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Martedì, 16 Aprile 2024
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La guerra del cacao: l'Africa vuole aumentare i profitti. L'Ue pensa a una stretta “etica”

Paesi come Costa d'Avorio e Ghana, che insieme a Nigeria e Camerun producono il 70% dei semi di cacao mondiale, incassano solo il 5% del valore economico prodotto a livello globale e mirano a entrare nella produzione di cioccolato. Bruxelles pero' li accusa di favorire la deforestazione e lo sfruttamento dei minori. E pensa a  una legge per punire i produttori “cattivi”

Da sfruttati a sfruttatori. Da un po' di tempo i big africani della coltivazione dei semi di cacao (in particolare Costa d'Avorio e Ghana) fanno pressioni per aumentare la loro fetta di ricavi: dai loro campi parte un business mondiale da oltre 120 miliardi annui, ma di questi profitti l'Africa occidentale ne assorbe appena il 5%. Di contro, dall'Europa, uno dei principali mercati di destinazione del cacao africano, si levano voci sempre più critiche nei confronti dei produttori ivoriani e ghanesi, accusati di provocare con i loro raccolti una deforestazione sempre più drammatica. E di aver aumentato lo sfruttamento del lavoro minorile. Tanto che la Commissione europea sarebbe pronta a presentare una proposta di legge per imporre una stretta “etica” all'import di semi.

Bruxelles al lavoro su una proposta di legge

Una legge che potrebbe aprire una vera e propria guerra diplomatica del cacao, in un momento in cui Unione africana e Unione europea hanno giurato pubblicamente di migliorare la loro cooperazione anche per ridurre i flussi migratori verso il Vecchio Continente. Colpire un punto sensibile come la produzione di semi di cacao, che a livello mondiale è coperta per il 70% da Costa d'Avorio, Ghana, Nigeria e Camerun, non sembra proprio una dichiarazione di pace. 

Eppure, Bruxelles sembra fare sul serio. A dicembre, Francia, Germania, Paesi Bassi, Danimarca, Belgio e Italia hanno chiesto alla Commissione europea di "sviluppare un ambizioso piano d'azione contro la deforestazione e il degrado forestale prima della fine dell'attuale mandato”. Un problema che riguarda diverse coltivazioni, tra cui per l'appunto quella di cacao. Ed è proprio da qui che Bruxelles intende cominciare.

Secondo Politico, l'Ue sta esaminando tre opzioni: elaborazione di accordi di partnership bilaterali con paesi come il Ghana e la Costa d'Avorio per eliminare la deforestazione; riduzione dei dazi all'importazione di materie prime conformi a determinati criteri di produzione sostenibile o di deforestazione; comunicazione obbligatoria di informazioni sulla deforestazione, investimenti finanziari, produzione e trattamento.

Europei divisi

Lo spettro politico europeo è diviso tra i Verdi e le ong ambientaliste, che chiedono di imporre controlli obbligatori sulle aziende, mentre una parte del settore europeo della filiera del cioccolato e gruppi politici di destra chiedono un approccio più libero e volontario. “Tutte le parti interessate della catena del valore del cacao condividono le preoccupazioni sulla deforestazione e il degrado delle foreste - ha detto a Politico Michele Nardella, direttore della divisione economia e statistica dell'Icco, l'organizzazione internazionale del cacao - Tuttavia, riteniamo che una legislazione obbligatoria che potrebbe potenzialmente impedire l'approvvigionamento di cacao da paesi specifici avrebbe conseguenze economiche e sociali dannose per i milioni di poveri produttori di piccoli proprietari che vivono già in condizioni estremamente precarie". 

Di parere opposto le ong ambientaliste, come Fern, secondo cui gli schemi di certificazione volontari sono stati già adottati e non hanno funzionato: “Nel settore del cacao, da quando l'industria ha preso degli impegni volontari per una produzione equa e sostenibile, ossia 15 anni fa, il lavoro minorile è aumentato anziché diminuire”. 

Dietro questa possibile “guerra” del cacao, è difficile non vedere quanto alta sia la posta in gioco dal lato europeo: tra il gigante della macinazione Barry Callebaut (franco-belga) e quello del cioccolato lavorato Ferrero (senza dimenticare la svizzera Nestlé), l'Europa si è accaparrata una buona fetta del mercato internazionale. Quella in cui Ghana e Costa d'Avorio vorrebbero entrare con il cioccolato di loro produzione

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