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Martedì, 23 Aprile 2024
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Etichette di origine a rischio? Italia e Francia contro le nuove norme Ue

Dal 1 aprile al via il regolamento voluto da Bruxelles per aumentare la trasparenza sulla provenienza degli alimenti. Ma per Roma e Parigi si tratta di un passo indietro. Ecco perché

L'obiettivo dell'Ue era quello di adeguare tutti gli Stati membri alle leggi sulla trasparenza dell'origine dei prodotti alimentari già in vigore in alcuni Paesi, come Italia e Francia. Ma la nuova normativa varata da Bruxelles, che entrerà in vigore dal 1 aprile, non va giù proprio a Roma e Parigi. Il motivo? Rischia di creare confusione sulla reale provenienza di alimenti come la pasta e il pomodoro. 

Le nuove regole 

Il nodo sta tutto in due passaggi del nuovo regolamento: i casi in cui scatta l'obbligo di indicare l'origine e la definizione di "ingrediente primario". L'obbligo scatta quando un prodotto riporta sulla confezione, per esempio, i colori della bandiera italiana, ma il suo ingrediente primario, in questo caso il grano, arriva da un altro Paese. E poco importa se il pastificio sia in Italia o meno: la bandiera tricolore potrà essere mantenura purché si indichi la provenienza del grano.

A destare perplessità è anche la definizione di "ingrediente primario". Stando al nuovo regolamento, si tratta di quell’ingrediente o quegli ingredienti di un alimento "che rappresentano più del 50% di tale alimento o che sono associati abitualmente alla denominazione di tale alimento dal consumatore e per i quali nella maggior parte dei casi è richiesta un’indicazione quantitativa”. Una definizione quantomeno vaga, secondo le organizzazioni dei produttori del Belpaese. Inoltre, chi contesta il regolamento Ue punta il dito sul fatto che le nuove norme sull’ingrediente primario non si applicheranno ai prodotti biologici, Dop, Igp e Stg, né a quelli a marchio registrato che, “a parole o con segnali grafici”, indicano di per sé la provenienza del prodotto.

Il no di Italia e Francia

Secondo i produttori italiani, questa normativa, anziché riempire il vuoto legislativo europeo in materia di etichettatura, favorirà fenomeni come l'Italian sounding, ossia l'uso dei riferimenti al nostro Paese di prodotti che italiani non sono. E che grazie a questi riferimenti hanno maggiore successo sul mercato. Facenco concorrenza sleale alle nostre imprese, soprattutto all'estero. In Italia, come è noto, esiste da tempo una normativa che obbliga a indicare l'origine di pasta, riso, latte e pomodoro. Una normativa che potrebbe venire vanificata da quella Ue.

Per questa ragione, un gruppo di Stati membri, guidati dal nostro governo e da quello francese, sta facendo pressioni su Bruxelles per impedire che il nuovo regolamento vanifichi gli sforzi di trasparenza fatti dai Paesi che hanno più a cuore l'indicazione di origine. I ministri italiani Teresa Bellanova (Agricoltura) e Stefano Patuanelli (Sviluppo economico) hanno inviato una lettera a Stella Kyriakides, commissaria alla Salute, e a Janusz Wojciechowski, commissario all’Agricoltura. “L’Italia chiede che sia esteso l’obbligo di origine delle materie prime in etichetta a tutti gli alimenti, a partire da una scelta rapida sui prodotti sui quali si è già sperimentato in questi anni come latte, formaggi, carni trasformate, pasta, riso, derivati del pomodoro”, affermano nella lettera. 

A sostegno di queste pressioni c'è anche una petizione europea che mira a trasformare in legge Ue la sperimentazione in corso in 8 Paesi membri (Italia, Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, Lituania, Romania e Finlandia) sull’obbligo di etichettatura su diversi prodotti come formaggi, carni trasformate, riso e latte.

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