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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Basta con le stragi di cani: la Corea del sud vuole vietare il consumo della loro carne

Il presidente Moon Jae-in, grande amante di questi animali, intende porre fine a una tradizione che già nella società se entrando sempre più in disuso

La carne di cane è un piatto tradizionale della Corea del sud, ma il suo consumo sta diventando sempre più problematico, tanto per l’imbarazzo internazionale quanto per l’opposizione interna dei gruppi animalisti ma anche dei comuni cittadini. Ne è ben consapevole il presidente Moon Jae-in, che sostiene sia giunto il momento di vietarne il consumo nella nazione. Lo stesso presidente è conosciuto come un amante dei cani, tanto da ospitarne diversi nella Blue House, la residenza presidenziale, e si fa forte del fatto che il consumo della loro carne sia in declino già da tempo.

La tradizione

Sono secoli che in Corea del sud si mangia carne di cane, come accade del resto in diverse altre zone del sud-est asiatico, ad esempio Indonesia, Thailandia e Vietnam, nonché in alcune aree della Cina (dove si stima vengano uccisi circa un terzo dei 30 milioni di cani uccisi annualmente nel mondo). Storicamente, i consumi più importanti si sono registrati durante l’occupazione giapponese (1910-1945) e la guerra di Corea degli anni Cinquanta, ma anche in tempi di pace il consumo è rimasto piuttosto stabile, anche perché l’allevamento dei cani è più facile e diffuso nel paese rispetto a quello di altri animali, come i bovini. Ancora oggi, le stime parlano di circa un milione di cani macellati ogni anno per il consumo alimentare e di oltre tremila ristoranti che servono piatti e bevande a base di carne canina. Il consumo alimentare di questi prodotti si impenna solitamente nei mesi estivi, poiché è diffusa la credenza che essi abbiano proprietà salutari sull’organismo umano nei periodi più caldi.

L’opposizione interna

Eppure, negli ultimi anni il consumo di carne di cane nel Paese è calato sensibilmente. Da un lato, le associazioni e i gruppi animalisti hanno portato con successo l’attenzione del pubblico sull’argomento. Dall’altro, sono gli stessi cittadini sudcoreani ad aver assimilato il cane come un animale domestico, e non più da macello. Secondo un recente sondaggio, oltre l’80 per cento dei sudcoreani non ha mai mangiato o non intende mangiare carne di cane, mentre quasi il 60 per cento vede con favore un divieto al consumo, dato quest’ultimo in forte aumento (+24 percento) rispetto al 2017. Come riporta il Times questo è in linea con quanto sostiene Jeon Jin-kyung, a capo di una nota associazione di attivisti per i diritti degli animali della nazione: “Un numero crescente di sudcoreani considera il consumo di carne di cane un abuso sugli animali piuttosto che una tradizione”. Il ministero dell’agricoltura ha stimato che, tra il 2015 e il 2020, il numero di cani e gatti posseduti dai sudcoreani è cresciuto da poco meno di 2,6 milioni a quasi 6,4 milioni (i sudcoreani, per farsi un’idea, sono in tutto circa 52 milioni).

Verso il divieto?

Il presidente sudcoreano ha espresso la volontà di bandire il consumo di carne di cane in un colloquio con il suo primo ministro, Kim Boo-kuym, avvenuto nei giorni scorsi. Non si tratta tuttavia di un tema nuovo per Moon: nella campagna elettorale che precedette la sua elezione nel 2017, ad esempio, sosteneva già la necessità di ridurre, o quantomeno regolamentare, le “fattorie di cani” presenti nel paese e il relativo commercio di carne, soprattutto quello illegale. Ufficialmente, la carne di cane è riconosciuta come cibo: tuttavia, dal momento che gli allevamenti di questi animali non sono equiparati a quelli di bestiame, le norme che regolamentano questi ultimi non vengono applicate con la stessa attenzione anche ai primi. Una legge sulla protezione degli animali, in vigore dagli anni Novanta, proibisce l’uccisione “crudele” di animali che non siano classificati come “bestiame” (dunque anche i cani), ma l’implementazione della norma è stata finora lacunosa. Le autorità locali hanno chiuso negli anni recenti un buon numero di allevamenti, macelli e mercati di cani, soprattutto abusivi.

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