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Venerdì, 29 Marzo 2024
Ambiente&Clima

L'Ue chiede agli agricoltori di diventare "soldati del clima", la loro arma i 'crediti di carbonio'

Con pratiche agricole appropriate si possono 'sequestrare' le emissioni assorbendole nei terreni, in cambio le aziende riceveranno finanziamenti. Scienziati e piccoli produttori contestano l'efficacia di questo modello

Gli agricoltori europei sono stati assoldati come “soldati del clima”, secondo la definizione proposta da Julien Denormandie, ministro dell'Agricoltura, Paese che detiene il semestre di presidenza dell'Ue, nel corso di una riunione informale con i suoi omologhi europei a Strasburgo. Alle aziende del settore spetterebbe il compito di sequestrare emissioni di carbonio nel suolo, partecipando ad un mercato basato sui crediti, finanziato sia a livello pubblico che privato. “Anche se i comuni cittadini pensano che il luogo principale per lo stoccaggio delle emissioni siano le foreste, in realtà, dopo il mare, il luogo principale è il suolo, in particolare i terreni agricoli”, ha ribadito Denormandie, che ha presentato alcuni esempi già attivi in Francia. Ad esempio l'etichetta 'low carbon' permette agli agricoltori di impegnarsi a ridurre le emissioni delle loro aziende agricole per un periodo di 5 anni in cambio di un pagamento basato sul mercato. Secondo i dati forniti dalla Francia nel 2020 a livello globale il mercato della compensazione volontaria del carbonio ha riguardato circa 190 milioni di tonnellate di Co2. Il doppio rispetto all’anno precedente. Per il 2030 è prevista un’espansione di 15 volte maggiore.

Come funziona il sistema dei crediti di carbonio

L'obiettivo finale è quello della neutralità carbonio, che il Green Deal (il piano verde dell'Ue) prevede di raggiungere nel 2050. La neutralità è intesa come la capacità di sequestrare tanto carbonio quanto ne viene emesso, tenendo conto di tutti i gas a effetto serra responsabili del cambiamento climatico. Per raggiungere lo scopo l'Ue punta da un lato sulla riduzione in sé delle emissioni di gas serra, dall'altro sull'aumento dei pozzi che permettono il sequestro di carbonio, per compensare le emissioni che non possono essere evitate. In questo quadro, nel luglio 2021 la Commissione europea ha pubblicato una proposta legislativa, che aumenta il livello di ambizione dell'Ue, fissando la riduzione di emissioni nette (rispetto a quelle del 1990) ad almeno il 55% entro il 2030. La proposta confida nella capacità del suolo e della biomassa di immagazzinare carbonio, con un ruolo chiave giocato da agricoltura e silvicoltura.

A dicembre scorso la Commissione ha proposto lo sviluppo di un nuovo modello economico verde, basato su un'agricoltura a bassa emissione di carbonio, azoto e metano. Per farlo è prevista la creazione di un quadro di certificazione incentrato sul sequestro del carbonio. Fondamentale è l'aumento dello stoccaggio nel suolo, attraverso pratiche agricole appropriate, come la gestione del bestiame e delle loro emissioni, la fertilizzazione azotata dei terreni, la creazione di siepi, la conservazione di praterie permanenti e di zone umide. Questa transizione sarebbe accompagnata, oltre che dal finanziamento pubblico, dallo sviluppo di fondi privati, tramite un sistema di compensazione volontaria, che permette agli acquirenti di crediti di carbonio di finanziare la transizione dei settori agricolo e forestale. Denormandie ha sottolineato a più riprese che questo sistema costituisce una risorsa economica ulteriore per gli agricoltori. Lo stimolo finanziario velocizzerebbe il risultato ecologico.

Potenzialità e critiche dei piccoli produttori

In Italia, l'iniziativa è stata salutata positivamente da Confagricoltura: “Le prospettive per il nostro settore sono di assoluto rilievo, considerato che attualmente l’agricoltura rappresenta meno dello 0,1% dei crediti di carbonio scambiati globalmente”, ha commentato Massimiliano Giansanti, presidente della confederazione che riunisce le principali imprese del settore. “Occorre però puntare sulle imprese professionali che sono in grado di investire sulle innovazioni tecnologiche”, ha proseguito, “e di intercettare, allo stesso tempo la domanda dei consumatori di prodotti agroalimentari e le esigenze della società in termini di crescente sostenibilità ambientale”. La proposta è stata accolta con meno entusiasmo dalle sigle dei piccoli agricoltori, come Via Campesina, il cui ramo europeo (Ecvc) reputa insufficienti gli sforzi dell'Ue per raggiungere gli obiettivi del Green Deal.

L'associazione contesta la logica dietro l'iniziativa dell'agricoltura del carbonio, spingendo invece per una transizione basata su aziende di piccola e media scala. A destare particolare preoccupazione è il meccanismo di certificazione proposto, che la comunità scientifica ha già definito di incerta efficacia e con rischi potenziali. Questo modello, sostiene Via Campesina, viene determinato da attori privati, che intendono continuare a inquinare, sfruttando gli agricoltori per compensare le loro emissioni. I sussidi per le pratiche basate sul carbonio non rappresenterebbero un reddito stabile, ma renderebbero ancora più difficile il recupero di risorse che coprano i costi di produzione, con una concentrazione ancora più accentuata del potere nelle mani di pochi giganti dell'agroindustria, i soli in grado di gestire un sistema del genere.

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