, Beckam, Ibrahimovic, Zambrotta, Nesta, Cassano, Ronaldinho. E la lista può continuare. Nomini Flamini e pensi all’Arsenal, e ai tempi in cui l’Arsenal Stadium si chiamava ancora Highbury. E tutto si pensa, meno di ritrovarselo a Bruxelles a parlare di sostenibilità, politiche europee, finanziamenti per le imprese. Ma lui, nella sua nuova vita, ha tutt’altra veste. Appesi gli scarpini al chiodo e svestiti completi da gioco, l'ex centrocampista ha intrapreso la via dello sviluppo sostenibile. Questo no, che non è un gioco. Si tratta di ridisegnare il mondo come fin qui concepito.

Lotta ai cambiamenti climatici

“Sappiamo tutti che esiste il problema dei cambiamenti climatici, ma quali sono le soluzioni?”. E l'ex giocatore una risposta se l’è data: nuove tecnologie, per un nuovi modelli di produzione. Nel 2008 ha fondato Gf Biochemicals, compagnia biochimica attiva nella produzione su grande scala di acido levulinico, considerato uno degli elementi chiave della futura chimica sostenibile. Viene utilizzato in diversi campi, quali agricoltura, farmaceutica, cosmetica, bio-plastiche e biocarburanti. “È il settore del futuro”, detti in altri termini, quelli usati dall’ex stella di Milan, Arsenal e nazionale francese.

Industria in crescita

Flamini è stato invitato dalla Commissione europea alla conferenza sulla bio-economy, l’economia che impiega le risorse biologiche, provenienti dalla terra e dal mare, come input per la produzione energetica, industriale, e alimentare. È stato chiamato quale esempio di un’industria in crescita, in rapida evoluzione, e perché volto noto. Migliore sponsor la bio-economy non poteva averlo. Ma per Flamini la bio-economy deve avere di meglio. Migliore comunicazione e migliore formazione.

La creazione di lavoro

“C’è molto lavora da fare. È molto importante concentrasi sulle persone, perché se chiedete per strada alla gente cosa pensano della bio-economia vi chiedono di cosa state parlando”. Bisogna quindi che l’Europa faccia capire cosa c’è in gioco. Non poco. “Le energie rinnovabili hanno creato tanto lavoro, ed è solo l’inizio”, ricorda Flamini. La Commissione Ue stima che la sola bio-economia può generare fino a un milione di nuovi posti di lavoro da qui al 2030. Perché questo avvenga, sottolinea ancora l’ex calciatore, servono due cose: sovvenzioni, in particolare alle piccole e medie imprese, e formazione.

La necessità di sostegno agli investimenti

“Nel nostro sistema economico non sono le grandi imprese che hanno bisogno di aiuti” e accesso al credito, dice Flamini, ricordano la sua esperienza personale. “Per andare sul mercato serve denaro. Ho dovuto parlare con le banche, che senza un’esperienza avevano molte difficoltà a esaminare i rischi”. Da qui l’invito a Commissione e Banca europea per gli investimenti (Bei) ad erogare prestiti con meno remore. Quindi un appello agli Stati, responsabili per le politiche educativo-scolastiche. “È importante sviluppare programmi di studio che possano dare la possibilità di studiare la bio-economia”.

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