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Venerdì, 29 Marzo 2024
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La plastica 'pescata' torna in vita, così il 'fishing for litter' ripulisce i nostri mari

Una startup italiana dà nuova vita ai rifiuti che rimangono intrappolati nelle reti creando costumi da bagno sostenibili

Ogni anno 11 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare. E se questi rifiuti si trasformassero in materia prima per realizzare nuovi prodotti? È quello che fa Ogyre, la prima azienda in Italia a fare del “fishing for litter” il suo core business: ripulire i mari dalla plastica grazie all'aiuto dei pescatori che 'pescano' i rifiuti dal mare e li portano a riva dove, con il contributo di alcune Ong, vengono stoccati per essere riciclati e trasformati in nuovo materiale. Si tratta di un Un modello circolare, che chiude poi il cerchio con la realizzazione di costumi da bagno 'plastic-positive', prodotti con un filato ricavato proprio dalla plastica, il cui ricavato sostiene il finanziamento dei pescherecci.

Questa startup deve il suo nome alle ocean gyres, le correnti oceaniche fondamentali per l'ecosistema, oggi tristemente note perché intrappolano la plastica in enormi isole di rifiuti. ''La plastica negli oceani è uno dei più grandi problemi ambientali dei nostri tempi, basti pensare che ogni anno finiscono in mare 11 milioni di tonnellate di plastica, che mettono a rischio la vita di 1,4 milioni di specie che vivono sott'acqua. Una quantità di rifiuti che impatta, oltre che sull'ambiente, anche economicamente sul settore pesca per oltre 61 milioni di euro all'anno. Chi, meglio dei pescatori, può aiutarci a risolvere il problema?", dice Antonio Augeri, Ceo e co-fondatore di Ogyre.

Il 'fishing for litter', spiega, "non è altro che la raccolta dei rifiuti durante le normale attività di pesca: coinvolgiamo i pescherecci per farci aiutare a riportare a terra la plastica raccolta dalle reti, per una media di 60 chili al mese per ciascuna barca”. In cambio “li remuneriamo e li solleviamo da qualsiasi onere (di responsabilità ed economico) che deriva dallo smaltimento”, continua Augeri, secondo cui “il problema è che in Italia la 'pesca' dei rifiuti è ostacolata dalle normative vigenti, che assimilano i rifiuti marini ai rifiuti speciali; di conseguenza i costi e la responsabilità penale sono a carico dei pescatori, tanto che spesso questi ultimi sono costretti a ributtarli in mare invece di riportarli a terra”.

I rifiuti raccolti vengono stoccati direttamente a bordo in appositi sacchi, e una volta a terra, vengono smistati, catalogati e smaltiti correttamente attraverso istituti di ricerca o Ong partner che operano sul territorio: così si può studiare lo stato di salute del mare e mappare rifiuti e tipologia di impatto sugli ecosistemi marini. Il fishing for litter ha molteplici vantaggi: è una pratica semplice che non richiede implementazioni tecnologiche, ma sfrutta le reti dei pescatori che giornalmente vivono il mare. È vantaggiosa oltre che per l'ecosistema marino, per la salute dell'uomo e porta benefici sia per la pesca che per il turismo e le comunità locali.

Il progetto, partito ad aprile 2021, vede già coinvolti i porti di Cesenatico, Goro e Porto Garibaldi (Ferrara) con sette pescherecci partner attivi che solo nell'ultimo mese di attività hanno raccolto oltre 300 chili di rifiuti, e una roadmap di sviluppo che porterà la startup ad inaugurare altri 3 porti entro la fine del 2021, con l'obiettivo di coinvolgere almeno 60 pescherecci.

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