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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Ambiente&Clima

In 20 anni raddoppiata la deforestazione tropicale, spinta dai consumi nell'Ue

Ambientalisti chiedono sostegno per piccoli coltivatori di cacao, soia e olio di palma, affinché producano in modo sostenibile. In Europa soffrono anche le foreste di Finlandia e Germania

Siamo responsabili del 16% della deforestazione mondiale. Come? Lo siamo in quanto consumatori europei, che ogni giorno acquistano cibi come latte di soia, biscotti a base di olio di palma, carne bovina e cioccolata. E lo siamo come aziende che acquistano le materie prime di questi prodotti in Paesi come Brasile e Indonesia, per trasformarle negli alimenti che finiscono sui nostri scaffali. "La deforestazione tropicale è raddoppiata in soli due decenni e continuerà ad accelerare, e l'Ue è indirettamente complice attraverso il suo consumo”, ha dichiarato in occasione della Giornata mondiale delle foreste Anke Schulmeister-Oldenhove, responsabile delle politiche forestali per la sezione europea del Wwf, sostenendo che “i ministri devono prendere una posizione che ci porti più vicini a porre fine a questa distruzione. Abbiamo bisogno di un vero leone e non di una tigre di carta”.

Oltre ai sensi di colpa e alla responsabilità dei singoli, l'Ue ha l'opportunità di virare rotta con la nuova proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea a Novembre scorso e che dovrebbe essere votata a luglio dalla commissione ambiente del Parlamento. Le foreste, le savane selvagge e altri preziosi ecosistemi vengono distrutti a un ritmo allarmante. Questa devastazione, fuori dai confini dell'Ue, è direttamente collegata a una serie di prodotti, di cui il vecchio continente è il secondo importatore mondiale. Si tratta di carne, soia, olio di palma, come pure di cacao e gomma. Secondo i calcoli del Wwf, nel 2017, il commercio internazionale realizzato da aziende dell'Ue ha causato la perdita di 203.000 ettari di foreste e al mancato assorbimento di 116 milioni di tonnellate di Co2.

Come migliorare la legge sulla deforestazione

La Commissione Ue ha presentato la sua proposta per una nuova legge sulla deforestazione nel novembre 2021. Secondo Fern, un'organizzazione internazionale dedita alla protezione delle foreste, per essere veramente efficace, la proposta dovrebbe assicurare ai piccoli proprietari terrieri una giusta transizione verso pratiche sostenibili. In sostanza, l'aumento dei costi, necessari per evitare che altri ettari di foreste siano disboscati, non dovrebbe ricadere per intero sulle piccole aziende, ma condivisi con le multinazionali che acquistano tali prodotti, per evitare che venga spinto fuori dal mercato proprio l'anello debole delle catene di approvvigionamento alimentare. I piccoli coltivatori (e soprattutto le donne), che in gran parte dei casi gestiscono meno di due ettari di terreni, sono alcuni degli attori più emarginati nelle catene agroalimentari globali, nonostante producano un terzo del cibo a livello mondiale e rappresentino una quota determinante in settori come caffè, cacao e olio di palma. Queste piccole aziende spesso dipendono dai giganti del food, che acquistano da loro materie prime imponendo prezzi insostenibili. I coltivatori sono spesso costretti a garantire la sussistenza a breve termine delle loro famiglie espandendo i terreni agricoli in modo da degredare l'ambiente, soffrendo poi essi stessi delle conseguenze della deforestazione.

Fern ha indirizzato alcune raccomandazioni ai parlamentari e ai ministri europei interessati, tra cui quella di riconoscere ai popoli indigeni e alle comunità locali la proprietà della terra, in nome del ruolo che rivestono nella difesa delle foreste. Per farlo, il regolamento dovrebbe includere un riferimento esplicito al diritto internazionale e agli standard sui diritti di proprietà, in linea con la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni. Il regolamento dovrebbe inoltre sancire obblighi per gli operatori affinché intraprendano investimenti mirati, sviluppo di capacità sul campo, e meccanismi di prezzo che permettano un reddito per i produttori, compatibile con una produzione sostenibile. Altro requisito fondamentale è quello della geolocalizzazione delle aree di produzione, già proposto dalla Commissione. Questo ambizioso requisito di tracciabilità, secondo gli attivisti di Fern, necessita di un supporto tecnico e finanziario, dato che la raccolta e la gestione dei dati richiesti ai piccoli proprietari necessità di formazione e spese specifiche. Andrebbero anche incoraggiate relazioni a lungo termine con i fornitori. In sostanza, in caso di non conformità dei prodotti agli standard richiesti dall'Ue, le aziende acquirenti anziché “abbandonare i produttori” tramite un disimpegno dovrebbero supportarli, ove ne sussistano le condizioni, per sviluppare pratiche in linea con le richieste dell'Ue.

Il degrado delle foreste europee

Il problema non riguarda solo le foreste tropicali, ma anche quelle sui suoli europei. In tutta l'Ue, solo il 29% delle foreste sono incluse in aree protette "Natura 2000", mentre le condizioni delle foreste escluse da questa protezione desta preoccupazione. Anche quelli che consideriamo i Paesi faro nella protezione dell'ambiente, come Finlandia e Germania, stanno affrontando diverse difficoltà. Il gruppo dei Verdi nel parlamento europeo evidenzia, ad esempio, che circa 225.000 ettari di foresta boreale naturale in Finlandia sono stati alterati in modo irriconoscibile per essere utilizzati dall'industria forestale commerciale. Il modo in cui sono tenute non fornisce, ad esempio, un habitat adatto a molte specie forestali in pericolo. Solo su 17.000 ettari sono stati fatti degli sforzi per riportare queste foreste ad uno stato semi-naturale, ma solo dopo che sono state designate come “riserve”.

In Germania, la siccità eccezionale e gli attacchi di bostrico (un insetto che attacca gli abeti) hanno degradato quasi il 5% delle foreste in poco più di tre anni. I ricercatori parlano di un danno "senza precedenti", notando che Paesi vicini come la Repubblica Ceca e l'Austria stanno affrontando sfide simili. I Verdi denunciano che la lobby dell'industria del legname starebbe già combattendo la nuova legge sul ripristino della natura. Tre associazioni dell'industria forestale, di Finlandia, Svezia ed Estonia, avrebbero chiesto di includere nella nuova legge solo le foreste nelle aree già protette dall'Ue, escludendo altre zone a rischio. Gli eurodeputati ambientalisti denunciano inoltre il pericolo che l'Ue voglia tirarsi indietro rispetto alle normative pensate per la salvaguardia della natura, utilizzando il conflitto in Ucraina come motivazione per ritardare gli impegni assunti, come già avvenuto con il nuovo piano sulla sicurezza agroalimentare, che ha di fatto congelato gli obiettivi agroecologici fissati originariamente con la strategia Farm to fork.

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