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Martedì, 23 Aprile 2024
Filiera

Brexit senza accordo? Per il Regno Unito il rischio è a tavola. E per l'Italia il conto è salato

Il 30% del cibo consumato dai britannici arriva dall'Unione europea. Mentre l'Italia esporta nel Paese prodotti agroalimentare per 3,4 miliardi di euro. L'uscita senza intesa allarma entrambe le sponde della Manica

Il Regno Unito produce solo la metà dei prodotti agroalimentari che consuma. Il resto arriva dall'estero, in gran parte dall'Ue, Italia compresa. Ecco perché l'ipotesi di una Brexit senza un accordo con Bruxelles potrebbe creare non pochi problemi al Paese. Ed ecco perché Londra, dopo il fallimento delle ultime trattative per trovare un'intesa con l'Ue, è corsa ai ripari tagliando i dazi sull'87% delle merci importate da Oltremanica. Una mossa che, pero', potrebbe non bastare.

"Gli inglesi  stanno facendo scorte alimentari in vista dei probabili aumenti" dei prezzi, sottolinea la Coldiretti. "Con quasi 1/3 del cibo consumato che arriva dai Paesi dell’Unione europea - continua l'organizzazione italiana - è infatti giustificato l’allarme lanciato dalle principali catene distributive sulle difficoltà di approvvigionamento alimentare in caso di mancato accordo. Il Regno Unito produce appena la metà del cibo che consuma ed è costretta pertanto a ricorrere alle importazioni dall’Unione europea (30%), dalle Americhe (8%), dall’Africa (4%), dall’Asia (4%)".

L’Italia è un importante partner commerciale nell’agroalimentare con forniture che nel 2018 hanno raggiunto i 3,4 miliardi di euro. “La mancanza di un accordo è lo scenario peggiore perché rischia di rallentare il flusso dell’export, ma a preoccupare è anche il rischio che con l’uscita dall’Unione europea si affermi in Gran Bretagna una legislazione sfavorevole alle esportazioni agroalimentari italiane” afferma  il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. Un esempio è l’etichetta nutrizionale a semaforo sugli alimenti che si sta diffondendo in gran parte dei supermercati inglesi e che, dice la Coldiretti, "boccia ingiustamente quasi l’85% del made in Italy a denominazione di origine protetta".

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