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Giovedì, 25 Aprile 2024
Lavoro

Il lockdown mette in ginocchio i pescatori, senza ristoranti vendite di pesce dimezzate

Ben il 55%, della produzione viene consumata fuori casa, per Coldiretti sono a rischio 28mila posti di lavoro. Perdite di 500mila euro al giorno anche per la piscicoltura

Con oltre la metà del pescato in Italia, ben il 55%, che viene consumato fuori casa la chiusura prolungata dei ristoranti ha ripercussioni gravi anche sul settore della pesca. Ad essere duramente colpita dalla situazione è anche la flotta italiana che conta circa 12mila pescherecci e 28mila posti di lavoro.

Stop alla ristorazione

È la Coldiretti a sottolineare come lo stop forzato alla ristorazione fino alla vigilia dell'estate sia stato un duro colpo per il settore ittico che coinvolge anche la chiusura a cascata delle pescherie e dei mercati ittici all'ingrosso e alla produzione. Ad aggravare la paralisi del settore sono i limiti agli spostamenti che hanno causato anche il crollo della domanda di pesce fresco per consumo casalingo con la nuova tendenza a fare la spesa ogni 2-3 giorni, per evitare di doversi recare spesso al supermercato, che ha portato i consumatori ad orientarsi verso conservati e surgelati. In difficoltà anche gli oltre 800 allevamenti ittici diffusi lungo tutta la Penisola.

Il consumo in Italia

Il consumo pro capite di pesci, molluschi e crostacei in Italia si aggiorna attorno ai 30 chili all'anno con la preferenza fuori casa accordata - rileva la Coldiretti - a polpo, vongole veraci, cozze da allevamento, seppia, tonno, astice, branzino, pesce spada e orata. La possibilità di vendita a domicilio e dell'asporto è una importante opportunità anche se non sufficiente ad aiutare il settore soprattutto alla luce del crac turistico.

Piscicoltura

“Abbiamo calcolato una perdita secca di 500mila euro al giorno. I conti sono presto fatti: il canale HoReCa (Hotellerie-Restaurant-Café), che detiene circa il 35% del mercato, è stato totalmente azzerato, così come le attività della pesca sportiva, cui corrisponde il 15%. Le esportazioni (un altro 20%) sono fortemente ridotte”, ha dichiarato il presidente dell’Associazione piscicoltori italiani, Pier Antonio Salvador, spiegando che la quarantena, con la chiusura delle attività di ristorazione, ha determinato una contrazione delle vendite dell’acquacoltura senza precedenti: il 70% in due mesi. In Italia - ricorda l’Api - gli allevamenti sono presenti su tutto il territorio e il comparto comprende 300 imprese con 850 siti.

Esportazioni

Numerose imprese hanno produzioni importanti, che arrivano 200mila chili di pesce pronto per la vendita, ma che oggi resta in azienda. “L’export, finora fermo, mostra timidi segnali di ripresa, in particolare con l’Austria. La Ggrande distribuzione organizzata, sebbene sia l’unico canale rimasto sempre attivo, ha registrato un calo degli acquisti”, ha aggiunto Salvador secondo cui “sul fronte europeo l'Ue ha fatto un’importante modifica alle regole per accedere al fondo per gli affari marittimi e la pesca (Feamp), riservando all’acquacoltura la possibilità di compensazione per la riduzione della produzione e delle vendite o per spese supplementari connesse al magazzinaggio. Ora dobbiamo fare in modo che le imprese possano utilizzare tali risorse quanto prima”.

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