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Venerdì, 29 Marzo 2024
L'analisi

"Senza allevamenti intensivi la carne di pollo costerà più del doppio"

Gli allevatori protestano contro le raccomandazioni dell'autorità europea Efsa, che chiede di eliminare le gabbie e ridurre la densità nei capannoni per migliorare il benessere animale

Il prezzo della carne di pollo potrebbe aumentare più del doppio se l'Europa dovesse trasformare in legge le ultime raccomandazioni dell'Efsa, l'autorità europea per la sicurezza alimentare. Lo dicono le imprese del settore, che puntando il dito contro le richieste dell'ente (con sede a Parma) volte a migliorare il benessere animale nei capannoni destinati ai polli da carne e alle galline ovaiole: basta alle gabbie, niente mutilazioni del becco e soprattutto una densità minore che favorisca più spazi vitali per questi animali. Misure viste di cattivo occhio dalle imprese agricole sentite da AgriFoodToday.

Densità contestata

"Il parere dell'Efsa contiene raccomandazioni senza precedenti che, se applicate in questi termini, porterebbero semplicemente alla perdita della maggior parte del settore avicolo europeo, carne e uova insieme", si legge in un comunicato congiunto redatto dalla Copa-Cogeca, che riunisce aziende e cooperative agricole a livello europeo, insieme con Avec (Associazione europea del settore delle carni avicole) e all'Effab (Forum europeo degli allevatori di animali da reddito). A preoccupare le aziende è soprattutto il livello di densità che l'Autorità con sede a Parma reputa adeguata. "Tra le principali raccomandazioni avanzate dall'Efsa, la più sconvolgente è la proposta di abbassare la densità di allevamento dei polli da carne convenzionali a un massimo di 11 kg/m²", si legge nel comunicato. Al momento la legislazione dell'Unione europea consente una densità massima di allevamento di 33 kg/m2, che corrisponde a circa 16,5 capi/m2 con volatili da 2 chili.

Eccezioni

Esiste però una prima deroga che consente di aumentare tale densità, fino ai 39kg/m2, ma per ottenerla è necessario fornire dettagli precisi, tra cui quelli relativi ai tassi di mortalità giornaliera e cumulativa. "Un ulteriore aumento oltre i 39 kg/m2 fino a 42 kg/m2 è consentito se, oltre a soddisfare le condizioni di cui al punto precedente, il monitoraggio da parte delle autorità conferma la presenza di bassi tassi di mortalità e buone pratiche di gestione", ci ha spiegato Paul-Henri Lava, esperto dell'Avec. A queste densità di allevamento più elevate, precisa il consigliere politico, deve corrispondere un indicatore che rilevi che il tasso di mortalità giornaliera cumulativa non venga superato. Per i sistemi all'aperto invece questa densità è pari al 27,5 kg/m2, mentre è di 21 kg per m2 negli allevamenti biologici, e in entrambi i casi vengono associate delle aree esterne pari ad almeno 1 m2 (all’aperto) e 4 m2 (biologici). Ci sono poi due sistemi specifici consolidatisi nei Paesi Bassi. Il primo è il Dutch retail broiler (Drb), frutto di un accordo tra il settore avicolo e i rivenditori olandesi, che utilizza una razza a crescita più lenta, con un aumento massimo di peso giornaliero di 50 g e una densità di allevamento massima di 38 kg/m2. L'altro è il Better life one star (Bls) sviluppato dalla Società olandese per la protezione degli animali. In tal caso è necessario utilizzare una razza a crescita più lenta (con un'età di macellazione di almeno 56 giorni) e applicare una densità di allevamento massima di 25 kg/m2 . Ulteriori requisiti sono la presenza di un'area esterna coperta e l'arricchimento ambientale, tramite balle di paglia e cereali per grattarsi e beccarsi. Tutte queste densità sono comunque ben distanti rispetto a quelle indicate dall'Efsa come "ideali" per rispettare il benessere animale.

Impatto industriale

Se la Commissione europea dovesse rendere vincolanti le raccomandazioni elaborate dagli esperti di sicurezza alimentare, le imprese agricole non potrebbero sottrarsi a profondi mutamenti nella gestione di allevamenti diventati nel tempo sempre più distanti dall'idea romantica di fattoria e sempre più vicini a strutture aziendali, tanto che Bruxelles intende farli ricadere in gran parte nella nuova direttiva sulle emissioni industriali ogni volta che superano le 10mila galline ovaiole. I rappresentati del settore temono che le raccomandazioni dell'Efsa possano divenire la base per la nuova normativa che la Commissione europea intende varare in materia: "L'Ue chiederà ai produttori di pollame convenzionale di effettuare importanti investimenti in azienda, mentre il numero di volatili in una stalla dovrà essere ridotto del 72%". Ma quanti sono i pollai che sfruttano la capacità massima autorizzata dall'Ue? "Non è facile trovare dati aggiornati e dettagliati, ma possiamo dire che nell'Ue la grande maggioranza degli allevamenti utilizza la densità massima", ha ammesso Lava. Un elemento che trova conferma nei dati forniti dall'Eurostat nel 2020, che indicano un aumento degli allevamenti intensivi in diversi Paesi e imprese agricole che tendono ad aggregarsi e diventare più grandi.

Impiego e reddito

In base ai dati elaborati nel 2017 dall'Università di Wageningen, il settore avicolo per la carne impiega direttamente circa 367mila lavoratori, tra produzione primaria, incubatoi, macellazione e trasformazione, nonché nella produzione dei mangimi. Di questi quasi 300mila sono dediti ai polli da carne e i restanti divisi principalmente tra anatre e tacchini. Il volume totale è stato di 15,9 milioni di tonnellate di carne di pollame, con un valore di produzione totale pari a 29 miliardi di euro relativo solo alla produzione primaria e ai macelli. Ci sarebbe poi da calcolare il valore ulteriore derivante dai processi di trasformazione, che secondo gli esperti aggiungerebbe un ulteriore 30% alla cifra indicata. I tre principali Paesi produttori europei sono Paesi Bassi, Francia e Germania. "Per quanto riguarda i ricavi, invece, possiamo dire che non è detto che un reddito più elevato sia correlato a una produzione più estesa, come di solito viene descritta", ha indicato Lava, proponendoci come esempio il reddito agricolo per lavoratore a tempo pieno dei Paesi Bassi. Qui gli allevamenti convenzionali sono correlati ad un reddito di 67mila euro l'anno, mentre quelli biologici sono fermi a 60mila euro. I redditi più alti si riscontrano invece con il sistema Dutch retail broiler (Drb), pari a 75mila euro, il Better life one star (Bls) con cui in media si raggiungono i 71mila euro.

Le distanze nei prezzi

Secondo i rappresentanti di settore, rispettando le indicazioni dell'Efsa le conseguenze economiche sarebbero gravissime. "L'attuazione di tali proposte estreme comporterebbe la chiusura di piccole e medie imprese nelle aree rurali, la perdita di competitività e l'aumento delle importazioni", denunciano le organizzazioni di categoria. Il conseguente aumento dei costi, scrivono, si tradurrebbe in un massiccio aumento del prezzo della carne di pollame per i consumatori. Ma di quanto? Lava ci ha proposto l'esempio del Belgio, con prezzi non troppo dissimili da quelli italiani. Nel Paese che ospita la capitale europea il prezzo del filetto di petto al dettaglio, per un prodotto standard, è in media di 9 €/kg al supermercato, ma può variare tra i 6 e i 12 euro/kg. "Il prezzo del prodotto da allevamento all'aperto, realizzato con una densità inferiore (ma comunque superiore agli 11 kg/m2 proposti nel parere dell'Efsa) è di oltre 25-33 euro/kg", ha dichiarato l'esperto. In realtà verificando su vari siti che commerciano polli biologici, abbiamo trovato range inferiori, con petti di pollo venduti tra i 15 e i 22 euro al chilo, con prezzi di gran lunga inferiori acquistando polli interi. "Temiamo che applicando la proposta dell'Efsa in questo modo si impedirà ai poveri di acquistare carne di pollame", ha sottolineato Lava, che evidenzia anche il costo ambientale: "Più ampio è il modo di produzione, più emissioni di gas serra si avranno".

L'impronta carbonio del biologico

Rispetto ad altri tipi di carne il pollo ha un impatto minore sull'ambiente, avvicinandosi all'impronta carbonio degli alimenti di origine vegetale. Uno studio, realizzato dall'associazione di categoria Kip in Nederland (Pollo in Olanda), dimostrerebbe però che i polli biologici hanno un impatto ambientale superiore rispetto ai Broiler, la tipologia più diffusa con animali messi all'ingrasso in poche settimane in condizione super-intensive. Per i volatili bio l'impronta carbonio risulterebbe superiore di quasi il 60% rispetto ai polli normali. La ragione è quasi interamente dovuta al consumo di mangimi, che per quelli biologici risulterebbe meno efficiente. Secondo le aziende intensive, anziché ridurre la densità bisognerebbe agire su altri elementi. "Riteniamo che il benessere degli animali abbia più a che fare con la gestione da parte degli allevatori che con il livello di densità", ha dichiarato Lava. "È ancora possibile ottenere un buon benessere degli animali con una densità di 42 kg per metro quadro, purché si mantenga una buona qualità della lettiera, si garantisca una buona atmosfera nella stalla e si presti grande attenzione al pollaio".

Maggiori importazioni?

Le organizzazioni agricole europee sono preoccupate dai notevoli mutamenti legislativi che Bruxelles sta programmando in relazione agli allevamenti, al trasporto di bestiame e in generale alla filiera agroalimentare. Le aziende temono in particolare di non essere tutelate a sufficienza dalla "feroce concorrenza internazionale", che non applica standard altrettanto elevati nei Paesi esterni al blocco europeo. Uno studio del centro di ricerca del Parlamento europeo ha rivelato come ll consumo di carne di pollame si cresciuto rapidamente nell'Ue nell'ultimo decennio, raggiungendo i 24,8 kg pro capite nel 2018, mentre si prevede un ulteriore aumento, anche se a un ritmo più lento, nel prossimo decennio. I prezzi più competitivi dei polli extra-comunitari potrebbero determinare maggiori importazioni, a detrimento sia dell'economia che della qualità. D'altro canto numerosi cittadini europei chiedono allevamenti più salubri, di evitare trattamenti inutili e degradanti, nonché una cura maggiore per animali destinati a diventare cibo sulle loro tavole. Ad incidere sulle scelte future saranno anche le abitudini alimentari che i cittadini europei saranno disposti ad adottare. Acquistare solo i petti, comodi da cucinare, costa in proporzione circa il doppio che portarsi a casa un pollo intero. Più complesso da gestire, ma anche più gustoso e versatile.

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