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Sabato, 20 Aprile 2024
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Maiali esteri per salumi Dop italiani, basterà un'etichetta a fermare le frodi?

Organizzazioni di categoria e governo valutano l'introduzione di un'indicazione di origine obbligatoria per la carne suina processata. L'iniziativa dopo lo scandalo dei falsi prosciutti di Parma e San Daniele

Siamo tra i maggiori produttori mondiali di salumi suini, ma circa due maiali su cinque utilizzati dalle nostre aziende provengono dall'estero, in particolare da Danimarca, Olanda e Spagna. Ed è proprio il caso di un suino danese, il Duroc, ad aver fatto sollevare un polverone prima mediatico e poi giudiziario che ha investito due punte di diamante del made in Italy agroalimentare, il Prosciutto di Parma e il San Daniele. Uno scandalo, ribattezzato Prosciuttopoli, che ha mostrato debolezze nei controlli e nelle certificazioni di questi prodotti, alcuni dei quali sarebbero stati realizzati con suini non adatti per mantenere quella qualità riconosciuta dai marchi Igp e Dop. Un danno di immagine per queste eccellenze. E' alla luce di questi fatti che si spiega il motivo per cui il governo sta valutando l'idea di introdurre l'etichettatura obbligatoria per certificare la provenienza della carne suina utilizzata nei prodotti trasformati, salumi in testa.

Il caso Prosciuttopoli 

"L’etichettatura dei trasformati a base di carne suina è un valore aggiunto per il settore agroalimentare. Tempi e procedure certi sono inderogabili”, ha detto Confagricoltura al termine di una riunione tra il ministero dell'Agricoltura e le organizzazioni di categoria. Anche Coldiretti, che ha tra i suoi membri diversi produttori di prosciutti, ha tenuto a ricordare che "il 93% degli italiani" vedrebbe bene una misura di questo tipo.

Lo scandalo Prosciuttopoli fu sollevato da una inchiesta de Il Fatto Alimentare nel 2018. Secondo quanto ricostruito dall'inchiesta, "almeno 1,2 milioni di falsi prosciutti di Parma e San Daniele (ottenuti da maiali troppo pesanti, non adatti alla stagionatura, da cui si ottengono cosce più grandi, salumi più magri e prosciutti che pesano 1 kg di più), sono finiti sul mercato". Sotto accusa finiscono 'due istituti di certificazione accusati di non avere controllato in modo inadeguato la filiera", i quali vengono commissariati per 6 mesi. In contemporanea, si attiva la magistratura, tra cui la Procura di Torino, che porta a una serie di patteggiamenti. A dimostrazione che la denuncia giornalistica aveva colpito nel segno. Al maggio di quest'anno, secondo quanto raccolto dal Fatto Alimentare, c'erano stati "oltre 300 soggetti segnalati all’autorità giudiziaria; 810.000 cosce sequestrate; circa 480.000 prosciutti esclusi, tramite smarchiatura, dal mercato delle produzioni Dop; oltre 500.000 cosce smarchiate d’iniziativa propria da parte di singoli allevatori".

Le frodi, sempre secondo il Fatto Alimentare, starebbero continuando nonostante le denunce. E questo perché è difficile risalire alla specie usata per produrre i prosciutti. Quelli danesi avrebbero conquistato il mercato italiano perché molto simili geneticamente al Duruc italiano, ma meno costosi e con un resa, in termini di peso del prosciutto, maggiore. Il loro uso, pero', non è consentito dai disciplinari finora attuati dai consorzi di tutela dei prosciutti Dop, dal momento che tale specie è meno grassa e dunque la sua carne è priva di quelle venature grasse che caratterizzano un vero prosciutto Dop. Ecco perché si parla di frodi. 

Le etichette bastano? 

La proposta di inserire un'etichettatura obbligatoria per attestare la provenienza della carne suina non è certo nuova, ma deve fare i conti anche con la situazione attuale del settore. Come certificato da Ismea, il comparto dipende ancora per il 40% dalle importazioni di 'materia prima'. E i prodotti Dop suini sono tantissimi, non solo prosciutti. Ma non solo: come spiegato da una inchiesta di Report, la frode su Parma e San Daniele riguarderebbe scrofe che sono nate e allevate in Italia, ma 'figlie' di maiali danesi. In casi come questo, l'etichetta di origine non basterebbe a evitare potenziali frodi. L'unico modo è potenziare i controlli. Uno degli anelli deboli dello scandalo Prosciuttopoli.  

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