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Giovedì, 25 Aprile 2024
La rivelazione

Peggiora la fame nel mondo, almeno 60 Paesi in difficoltà con le importazioni

L'allarme di un gruppo di lavoro dell'Onu che si occupa di sicurezza alimentare. I cereali sbloccati dall'Ucraina non è detto arrivino agli Stati più in difficoltà

Fame nel mondo in aumento. Nonostante un apposito gruppo delle Nazioni Unite stia lavorando da diversi mesi per affrontare le moltiplici problematiche connesse alla sicurezza alimentare, alcuni documenti dimostrerebbero che non ci sono miglioramenti all'orizzonte. Anzi. Il mancato accesso al cibo per vaste fasce di popolazione riguarderebbe ormai almeno 60 Paesi. È quanto riporta il giornale Politico, che ha avuto accesso tramite fonti anonime a diversi documenti interni a questa specifica task force. Il lavoro del Gruppo di Risposta alle Crisi Globali (Gcrc) è iniziato dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia.

Da quel momento, a causa del lungo blocco delle esportazioni di cereali e oli vegetali dall'Ucraina e con il costo esorbitante dei fertilizzanti russi, sempre più Stati non sono in grado di sostenere i costi delle importazioni agricole. Secondo il documento visionato da Politico, la task force sta concentrando la sua attenzione su queste aree, di cui fanno parte anche Paesi considerati finora a “basso rischio” rispetto a fame e carestie, come Colombia, Perù, Malawi e Pakistan.

Il gruppo di lavoro, si legge in un documento interno, "continua a concentrarsi... sugli alti costi delle importazioni che incidono sulla bilancia dei pagamenti di oltre 60 Paesi", nonché sulle sfide alla sicurezza alimentare derivanti dalla svalutazione dei tassi di cambio e dai bilanci nazionali che faticano a permettersi "importazioni essenziali". La task force, fondata a marzo, è composta da 32 membri, cui si aggiungo no 30-40 consulenti esterni. È guidata congiuntamente da Inger Andersen, capo del Programma per l'Ambiente delle Nazioni Unite, e da David Nabarro, inviato speciale per la Covid-19 presso l'Organizzazione Mondiale della Sanità.

In una e-mail redatta da Nabarro si legge: "In Sierra Leone, il consumo di alimenti nutrienti da parte dei più poveri sta diminuendo a causa dell'aumento dei prezzi. Rischi simili vengono segnalati da Colombia, Congo, Ciad, Ecuador, Iraq, Kenya, Malawi e Mauritania". Le organizzazioni dei consumatori riferiscono inoltre che i prezzi stanno aumentando sempre più rapidamente in Pakistan, Myanmar, Perù, Malawi, Burundi e Nigeria, con un numero crescente di persone che pagano "oltre il dovuto" per i beni di prima necessità. Sarebbero circa 12 i governi prossimi all'insolvenza nel rimborso del debito, mentre tentano di ottenere una riduzione del debito.

Le riunioni di questo gruppo informale sarebbero già state 13 quest'anno, ma sul sito web delle Nazioni Unite non c'è traccia della sua esistenza. Tramite un portavoce, le Nazioni Unite hanno dichiarato di non essere in grado di commentare immediatamente. Le stesse Nazioni Unite sono intervenute per mediare nel recente accordo che vede coinvolte Ucraina, Turchia e Russia al fine di riaprire i porti del Mar Nero intorno a Odessa per ripristinare le le esportazioni di prodotti alimentari. Un nodo centrale resta però chi effettivamente riuscirà ad accaparrarsi queste scorte. Con quantità ancora esigue e tempistiche incerte, non è detto infatti riescano ad arrivare ai Paesi che più necessitano di questi rifornimenti.

A tal proposito, Josef Schmidhuber, dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura (Fao), nel corso di queste riunioni avrebbe chiesto se l'accordo sul Mar Nero includesse disposizioni per garantire ai Paesi più poveri di acquistare il grano appena liberato dall'Ucraina. Nessuna risposta è giunta a destinazione.

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