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Martedì, 23 Aprile 2024
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“Il prosecco va difeso a livello giuridico e di promozione, come tutto il Made in Italy”

Intervista al deputato della Lega Gianpaolo Vallardi, primo firmatario di una risoluzione volta a tutelare nell'Ue la denominazione del vino italiano più venduto al mondo

Per difendere il Prosecco italiano bisogna portare avanti la battaglia contro la tutela della denominazione Prosek, concessa a un vino croato, un passito tipoco del Paese balcanico, perché il rischio di confusione nuoce al prodotto nostrano. Ne è convinto il senatore veneto Gianpaolo Vallardi, che si è espresso anche sull'uso di pesticidi e fitofarmaci, delineando le prospettive future per l'agricoltura

Quali strategie e azioni state promuovendo per impedire il riconoscimento della denominazione “Prosek”, riferito ad un liquore prodotto in Croazia?
Le azioni prendono il via circa sette mesi fa, quando ho promosso in Senato una risoluzione, approvata poi all'unanimità, con la quale abbiamo attribuito al governo il mandato per difendere la denominazione Prosecco nelle sedi decisionali dell'Unione europea. Da quel momento abbiamo avviato un'azione corale, in stretta collaborazione con il ministro dell'Aagricoltura Stefano Patuanelli ed il sottosegretario Gian Marco Centinaio, che hanno preparato un apposito tavolo tecnico al fine coordinare le attività dell'Italia. La settimana scorsa abbiamo promosso una conferenza stampa in cui si sono ritrovati tutti gli attori della filiera, inclusi i quattro consorzi che tutelano questo vino, per creare un collante tra le parti coinvolte. Questa unità è indispensabile per salvaguardare gli interessi di un piccolo territorio come le colline Conegliano Valdobbiadene, scaraventate sui mercati internazionali grazie alla produzione del vino italiano più esportato al mondo.

A che punto si trova la discussione a livello europeo?
Proprio nel corso di questo evento a Roma il Ministero ci aggiornati sugli ultimi rilievi presentati dalla Croazia al tavolo tecnico che dovrà scegliere se riconoscere o meno la loro denominazione. Si tratta di controdeduzioni rispetto ai nostri rilievi, volte solo a difendere uno pseudo-vino liquoroso, ma che sarebbero prive di sostanza giuridica. Il 20 luglio scadono i termini e ne sapremo qualcosa di più, ma restiamo ottimisti.

In un periodo di crisi per i mercati alimentari come questo, come si possono tutelare a livello internazionale i prodotti del made in Italy, sempre più oggetto di contraffazioni?
Bisogna agire in due direzioni. Da un lato rafforzare e rendere permanente un tavolo giuridico, come quello creato per il Prosecco, che possa aiutare a tutelare anche altri cibi tipici. Siamo sotto attacco come Italia, perché siamo talmente bravi che tutti ci copiano, quindi abbiamo bisogno di difenderci in modo strutturale. Dall'altro lato è necessario migliorare nella promozione, anzi preferisco parlare di 'conoscenza' dei nostri prodotti dell'agroalimentare, perché una volta che gli stranieri li hanno assaggiati automaticamente li comprano. Lo scorso anno arrivò la denuncia da parte di un prete sull'uso di fitofarmaci vietati in Italia proprio nelle zone delle colline di Valdobbiadene.

Quali iniziative avete assunto in Veneto per far fronte ad un possibile degrado del territorio e della salute dei cittadini legato alle attività agricole?
Quella denuncia ritengo sia stata strumentalizzata dai media e a livello politico. In ogni caso è stata intrapresa un'azione per rafforzare un piano comune di raccordo con le diverse amministrazione coinvolte. In precedenza ognuna stabiliva i suoi termini, ad esempio per l'irrorazione, mentre oggi tutte le aziende e i comuni sono tenuti a comportarsi in base a regole comuni. D'altra parte mi sembra difficile parlare di “inquinamento” dei nostri territori visto che abbiamo anche ottenuto il riconoscimento come patrimonio dell'umanità da parte dell'Unesco, che richiede determinati standard ambientali. I nostri contadini ormai hanno capito e metabolizzato l'importanza di rispettare l'ambiente per poter realizzare prodotti di qualità ed attrarre visitatori nei loro territori. L'Unione europea sta chiedendo una progressiva riduzione di pesticidi e fitofarmaci da qui al 2030.

Qual è la strada per conseguire questi risultati senza rinunciare a standard di produttività elevati?
La risoluzione del problema passa dal disegno di legge che abbiamo elaborato in commissione Agricoltura e che intende promuovere la ricerca nel campo del genoma editing, quindi la modifica genetica di piante per ottenerne di più resistenti ai patogeni, come nel caso della vite, o alla siccità, come avviene per il grano. Con i cambiamenti climatici ormai in atto vanno cercate nuove varietà, migliorate rispetto alle precedenti. Meglio modificare dell'1% una pianta, anziché applicare numerosi trattamenti chimici sulla versione originale. La ricerca italiana da questo punto di vista è già molto avanzata, ma dobbiamo adeguarci sul piano legislativo, avanzando come hanno già fatto Spagna, Francia e Olanda, più avanti di noi in questo ambito.

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