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Sabato, 20 Aprile 2024
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I 'cetrioli di mare', perché è vietato pescare questi prelibati 'spazzini' dei fondali

Amata per il suo sapore, questa specie a rischio serve a ripulire le acque da virus e batteri e per questo è diventata protetta

Li chiamano volgarmente “cetrioli di mare”, ma il nome originale è oloturie. La brutta notizia per chi ama mangiarli e che sarà vietato pescarli anche durante tutto il 2022, prolungando ancora una volta un divieto iniziato nel 2018 e pensato per tutelare l'ecosistema marino. Questa specie, essenziale per la salvaguardia della biodiversità, è molto ricercata sul mercato, anche se in realtà la sua assunzione come alimento può essere nociva per l'organismo umano. Le oloturie sono considerate veri e propri "spazzini del mare", dato che il loro ruolo è quello di pulire i fondali, nutrendosi delle particelle organiche del fango.

Il soprannome di cetrioli del mare deriva invece dalla loro forma allungata, simile a quella dell'omonimo ortaggio. Presenti per lo più in acque temperate o tropicali, ne sono state calcolate 377 specie (di cui 16 considerate a rischio estinzione). Essendo considerate una prelibatezza, le oloturie sono ricercate soprattutto sui mercati extra-europei. Il loro valore oscilla sui cento euro al chilo, ma le qualità più pregiate possono essere vendute sui tremila euro. Essendo così pregiate, la loro asportazione dai fondali sta avvenendo in modo massivo, mettendo a rischio gli ecosistema marini in cui sono presenti. Italia inclusa.

Rischio intossicazione alimentare

Le oloturie effettuano un vero e proprio riciclo di sostanze nutritive, capace di alimentare alghe, coralli e altre specie della flora subacquea. Trattandosi di una specie addetta alla pulizia dei mari, gli esseri umani mangiandola corrono rischi di intossicazioni alimentari. Nella loro funzione di “spazzini del mare”, questi animali possono infatti assorbire virus, batteri e tossine. Per questa ragione la loro pesca è limitata a tratti di mare non inquinati. Di recente alcuni pescatori pugliesi sono finiti sotto processo con l’accusa di averne pescate ben 11 tonnellate, sottratte nel 2016 ai fondali italiani in zone vietate per essere vendute al mercato estero. Gli indagati risponderanno del reato di inquinamento ambientale, avendo procurato un significativo deterioramento del tratto in cui hanno pescato questi esemplari in modo abusivo.

Ricci di mare protetti in Sardegna

Sempre a proposito di specie marine da proteggere, di recente in Sardegna è stata adottata una norma che vieta la pesca dei ricci di mare fino al 2024. L'obiettivo è permettere ai fondali di ripopolarsi di queste creature, messe in pericolo dalla pesca intensiva e incontrollata. La misura mira, più in generale, a salvaguardare l’ecosistema marino sardo, messo in pericolo da esigenze di mercato sempre più pressanti. La polpa dei ricci, molto gustosa, è sempre più richiesta dai ristoratori italiani, che la utilizzano per condire i classici spaghetti, risotti o piatti più ricercati. “Questo sovra-sfruttamento, se perpetrato, potrebbe determinare nel breve periodo il collasso della risorsa e l'estinzione commerciale della specie”, ha spiegato l’assessora regionale dell’Agricoltura Gabriella Murgia, nella speranza che la misura permetta il ripopolamento della specie nelle acque sarde. Come compenso per i mancati guadagni, i pescatori subacquei professionisti, che effettuano manualmente la raccolta, saranno risarciti con degli indennizzi già approvati, per un totale di due milioni e 800mila euro.

In altre località del mediterraneo, come la Spagna, i ricci sono invece considerati quasi una piaga, data la presenza eccessiva nei fondali marini, che ha trasformato in “deserti sottomarini” alcune aree, prima lussureggianti. Questa specie può costituire infatti un pericolo per le foreste sottomarine, dato che se ne cibano. L'obiettivo dovrebbe essere quello di un giusto equilibrio, come dimostra uno studio del 2019. Nelle riserve marine, dove i pesci predatori riescono a crescere maggiormente, i ricci di mare, essendone spaventati, si spostano il minimo indispensabile a caccia di cibo. Più sono grandi i predatori, infatti, maggiore è la paura dei ricchi, che quindi mangiano meno elementi erbivori presenti in mare.

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