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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il dibattito

Essere vegetariani (e non vegani) ha davvero senso se lo si fa per il pianeta?

Gli allevamenti di mucche da latte producono comunque emissioni di gas serra e vi nascono molti più vitelli maschi, spesso destinati all'eutanasia

Basta essere vegetariani e non vegani per aiutare il pianeta nella lotta ai cambiamenti climatici? Il quesito se lo pongono in tanti. Al di là di scelte ideologiche, sono sempre di più le persone che si interrogano sul contributo che la loro dieta può dare per salvaguardare il pianeta. È noto che gli allevamenti, in particolare quelli bovini, contribuiscono alle emissioni di gas serra in maniera notevole, ma esistono delle differenze. Lo stomaco gassoso delle mucche riscalda il pianeta tramite il metano rilasciato in rutti e peti dalle mucche presenti nel mondo. Il contributo raggiunge il 4 percento delle emissioni di gas serra, oltre il doppio del contributo del Regno Unito al cambiamento climatico.

Le mucche si dividono però in razze da carne e in quelle da latte e il loro contributo al problema è differente. Misurando le emissioni di ogni tipologia e rapportandole al sostentamento necessario per farle vivere, gli scienziati hanno scoperto che l'impatto sui gas serra della carne delle razze da latte è inferiore di due terzi rispetto alle mucche allevate solo per essere macellate. Le prime infatti sono produttrici più efficienti di calorie, dato che comunque a fine vita anche loro saranno usate per produrre carne.

In una delle recenti pubblicazioni sul sito online Our World in Data, che fornisce dati interessanti sullo sviluppo globale ed è avallato dall'Università di Oxford, è stato misurato l'impatto del cibo sull'ambiente. In un grafico in particolare è stato calcolato a quanti chili di emissioni corrisponde ogni alimento. In cima alla lista troviamo proprio gli hamburger di carne bovina, con 53,98 chili. Al secondo il formaggio, definito “maccheroni cheese”, mentre amiche del clima sono le patate, le mandorle e le banane.

Hannah Ritchie, ricercatrice e fondatrice del sito, ha specificato al The Times che nella mandria da latte l'impatto del latte è circa un decimo di quello della carne bovina. In via ipotetica sarebbe dunque più efficiente mangiare solamente le mucche che producono anche il nostro latte, ma di fatto ci sarebbero delle controindicazioni. "Se si cercasse di incrementare gli allevamenti di vacche da latte fino alle dimensioni di quelli di vacche da carne per soddisfare tutte le nostre richieste di carne, avremmo solo un'enorme eccedenza di latte" ha precisato Ritchie, che pure si era posta il problema.

Anche gli allevamenti di tipo caseario pongono però aspetti problematici. In particolare vengono prodotti più vitelli maschi di quanti il mercato della carne sia in grado di accoglierne. Questa è la ragione per cui circa 60mila vitelli maschi all'anno vengono uccisi subito dopo la nascita. L'eutanasia è più economica che allevarli per poi mangiarli. Questa mole di abbattimenti è stata oggetto di dibattito pubblico in Gran Bretagna, per cui sono stati stabiliti nuovi standard al fine di escludere l'eutanasia "di routine" dei vitelli, mentre i supermercati stanno provando a creare nuovi sbocchi.

Una svolta più radicale potrebbe arivare dalla tecnologia con l'uso di “sperma sessato”, che è in grado di stabilire se un vitello sarà maschio o femmina. Tra gli altri vantaggi connessi a questo sperma alterato ci sono: latte e carne di alta qualità e un temperamento desiderabile. L'italiana Agnese Balzani, ricercatrice dell'University College di Dublino, ha effettuato uno studio pilota in Irlanda. La ricerca ha incluso le valutazioni di allevatori, veterinari e consulenti aziendali.

Tutti i veterinari, l'80% degli allevatori e il 62% dei consulenti ritengono che l'uso di sperma sessato abbia un'influenza positiva sul benessere della mandria. D'altra parte però sono stati rilevati: un minore tasso di concepimento, minore disponibilità e costi più elevati. Ciò nonostante, già nel 2020 circa la metà dello sperma per la riproduzione dei bovini è stato sessato. Una percentuale in rapida crescita se si pensa che nel 2012 si trattava appena del 12%.

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