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Giovedì, 28 Marzo 2024
Ambiente&Clima

La guerra dei ricci in Sardegna: "Stop alla pesca per 3 anni"

Nell'Isola, è battaglia tra le organizzazioni ambientaliste e il governo regionale, che ha autorizzato la raccolta di 2mila esemplari al giorno per ogni pescatore fino al 15 aprile 2020

Dal primo novembre in Sardegna riparte la stagione della pesca dei ricci. Ma gli ambientalisti non ci stanno e hanno lanciato una petizione online per chiedere ai ministri delle Politiche agricole e dell'Ambiente e all'assessore regionale dell'Agricoltura una moratoria di tre anni, monitoraggi marini e provvedimenti di sostegno ai pescatori temporaneamente impossibilitati alla pesca.

"Il riccio di mare (Paracentrotus lividus) è in via di rapida rarefazione, in particolare nei mari sardi a causa del pesante prelievo a fini gastronomici, tant'è che sempre più ristoratori, giustamente, li escludono dai propri menù - sostiene Stefano Deliperi del Grig, Gruppo di intervento giuridico - Imperversa, poi, il prelievo abusivo e non si contano i sequestri da parte delle Forze dell'ordine. Sono ancora allo stadio sperimentale gli allevamenti, ma la situazione è davvero grave e necessita forti misure di salvaguardia".

Sul banco degli imputati, per gli ambientalisti, c'è la Regione: "Infatti, l'attuale assessora regionale dell'Agricoltura Gabriella Murgia, con il proprio decreto del 24 ottobre, autorizza la raccolta di 2 mila ricci al giorno per ogni pescatore professionista dall'1 novembre fino al 15 aprile 2020, incurante delle richieste di moratoria provenienti da più parti, fra cui le amministrazioni comunali di Sant'Antioco, Calasetta, Portoscuso. Eppure riconosce che le popolazioni del riccio presenti nei mari della Sardegna sono in forte sofferenza".

Secondo i calcoli del Grig, "ai soli 182 pescatori professionali subacquei (dati 2018) sarebbe consentito raccogliere ben 364.000 ricci al giorno, cioè 2.184.000 alla settimana, più di 8.730.000 al mese, quasi 50 milioni nell'intera stagione di pesca. A questi numeri sarebbe necessario sommare quelli derivanti dalla pesca professionale marittima, dalla pesca sportiva/ricreativa e quelli, completamente incontrollabili, derivanti dalla pesca abusiva", concludono gli ambientalisti.
 

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