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Giovedì, 25 Aprile 2024
Le critiche

Squali, razze e tartarughe: tutte le vittime della pesca a strascico

Le ong ambientaliste reputano poco coraggiose le misure adottate da Bruxelles nel pacchetto sulla pesca sostenibile. Le associazioni di pescherecci invece insorgono

Un "pacchetto pesca" divisivo quello proposto dalla Commissione europea. Da un lato le Ong che lo considerano insufficiente in termini di tutela ambientale, dall'altro i rappresentanti del settore che lo valutano devastante a livello economico. Le prime sostengono che le azioni dell'Unione europea in questi anni siano state poco incisive, dato che in questi anni sono proseguiti il sovrasfruttamento degli stock ittici, le pratiche distruttive e la non selettività della pesca. Le imprese ittiche lamentano invece costi sempre più elevati e una concorrenza iniqua da parte dei pescherecci dei Paesi extra-Ue, per cui l'irrigidimento delle norme costituirebbe un ostacolo ulteriore alla sopravvivenza del settore.

Il pacchetto include vari strumenti, tra cui il Piano d’azione per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente (Marine action plan), che prevede tra le misure una progressiva rinuncia alla pesca a strascico (nota anche come pesca a fondo mobile) entro il 2030 nelle aree marine protette. Le misure sono senza dubbio ambiziose, ma le ong ambientaliste le reputano il "minimo indispensabile" per raggiungere gli obiettivi europei sull’ambiente.

Il limite principale, secondo gli attivisti, sarebbe quello di lasciare troppo margine di manovra agli Stati Membri, cui spetta il compito di adottare misure più ambiziose di quelle richieste. " La risposta della Commissione alla riluttanza degli Stati membri ad attuare il diritto dell’Unione europea e a rispettare gli impegni politici assunti sembra essere semplicemente quella di concedere loro più tempo per tergiversare”, ha commentato Vera Coelho dell'ong Oceana, che in un recente rapporto ha evidenziato come la pesca a strascico sia anche quella legata al maggior consumo di carburante.

Anche il Wwf si è espresso in merito al pacchetto. Pur riconoscendo alle misure individuate da Bruxelles di andare "nella giusta direzione", l'organizzazione ambientalista chiede agli Stati membri di adottare misure immediate, in particolare per arrestare la perdita di squali e razze, le cui popolazioni hanno subito una riduzione del 71% negli ultimi 50 anni. Altro punti critico riguarda la protezione delle tartarughe marine. Nello specifico, dato che la pesca a strascico dei gamberi provoca un numero particolarmente alto di catture di tartarughe, si chiede un divieto di importazione di prodotti ittici derivanti da questa tipologia di pesca.

Rispetto alla richiesta dell'esecutivo europeo di limitare entro il 2030 la pesca a strascico, che utilizza attrezzi trainati che entrano in contatto con il fondale marino nelle aree protette, le Ong chiedono agli Stati membri di eliminare più rapidamente tali attività "assicurandosi che non siano sostituiti da alternative ugualmente o più distruttive". Secondo Oceana, pur trattandosi di aree definite "protette", le pratiche di pesca a strascico proseguono e Bruxelles lascia di fatto ai Paesi membri la possibilità di "trascinare" il divieto totale fino al 2030 senza esigere un'attuazione repentina.

Il nodo principale, in ogni caso, più che le norme riguarda la loro attuazione. In base a recenti verifiche della Commissione risulta che circa il 30% degli stock ittici nell’Atlantico e bel il 75% di quelli nel Mediterraneo sono ancora soggetti a pesca eccessiva. Le organizzazioni chiedono perciò di attivare le idonee procedure di infrazione nei confronti degli Stati membri e soprattutto di intensificare i controlli a livello nazionale accompagnati dalle relative sanzioni.

I più irritati dalle misure sono certamente gli operatori specializzati nella pesca a fondo mobile. L'Alleanza europea per la pesca a strascico ha affermato che "la Commissione ha deciso di rendere ecologica la protezione degli oceani attraverso i divieti di pesca". In un comunicato il gruppo industriale evidenzia che il piano non offre alternative e "devasterà" le comunità di pescatori. L'organizzazione evidenzia inoltre che i 7.000 pescherecci specializzati in questa tipologia di cattura rappresentano il 25% della produzione ittica dell'Ue. D'altro canto, un dato preoccupante a livello economico riguarda i lavoratori. Come evidenzia il Wwf la metà dei pescatori europei guadagna meno del salario minimo nazionale. Il settore è quindi redditizio soprattutto per poche grandi imprese ittiche, mentre i profitti risultano scarsamente redistribuiti.

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