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Venerdì, 19 Aprile 2024
La decisione

Controlli deboli e multe insufficienti: i mercati Ue sono invasi da pesci vietati

Il richiamo della Corte dei Conti europea che punta il dito contro un sistema disomogeneo nei vari Stati membri. Tra le principali infrazioni: catture sottostimate e uso di attrezzi non ammessi

Sempre più filetti e frutti di mare pescati illegalmente sulle tavole dei cittadini europei, ma le multe nei confronti dei pescherecci restano inefficaci. Questa la valutazione della Corte dei Conti europea. La ragione, secondo il tribunale, è legata a controlli deboli e sanzioni insignificanti in alcuni Stati membri. L' Unione Europea, il più grande importatore mondiale di prodotti della pesca, è anche uno dei principali attori globali nel settore. La flotta di pescherecci vanta circa 79mila navi. In linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile, l’Ue si è impegnata a porre fine alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata entro il 2020. Senza riuscirci. Va poi precisato che un prodotto “legale” non è detto che provenga da fonti sostenibili.

La Corte dei conti europea (Eca), che vigila a livello finanziario nell'Ue, ha indagato i sistemi volti a impedire che i prodotti derivati ​​dalla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (noti con l'acronimo Inn) raggiungano i consumatori dell'Ue. Secondo i giudici si tratta di un metodo solo “parzialmente efficace”. L'Inn costituisce una delle maggiori minacce per gli ecosistemi marini. Secondo Eva Lindström, che ha realizzato l'audit, uno dei motivi principali per cui la pesca illegale è ancora così diffusa dipende dal fatto che “i controlli e le sanzioni sono applicati in modo non uniforme dagli Stati membri".

Nello specifico, mentre la pesca illegale viene sanzionata più spesso, i revisori dei conti hanno riscontrato la persistenza di pesca eccessiva e la sottostima delle catture, agevolate dalle maglie larghe delle verifiche da parte di alcuni Paesi. La dichiarazione errata delle catture è l'infrazione più comune da parte della flotta dell'Ue, seguita dalla pesca in zone chiuse o senza assegnazione di contingenti e dall'utilizzo di attrezzi illegali. I giudici reputano problematico imporre il rispetto dell’obbligo di sbarco e che continuano i rigetti illegali in mare. Hanno inoltre constatato che i progetti finanziati dall’Ue e sottoposti all’audit avevano aiutato a rafforzare il regime di controllo della pesca.

Quanto al sistema sanzionatorio, ci sono troppe disparità di trattamento. Ad esempio, la Corte ha notato che l’ammenda media inflitta per un’infrazione analoga varia da circa 200 euro, in Paesi come Cipro, Lituana ed Estonia, per arrivare a oltre 7mila in Spagna. Nel primo caso le sanzioni non rappresentano un adeguato deterrente, perché non sono commisurate ai vantaggi economici che si ottengono infrangendo le regole. La Corte raccomanda quindi alla Commissione europea di vigilare affinché gli Stati membri rafforzino i propri regimi di controllo per impedire l’importazione di prodotti della pesca illegale.

I giudici suggeriscono inoltre di impegnarsi affinché vengano applicate sanzioni dissuasive, con “un'applicazione uniforme ed efficace”, per prevenire o arginare le infrazioni sia nelle acque dell’Ue che degli altri Paesi estezrni al blocco dei 27. Nel 2008 Bruxelles ha istituito un sistema di certificazione delle catture al fine di garantire la legalità dei prodotti della pesca importati. Secondo i giudici, questa struttura ha migliorato la tracciabilità e ha rafforzato i controlli sulle importazioni, ma anche in tal caso i controlli eseguiti dagli Stati membri non risultano uniformi.

Alla base dell'inefficienza c'è anche una questione tecnica: il sistema è basato su documentazione cartacea. La Corte sostiene che questo elemento aumenti il rischio di frode, mentre sarebbe più efficace un’unica banca dati elettronica a livello di Unione. Circostanza aggravante: la Commissione europea ha già sviluppato un sistema informatico per svelare più facilmente le frodi e automatizzare i controlli, ma nessuno Stato membro lo utilizza. Per questa ragione l'esecutivo europeo ha proposto di renderne obbligatorio l’uso.

Un metodo giudicato positivo prende spunto dal mondo del calcio. Nei casi in cui i regimi di controllo adottati da Paesi extra-Ue siano reputati scadenti, le istituzioni di Bruxelles possono attribuire dei cartellini “gialli” o “rossi” nei loro confronti. In tal caso gli Stati membri sono tenuti a respingere tutte le importazioni di prodotti provenienti dai loro pescherecci. Secondo la Corte questo sistema di “ammonizioni ed espulsioni” si è rivelato utile, innescando riforme nella maggior parte dei Paesi a cui è stato applicato.

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