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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Perché l'invasione russa dell'Ucraina spaventa i big del food italiano

Barilla e Cremonini hanno partecipato a un vertice con Putin. Pasta, cereali e fertilizzanti al centro dei rapporti tra Italia e Mosca nell'agroalimentare

Il mercato dei cereali potrebbe essere travolto dalle tensioni tra Mosca e Kiev? Una eventuale invasione russa dell'Ucraina  rischia di scatenare un effetto domino sull'agroalimentare italiano ed europeo. Non è un caso che Barilla e il gruppo Cremonini, leader nel settore delle carni e dei salumi, abbiano partecipato alla videoconferenza tra Putin e alcune delle maggiori aziende nostrane. L'incontro era fissato da tempo dalla Camera di commercio italo-russa, ma la tempistica ha voluto che cadesse a ridosso di una crisi diplomatica, creando anche un certo imbarazzo all'Italia vista la delicatezza del momento.

Ma cosa ci fa Putin seduto a tavola (virtuale) con i nostri giganti del food made in Italy? La Russia è il quinto produttore al mondo di pasta e figura tra i principali consumatori di questo alimento. Nel 2020, il Russian Direct Investment Fund (Rdif), il fondo sovrano russo, annunciava che avrebbe investito oltre 100 milioni di euro con il gruppo italiano Barilla, per espandere il business dell'azienda nel Paese delle matrioske. Sul suo stesso sito, il fondo chiariva che “la strategia di Barilla è focalizzata sull'espansione del business e sull'aumento della quota di mercato in Russia e la costruzione di nuovi impianti”. Gli obiettivi di crescita dell'impresa italiana sono insomma legati a doppio filo con la Federazione governata da Putin.

Russia tra i principali esportatori di cereali

Oltre ai consumi interni, va considerato anche che la Federazione Russa e l’Ucraina sono tra i principali esportatori di cereali a livello mondiale. Solo nel 2021, Mosca ha venduto all'estero oltre 47 milioni di tonnellate di cereali, anche se il record era stato registrato nel 2017-2018 con transazioni per oltre 50 milioni di euro. Il grano la fa da padrone (78,5% del totale), ma la Russia esporta anche orzo, segale, mais e riso. Di recente, per contrastare l’aumento dell’inflazione interna, le autorità di Mosca hanno deciso di contingentare l’export di grano fino al prossimo mese di giugno. “Le crescenti e preoccupanti tensioni tra Federazione Russa e Ucraina possono destabilizzare il mercato internazionale dei cereali” dichiara Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, “ma l’Unione europea sarebbe al riparo grazie all’abbondanza della produzione interna”. La produzione di cereali nell'Ue, secondo le stime della Commissione, dovrebbe attestarsi sui 290 milioni di tonnellate nella campagna di commercializzazione 2021-2022. Un quantitativo reputato sufficiente a coprire il fabbisogno interno e ad alimentare un importante flusso di vendite fuori dall’Unione. “Ancora una volta, l’indipendenza alimentare si conferma come un punto di forza dell’Ue”, commenta a questo proposito Giansanti.

Sanzioni "puniscono" anche le aziende italiane

Ciò nonostante, un possibile conflitto alle porte dell'Unione europea desta preoccupazioni anche su un altro versante: quello delle esportazioni verso la Russia da parte delle nostre aziende. L'Ue potrebbe indirizzare nuove sanzioni alla Federazione russa, dopo quelle stabilite nel 2014, a seguito dell'annessione illegale della Crimea. Mosca già all'epoca aveva risposto chiudendo il mercato russo alle importazioni europee di prodotti ortofrutticoli, formaggi e salumi, con pesanti danni per le produzioni italiane. Quali saranno le conseguenze se Bruxelles e Mosca decidono di incrementare le reciproche “punizioni” sul piano economico? Secondo Confagricoltura, nonostante l’embargo, le esportazioni agroalimentari verso la Russia hanno sfiorato i 7 miliardi di euro nel 2020.

La Coldiretti, dal canto suo, ha evidenziato che le perdite si attestano comunque intorno ad 1,5 miliardi, colpendo celebri prodotti presenti nella lista nera, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele, ma anche frutta e verdura.Al danno diretto delle mancate esportazioni in Russia si aggiunge, sempre secondo la Coldiretti, la beffa della diffusione sul mercato russo di prodotti di imitazione che non hanno nulla a che fare con il Made in Italy, realizzati direttamente in Russia (come parmesan, mozzarella, robiola), o in altri Paesi non colpiti dall’embargo, come nel caso della scamorza, del mascarpone e della ricotta prodotte in Bielorussia, o il "parmesan" e il "reggianito" di origine brasiliana o argentina.

Altro punto nevralgico nell'agroalimentare riguarda i dazi Ue sui nitrati, che hanno fatto esplodere i prezzi dei concimi. “Per contrastare l’impatto della ripresa dell’inflazione, stiamo sollecitando l’eliminazione dei dazi Ue sulle importazioni di nitrati dalla Federazione Russa che concorrono all’aumento record del prezzo dei fertilizzanti: oltre il 160% in più a novembre dello scorso anno sullo stesso mese del 2020”, ha concluso il presidente di Confagricoltura.

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