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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Così l'invasione in Ucraina sta mettendo in crisi gli allevamenti nell'Ue

Produzione suini quella più colpita, con il mais per i mangimi che costa quasi il 30% in più. L'Ue prova a proteggerli con misure straordinarie

Produzione suinicola e cereali sono i settori su cui si concentrano le preoccupazioni dell'Unione europea connesse alla guerra in Ucraina. Le conseguenze dell'attacco sferrato da Vladimir Putin si sono fatte sentire immediatamente nel settore agricolo. Questi primi giorni di guerra hanno portato ad un aumento dei costi dei prodotti. In base ai dati forniti dai Consorzi agrari d’Italia (Cai), il mercato alimentare di Parigi segna che il grano tenero è passato da 274 euro a tonnellata agli attuali 310 euro a tonnellata (+13%) mentre il mais è passato da 247 euro a tonnellata agli odierni 320 euro (+29%). Anche per questo motivo i ministri dell'agricoltura dell'Unione europea si sono sbrigati ad indire una riunione straordinaria in videoconferenza per discutere delle tensioni generate dalla guerra e sulle risposte da adottare per tutelare agricoltori e carrello della spesa degli europei.

I settori più colpiti

Tra i settori maggiormente esposti agli scambi con l'Ucraina, c'è l'allevamento e in particolare il settore suinicolo. Gli aumenti dei prezzi di fertilizzanti e mangimi stanno mettendo in crisi la produzione e l'export di maiale e pollame. A tal proposito, il commissario europeo per l'agricoltura Janusz Wojciechowski ha detto che la Commissione "valuta la possibilità di utilizzare lo stoccaggio privato e la riserva di crisi" della Politica agricola comune (Pac). Ha poi aggiunto che sarà attivato il meccanismo europeo di preparazione e reazione alle crisi di sicurezza alimentare, e si stanno considerando misure eccezionali nell'Organizzazione comune dei mercati (Ocm) per i settori più colpiti dall'aumento dei costi dei fattori produttivi. Al vaglio ci sono anche misure per garantire una maggiore capacità di produzione europea, ad esempio tramite le colture ricche di proteine su terreni ritirati dalla produzione. L'Ucraina, come confermato da un documento diffuso dalla presidenza francese del semestre europeo, è il principale fornitore di mais dell'Ue: in media il 57% delle importazioni annue. La dipendenza è molto alta anche per i semi oleosi, colza (42% delle importazioni europee in volume), girasole (15%) e panelli di girasole (47%) per l'alimentazione animale e, in misura minore, grano (30%).

Porti del Mar Nero bloccati e semina a rischio

Michael Scannell, direttore generale del dipartimento Agricoltura e sviluppo rurale della Commissione europea, aveva sottolineato nel corso di un'audizione che gli sviluppi dell'attacco sferrato dalla Russia avevano bloccato il mercato di grano, orzo e semi oleosi con “un enorme impatto mentre gli operatori si riversano alla ricerca di alternative di mercato". Scannell ha sottolineato che il commercio con l'Ucraina è “totalmente congelato”, essendo venuti a mancare i movimenti navali nei porti del Mar Nero, principale punto di partenza per gran parte dell'export, mentre i canali di logistica interni risultano severamente danneggiati. Le autorità ucraine, aveva spiegato Scannell, “hanno smesso di fornire certificati sui cereali".

A preoccupare c'è anche la prospettiva che la semina estiva di mais in Ucraina venga interrotta, dato che con la guerra in corso è molto difficile concentrarsi sulle piantagioni. Per questo il documento francese sottolinea l'importanza di facilitare le forniture in fattori di produzione, come le sementi, per consentire di effettuare la semina per la stagione 2022/23, vista come condizione per la sicurezza alimentare del Paese. Alcuni ministri europei hanno però chiesto di attivare comunque con urgenza gli aiuti alimentari diretti, ma per avallare questa decisione si dovrà comunque passare dal consiglio degli Affari esteri dell'Ue.

Conflitto con la sostenibilità ambientale?

Nel frattempo, la presidenza francese sta spingendo gli Stati membri ad aumentare la capacità produttiva dell'agricoltura europea, soprattutto se il prossimo raccolto ucraino dovesse risultare compromesso dal conflitto in corso. Il Presidente francese Emmanuel Macron, nel corso della recente inaugurazione del Salone dell'Agricoltura di Parigi, ha prospettato che la guerra durerà nel tempo. Per questa ragione, ha chiesto un “piano di resilienza”, per garantire i settori produttivi e le importazioni, e in secondo luogo per cercare, per quanto possibile, di costruire “scudi” in termini di costi a livello nazionale ed europeo. Questa spinta verso una produzione maggiore sembra, però, entrare in conflitto con la strategia Farm to Fark dell'Ue, che chiede alle aziende agricole maggiore sostenibilità ambientale e qualità nelle produzioni, per tutelare sul lungo termine i terreni. 

I danni dello stop all'export verso la Russia

Oltre ai rapporti con l'Ucraina, va considerata anche la Russia, che “nonostante i blocchi di anni fa che hanno significativamente diminuito il commercio, resta il nostro sesto più grande partner commerciale", ha ricordato Scannell. Il flusso di merce dall'Ue verso la Russia “si concentra principalmente su prodotti processati come dolciumi, vini, superalcolici, biscotti, fiori, eccetera", ha ricordato il funzionario. A causa delle sanzioni e delle probabili restrizioni sui pagamenti "anche quel commercio rischia di essere severamente interrotto", ha concluso Scannell. I ministri infine hanno discusso anche della sicurezza alimentare nel Mediterraneo e nei Paesi più fragili, fortemente dipendenti dalle importazioni di cereali ucraini e dove si rischiano sommosse. La settimana prossima la Commissione europea convocherà anche la prima riunione del Gruppo di esperti sulle risposte alle crisi alimentari, mentre la commissione speciale sull'agricoltura tornerà su questi temi così come il prossimo Consiglio Agricoltura e Pesca del 21 marzo.

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