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Martedì, 19 Marzo 2024
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“La gente muore di fame in Africa perché mangiamo sempre più prodotti biologici"

Lo afferma Erik Fyrwald, Ceo della multinazionale dei pesticidi Syngenta. Un attacco pesante contro un settore in cui l'Italia vanta il maggior numero di produttori in Europa

Mentre l'Ue chiede agli agricoltori di crescere la quota di biologico in Europa, arrivano i primi attacchi da parte delle multinazionali dell'agrochimica. A sferrare il colpo è la cinese Syngenta, il cui amministratore delegato Erik Fyrwald ha affermato che di fronte alla minaccia di una crisi alimentare globale, provocata dalla guerra in Ucraina, è necessario rinunciare all'agricoltura biologica per ottenere rese produttive maggiori. In un'intervista rilasciata al giornale NZZ am Sonntag ha dichiarato che i rendimenti dell'agricoltura biologica possono essere fino al 50% più bassi dell'agricoltura non biologica, a seconda del prodotto. "La conseguenza indiretta è che la gente muore di fame in Africa perché mangiamo sempre più prodotti biologici", ha detto alla NZZ. L'agricoltura biologica richiede più terra ed è un male per il clima, perché i campi vengono solitamente arati, il che aumenta le emissioni di CO2, ha aggiunto Fyrwald. Ha sottolineato inoltre che la sua opposizione al bio non è in alcun modo legata agli obiettivi commerciali di Syngenta. Il gruppo, di proprietà cinese con sede in Svizzera, è uno dei principali produttori al mondo di pesticidi e semi geneticamente modificati.

Secondo la Coldiretti, la sciabolata sferrata dal colosso agrochimico colpisce in modo particolare l'Italia, leader del settore europeo del biologico per numero di imprese agricole. Il nostro Paese vanta infatti ben 70 mila produttori bio, con oltre 2 milioni di ettari coltivati senza pesticidi chimici. Una grossa fetta di questa produzione è destinata all'export, in particolare in Germania dove esiste il principale mercato dell'Ue per il bio. L'Unione europea nella strategia Farm to Fork e nella nuova Politica agricola europea ha chiesto agli Stati membri di incrementare la produzione biologica fino al 25%. Un obiettivo che si scontra con gli interessi dei giganti dell'agrochimico, come Bayern-Monsanto, Basf e la stessa Syngenta. ''Occorre lasciare agli imprenditori la libertà di decidere cosa produrre sulla base dei propri interessi e della domanda dei consumatori'' evidenzia in una nota la Coldiretti, sottolineando che ''viviamo in una economia di mercato dove a decidere cosa produrre non può essere di certo la Syngenta''. La presa di posizione della multinazionale arriva a poco più di due mesi dall'approvazione in Italia della legge sul biologico. Oggi nel carrello della spesa di circa il 64% degli italiani finiscono prodotti a marchio bio, con le vendite totali che nel 2021 hanno sfiorato il record di 7,5 miliardi di euro di valore, tra consumi interni ed export.

Nel frattempo, le principali federazioni del biologico si sono mosse per redigere un biodecalogo, che mira ad accelerare la transizione agroecologica, in modo tale da fornire al Paese una ’riserva strategica’ agricola in grado di far fronte agli scossoni che hanno colpito le nostre società in questi ultimi anni: crisi climatica, pandemia e conflitti, inclusa la recente guerra in Ucraina. “Ogni anno chiudono in Italia 30.000 aziende agricole a conferma che in molti casi l’agricoltura convenzionale non è in grado di garantire un reddito adeguato agli agricoltori” si legge in una notta diramata da Federbio, che prosegue: “con il biologico, che cura la fertilità della terra, valorizza la qualità dei prodotti e del territorio rilanciando circuiti locali di produzione e consumo, una parte di questi agricoltori potrebbero rimanere in campo, assicurando al nostro Paese una riserva strategica di cibo.”

L'amministratore delegato di Syngenta non è nuovo a dichiarazioni perentorie, ricche di contraddizioni rispetto al suo ruolo. Solo poche settimane fa, in un post su LinkedIn, aveva manifestato la necessità di sostenere i contadini russi, rifornendoli di semi, fertilizzanti e apparecchiature digitali. Fyrwald, senza condannare in alcun modo l'invasione ordinata da Vladimir Putin, aveva giustificato la continuità dei rapporti commerciali con la Russia come indispensabile per evitare la fame in Paesi africani, asiatici e mediorientali, che dipendono dalle importazioni di beni alimentari da Mosca. L'amministratore delegato non è l'unico a esporsi in questo senso. Lo spettro di una carestia a livello globale, scatenata dalla guerra in Ucraina, viene sempre più spesso evocato da federazioni di grandi aziende e multinazionali del cibo per giustificare una rinuncia agli obiettivi di sostenibilità fissati dall'Ue, di cui il biologico rappresenta solo un aspetto. A tal proposito, Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea, aveva già messo in guardia nelle scorse settimane da questo tipo di attacchi: “Coloro che non hanno gradito la strategia Farm to Fork dell'Ue usano la guerra in Ucraina come pretesto per cercare di fermarla". Timmermans, che è anche direttore del Green Deal europeo, aveva qualificato queste persone come “irresponsabili e disoneste”.

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