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Venerdì, 19 Aprile 2024
Alveari traditi

Come la Germania aiuta il falso miele a entrare in Europa

Proviene soprattutto da Cina e Turchia. L'Italia invece collabora a livello europeo per sventare le frodi, ma importa molto da Paesi Ue per soddisfare la grande domanda interna

Controlli scarsi e blandi, che aiutano il falso miele ad entrare nel mercato dell'Unione europea. Questa l'accusa principale emersa durante un incontro dedicato al miele ed organizzato dalla Copa-Cogeca, l'ombrello europeo che riunisce aziende e cooperative agricole. Di poche settimane fa la notizia dello scandalo delle frodi del miele, realizzate importando da Paesi extra-Ue quelli che in realtà sono semplici sciroppi di zucchero, derivatio da altre materie prime. Dalla riunione sono emersi ulteriori dettagli, tra cui il ruolo in negativo della Germania, il principale importatore a livello europeo del prezioso frutto del lavoro delle api. Berlino non solo sarebbe stata poco attenta, ma addirittura avrebbe ostacolato le indagini promosse dalla Commissione europea, realizzando molti meno controlli rispetto a quelli concordati.

Ostacoli per apicoltori

Negli ultimi anni sono aumentate la sensibilità e la passione per gli impollinatori, fondamentali per la biodiversità oltreché per il miele, ma sono in crescita anche gli ostacoli per vecchi e nuovi produttori, che hanno deciso di dedicarsi agli alveari."Gli apicoltori sono in grande difficoltà, anche a causa dell'aumento dei costi dell'energia e degli imballaggi. Ci sono alcuni importanti mercati europei, come Ungheria, Spagna e Italia, dove l'aumento dei prezzi per gli agricoltori non è stato trasferito al mercato, per cui è sempre più difficile far quadrare i conti", ha dichiarato Yvan Hennion, esperto del settore per il principale sindacato agricolo francese Fnsea. Di fronte a questo aumento dei costi, consumatori e grande distribuzione guardano altrove. "I mercati preferiscono il miele importato, che è di gran lunga più economico, come quello proveniente dalla Cina, il più grande esportatore verso l'Ue", ha proseguito il sindacalista.

Concorrenza sleale

Nel 2022 da Pechino sarebbero arrivate oltre 68mila tonnellate di miele. Nella lista degli esportatori seguono l'Ucraina l'Argentina. La ragione per cui costa molto di meno questo miele sta (anche) nel fatto che spesso si tratta in realtà di sciroppi ricavati da altre materie prime, mescolati con piccole quantità di miele vero. I consumatori sono quindi ingannati. "A causa delle frodi stiamo perdendo i nostri apicoltori. È necessario che l'Europa si risvegli. Ci sono dei giovani che hanno intrapreso queste attività, ma sono costretti ad operare nel mercato della grande distribuzione, dove c'è una concorrenza sleale che non permette loro di sopravvivere", ha sottolineato Hennion.

Tecnologie raffinate

Etienne Bruneau, ingegnere agricolo ed esperto in apicoltura per la Copa-Cogeca, ha evidenziato come il problema delle frodi fosse noto già da cinque anni, all'epoca dei primi controlli effettuati a livello europeo su 2200 mieli, quando le violazioni erano risultate pari al 14% circa dei campioni. All'epoca però alle frontiere era stato controllato appena il 10% del totale. La nuova indagine si è focalizzata stavolta proprio sui mieli "stranieri" provenienti da Paesi extra Ue. In tal caso sono emerse cifre ben più preoccupanti: oltre il 40% del miele importato da Stati esterni al blocco europeo è falso. Questo risultato è stato raggiunto grazie a nuove tecnologie più sofisticate, in grado di rilevare adulterazioni di vario genere. "I nuovi metodi utilizzati dal Centro di ricerca permettono di individuare dei polisaccaridi, normalmente si tratta di sciroppi derivanti da barbabietola, riso ed altri, la cui catena viene "tagliata" col miele vero. È solo a questo livello che sono riusciti ad individuare una quantità enorme di frodi", ha precisato Bruneau.

Controlli diluiti

Le truffe sono però possibili anche grazie a contributi "interni": sia da parte degli importatori europei, ben consapevoli di stare acquistando prodotti adulterati, sia da parte delle autorità predisposte ai controlli, che tenderebbero a chiudere un occhio, in particolare in alcuni Stati. "La Germania è il Paese che importa di più da Paesi extra-Ue. È sorprendente come avrebbero dovuto analizzare oltre 300 campioni, mentre ne hanno analizzati 32. Un fatto totalmente scandaloso", ha precisato Bruneau in riferimento all'operazione coordinata dalla Direzione generale per la salute e la sicurezza alimentare (Dg Sante), con il coinvolgimento dell'Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf). "Praticamente non hanno soddisfatto il loro mandato. È scioccante visto che sono il principale importatore dell'Ue. Il secondo Paese che non ha soddisfatto i criteri è la Spagna, dove hanno controllato solo il 70% dei campioni che dovevano analizzare". Meglio invece avrebbero fatto Polonia (84%) e il Belgio, che ha rispettato appieno il suo mandato.

100% scorretto

Ad avvantaggiarsi delle mancate verifiche, come accennato prima, ci sono soprattutto alcuni Paesi. Caso emblematico quello di Pechino. "Secondo le analisi il 74% del miele proveniente dalla Cina è adulterato, ma al prezzo a cui lo vendono non c'è vero miele. Nei restanti casi infatti si tratta di mieli immaturi, che quindi non seguono il processo ufficiale che dovrebbe seguire un miele. Questo significa che il 100% del miele proveniente dalla Cina non è corretto", ha evidenziato l'esperto. Esisterebbe un miele cinese che rispetta gli standard europei, ma costa dieci euro al chilo. Il prezzo è tale che non viene preso in considerazione dagli importatori europei. Dati di gravi adulterazioni riguardano la Turchia, col 93% di campioni rilevati come "falsi" e il 100% di quelli che arrivano dalla Gran Bretagna. "Quando era nell'Ue la Gran Bretagna era il Paese che importava il miele meno caro, praticamente tutto miele cinese, e sapevano bene che non stavano comprando del vero miele", ha accusato l'esperto della Copa-Cogeca, ma c'è anche un altro punto di accesso fondamentale per il falso miele di Pechino.

Collaborazione

La questione è sì europea, ma sono gli Stati membri a gestire in casa controlli e analisi. "Il Portogallo è un'altra porta d'ingresso del miele cinese, che da qui viaggia poi verso la Spagna, un altro grande importatore", ha sostenuto Bruneau. Caso particolare quello dell'Ucraina, da cui pure viene importata una larga fetta di miele consumato poi negli Stati membri. Secondo Pekka Pesonen, presidente della Copa-Cogeca, quello di Kiev è un prodotto meno adulterato e più vicino agli standard dell'Ue. Con la richiesta di diventare uno Stato membro, Kiev tenderà da subito ad omologare i requisiti interni a quelli pretesi da Bruxelles. Rispetto al comportamento dello Stivale, interpellato da AgriFood Today, Bruneau ha commentato: "L'Italia si presenta come un buon Paese, che soddisfa i controlli. Importa molto miele dall'estero, ma soprattutto da altri Paesi europei e meno da quelli extraeuropei. Sappiamo che le autorità stanno realizzando alcuni studi in collaborazione con la Commissione Europea per migliorare le tecnologie capaci di individuare diverse tipologie di frodi". Lo Stivale risulta dunque promosso, almeno sul piano delle analisi.

Tracciabilità e trasparenza

Oltre ai consumatori i primi a pagare le conseguenze delle frodi sono i produttori onesti, come ha sottolineato Stanislas Jas, un apicoltore con 150 alveari nella Finlandia meridionale e che fornisce servizi di impollinazione ad altre aziende agricole. Secondo lui i temi principali da affrontare a livello europeo sono tre. In primo luogo la responsabilizzazione dei consumatori, sempre alla ricerca di prodotti ad un prezzo più conveniente a discapito della qualità, insieme con la chiarezza sull'origine del prodotto. A questo proposito Jas chiede di modificare la direttiva sul miele, che se da un lato ha offerto una prima importante fonte di tutela sul piano legale, dall'altra necessita di un aggiornamento. "In secondo luogo vorremmo che ogni Stato membro fosse obbligato ad indicare l'origine della miscela da cui scaturisce il miele", ha evidenziato il produttore finlandese. Infine ci sarebbe la necessità di "introdurre maggiore trasparenza nella filiera", sia per i consumatori che per le autorità pubbliche. "La tracciabilità deve andare di pari passo con l'individuazione delle frodi, che deve essere migliorata. E l'Europa ha la capacità di farlo", ha sottolineato Jas chiedendo maggiori controlli alle frontiere europee, nonché di realizzarli in maniera sistematica con le nuove tecnologie disponibili. La natura globale delle frodi non concede distrazioni né di abbassare la guardia.

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