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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Storie di comunità

La rivolta contro gli eucalipti: "Specie invasiva, favorisce gli incendi"

In Spagna un gruppo di volontari ha sradicato circa 2mila ettari: la pianta facilita l'espansione del fuoco e tende a sostituire altri alberi indigeni

Brigate di "sradicatori" di eucalipto si muovono in Galizia, nel nord-ovest della Spagna, per evitare che la pianta continui la sua marcia invasiva. Nell'area sono centinaia di migliaia gli ettari destinati a questa coltivazione, non indigena, che sta provocando non pochi problemi sul territorio. Sulle montagne in cui cresce si sono visti diffondere enormi incendi. L'eucalipto è infatti una "pirofita", cioè una pianta che tollera meglio il fuoco, dato che gli resiste e può competere con le piante meno resistenti, che vengono danneggiate. Inoltre rinascere più facilmente sui terreni bruciati, sostituendosi agli alberi locali. Le politiche del governo, che ha vietato ulteriori piantagioni, sono state reputate insufficienti. Da qui l'iniziativa dei volontari di eliminare gli eucalipti dai terreni in cui si sono intrufolati a causa della loro caratteristica capacità invasiva. La storia è stata raccontata dal quotidiano iberico El Diario.

Lavoro volontario

In prima fila per questa operazione ci sono le associazioni, come l'ambientalista Verdegaia. I gruppi di volontari, ribattezzati "brigate deseucaliptizadoras", sono impegnati nello sradicare le piante da tutti gli appezzamenti che sono in grado di raggiungere. Le cellule, tra le 30 e le 50 persone, si riuniscono il sabato o la domenica per rimuovere i germogli di eucalipto dai terreni con il consenso dei proprietari, ove sono presenti. Tra gli appezzamenti da salvaguardare, oltre a quelli delle aziende agricole, ci sono anche foreste private e comunali. Nessuna retribuzione è prevista per il lavoro dei volontari, che in cambio ricevono da chi li ospita cibo e bevande per l'aiuto che offrono nella protezione dei terreni di latifoglie.

Foreste minacciate

L'operazione ha preso avvio a seguito degli incendi divampati alla fine dell'autunno del 2017. In appena due giorni, è andato bruciato l'80% degli ettari calcinati della zona. Il fuoco, hanno attestato gli esperti, si era propagato più facilmente dove erano piantati alberi di eucalipto. Questa piantagione ha preso piede grazie alle remunerazioni interessanti che derivano dalle aziende intente nella loro lavorazione. A seguito degli incendi, queste piante tendono anche a rimpiazzare rapidamente le altre specie, grazie alla loro capacità di rinascere più rapidamente sui terreni bruciati. Per questa ragione, l'associazione Verdegaia ha iniziato nelle parimavera del 2018 ad organizzare la rimozione della specie invasiva sul suolo galiziano.

Piante colonizzatrici

I promotori definiscono questi alberi dei veri e propri "colonizzatori" di nuova terra una volta che le foreste sono state bruciate, modificando completamente il paesaggio. Le radici degli alberi di eucalipto, racconta il quotidiano, sono capaci di danneggiare persino condutture idriche centenarie. Nella zona, testimoniano i locali, molti boschi non sono neppure reclamati e tanti alberi di eucalipto che crescono in queste aree neppure vengono tagliati per essere venduti. Problemi non molto diversi provengono da un'altra specie invasiva: l'acacia nera. Non è semplice quindi controllare i terreni, visto in molti campi è possibile recarsi solo una volta l'anno.

Senso di comunità

Ad aderire all'iniziativa finora ci sono 1.300 volontari. "Questo crea comunità", ha spiegato Joám Evans, uno dei promotori. Le brigate sono finora riuscite a convertire anche gli scettici, in parte grazie ad un'organizzazione del lavoro che ricorda alcuni concetti tradizionali del lavoro nei campi: come i compiti a cui partecipano tutti i vicini per aiutarsi a vicenda, e l' albaroque, cioè il pasto comune alla fine del lavoro. Gli ettari coperti finora sono circa duemila. "Si ottiene una soluzione collettiva a quello che potrebbe essere visto come un problema privato", ha spiegato al El Diario Fernando Martínez, impegnato nella gestione della foresta comunale di Chá. In questo modo inoltre i volontari, visti originariamente come artefici di un complotto, riescono a trasmettere più efficacemente le loro idee sulla gestione dei suoli.

Coprire i costi

Oltre alla questione ambientale e alle relazioni, al centro ci sono interessi economici squilibrati. Molti proprietari hanno scelto di piantare eucalipti perché sono riusciti a negoziare con le aziende, che si occupano del taglio e del trasporto. Il ritorno economico, secondo Martínez, potrebbe essere maggiore con altre specie come i legni duri, ma i proprietari temono di non potersi permettere i costi della transizione. L'operato delle brigate permette loro di abbattere questi costi per sradicare gli eucalipti.

Spese ridotte

I responsabili dell'operazione di sradicamento sostengono che il costo sia molto ridotto: bastano mille euro l'anno per coprire le spese. Fondamentale pagare l'assicurazione di responsabilità civile. Il resto dei fondi è per l'acquisto di dispositivi di protezione. I promotori fanno affidamento alle donazioni, che possono essere versate su un apposito fondo, volto a coprire l'acquisto di materiale per sradicare alcuni alberi, piantarne altri e per fornire cibo e bevande ai volontari. Contributi provengono anche dall'amministrazione locale tramite un piano di sostegno alle ong per le attività ambientali.

Governo indeciso

La Giunta regionale è stata molto criticata per il suo operato. Dopo gli incendi il governo della Galizia ha impedito di piantare nuovi appezzamenti di eucalipti fino al 2026. Secondo l' ultimo inventario forestale pubblicato dallo Stato ci sono 288mila ettari di piantagioni dedicati solo a questa pianta, a cui se ne aggiungono altri 146mila in cui crescono eucalipti misti a pini e querce. In totale, si tratta di 430mila ettari. "Mi vergognerei di avere aree protette piene di alberi di eucalipto", ha affermato l'ecologo Joám Evans. Anche la Giunta avrebbe deciso di promuovere iniziative di rimozione, promettendo di ridurle del 5% entro il 2040, ma le domande di El Diario riguardo le zone in cui il governo avrebbe deciso di operare sarebbero rimaste prive di risposta.

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