rotate-mobile
Venerdì, 29 Marzo 2024
Tradizione & Innovazione

Perché anche a Napoli la "pizza napoletana" rischia di finire fuorilegge

Un regolamento (risalente al 2010) stabilisce ingredienti, tempi di lievitazione e di cottura per poter utilizzare lecitamente l'appelativo. Solo che nel frattempo sotto il Vesuvio le regole sono cambiate

Arriva una tutela europea per la pizza napoletana, per distinguerla e proteggerla da tutte le versioni "falsificate" che si possono ritrovare nei menù dei ristoranti europei (italiani inclusi) nonché nei cartoni surgelati dei supermercati. Lo spartiacque lo determinano ingredienti, ore di lievitazione e temperature utilizzate. Il piatto più noto della vasta tradizione culinaria di Napoli era già tutelato sotto la dicitura di specialità, ma adesso le norme diventano più stringenti e consentiranno di mettere al bando tutte le 'imitazioni', che non rispettano i criteri identificati da Bruxelles. In maniera paradossale, però, il disciplinare formulato dagli stessi rappresentanti del settore andrebbe aggiornato, essendo arrivato "in ritardo", rispetto alle recenti evoluzioni. Anziché essere tutelati, i pizzaiuoli napoletani potrebbero diventare presto "illegali". Vediamo perché.

Elementi indispensabili

Già nel 2012 il marchio "pizza napoletana" era stato rafforzato "con riserva del nome", diventando così necessaria una certificazione, da richiedere ad enti appositi, per utilizzare il termine “pizza napoletana”. Le pizze congelate, ad esempio, già non possono fregiarsi di questo nome. Il Regolamento di esecuzione Ue 2022/2313 identifica i casi in cui sarà possibile utilizzare la dicitura “Pizza Napoletana Secondo tradizione garantita (Stg)” sulla base del disciplinare formulato dall'Associazione verace pizza napoletana e dell'Associazione pizzaiuoli napoletani. Le materie prime di base che caratterizzano questo piatto dal successo ormai internazionale sono: "farina di grano tenero, lievito di birra, acqua naturale potabile, pomodori pelati e/o pomodorini freschi, sale marino o sale da cucina, olio d’oliva extravergine". Altri ingredienti che possono rientrare nella lista sono: aglio e origano, Mozzarella di Bufala Campana Dop, basilico fresco e Mozzarella Stg. Non sono però solo gli ingredienti a identificare il prodotto.

Forma e sapore

Il disciplinare indica anche altre caratteristiche come la forma "ondeggiante", il diametro variabile che non deve superare i 35 cm e il bordo rialzato. A questo proposito sono indicate anche le misure del cornicione che può variare tra 1 e 2 centimetri. La parte centrale è quella che dev'essere coperta dalla farcitura. Il disciplinare si sofferma anche su altri aspetti: la pizza dovrà essere morbida, elastica, facilmente piegabile a "libretto", con riferimento alla cosiddetta "pizza a portafoglio" che si può facilmente portare via e mangiare per strada. Quanto al sapore dev'essere "sapido" nell'impasto, mescolato all'acidulo tipico del pomodoro e a quello della mozzarella cotta, mentre l’aroma sarà arricchito dai profumi dell'origano, dell'aglio o del basilico, a seconda della farcitura.

Impasto e cottura

C'è poi la descrizione nel dettaglio delle varie fasi di lavorazione. L’impasto, che "deve essere lavorato nell'impastatrice" con farina, acqua, sale e lievito, "deve presentarsi al tatto non appiccicoso, morbido ed elastico". Quanto alla lievitazione dev'essere di due ore nella prima fase e, dopo la formazione dei panetti, richiede altre 4-6 ore. I panetti potranno poi essere utilizzati entro le sei ore successive. Quanto alla cottura, si chiede al pizzaiolo di utilizzare una pala di legno (o di alluminio), di adoperare esclusivamente i forni a legna, dove si raggiunge una temperatura di cottura di 485 °C e quanto al tempo di cottura non deve superare i 60-90 secondi. Questi elementi sono definititi "essenziali" per ottenere un'autentica "pizza napoletana".

Pilastro dell'economia

Oltre ad essere un prezioso patrimonio immateriale dell’umanità, come ha riconosciuto l'Unesco nel 2017, la pizza è un generatore di guadagni sempre più elevati. In Italia il fatturato ha superato i 15 miliardi di euro, con oltre 100mila addetti (tra pizzaiuoli e camerieri) impegnati nel settore a tempo pieno, ma nel weekend si raggiungono i 200mila lavoratori. Senza contare i produttori di farine, dei forni e i caseifici specializzati nella mozzarella. Otto milioni le pizze sfornate al giorno grazie all’utilizzo di 200 milioni di chili di farina, 225 milioni chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio d'oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.

Tutele distinte

Il nuovo regolamento entrerà in vigore il 18 dicembre e prevede una tutela sul territorio di tutti gli Stati membri, ma non oltre i confini dell'Ue. Qualora la “Pizza Napoletana” non corrisponda al disciplinare di produzione sarà considerato un illecito. In Italia a vigilare sul rispetto del disciplinare dovrebbe provvedere l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi (Icqrf), ma quando abbiamo chiesto loro delucidazioni sulle sanzioni la risposta è stata molto vaga. Il decreto legislativo n. 297/2004 (cui si fa riferimento nel Regolamento in questione) si applica solo alle violazioni in materia di denominazioni  protette, "intendendo per tali le denominazioni di origine (Dop) o le indicazioni geografiche (Ig)" ha precisato l'ispettorato, escludendo quindi la protezione si estenda alla Stg come nel caso della pizza. "Nel caso di violazioni nell’uso delle Stg non sarebbe possibile ricondursi alle attuali previsioni sanzionatorie in materia di indicazioni geografiche" scrive l'Ispettorato ad AgriFood Today. "Ne consegue che, dal punto di vista amministrativo, attualmente, le singole fattispecie dovranno essere valutate caso per caso per ricondurle a precetti e a norme sanzionatorie di carattere generale" precisa l'ufficio.

Sanzioni boomerang

Questo perché la Stg, che prevede solo la tutela relativa alle modalità di produzione, è una forma di tutela più debole rispetto alla Dop e alle Ig, entrambe legate in modo indissolubile anche al luogo di produzione. Questo significa che i parametri identificati sono validi per una pizza a Napoli come a Milano, a Londra o a Praga. Tornando alle sanzioni, entrano in gioco le previsioni del regolamento Ue che riguardano in generale le informazioni ai consumatori, nonché quelle previste in un decreto legislativo del 2017. Le multe comminate potrebbero variare dai 3mila a 14mila euro per chi userà il nome “pizza napoletana” in modo improprio. Come in un effetto boomerang, a doverle pagare potrebbero essere gli stessi piazzaiuoli napoletani, ormai discostatisi dai parametri indicati.

Evoluzione "fuorilegge"

Il disciplinare risale infatti ad una richiesta del 2010 formulata da due associazioni rappresentative della pizza a Napoli, ma che adesso sono in contrasto su alcuni princìpi. Il testo presenta peraltro alcune difformità rispetto alla tradizione seguita da numerose pizzerie, che prevede ad esempio l'utilizzo dell'olio di girasole anziché dell'olio d'oliva e del fiordilatte al posto della mozzarella per la classica Margherita. Nel frattempo la pizza nella stessa Napoli si è trasformata ed 'evoluta', con i pizzaiuoli da una decina d'anni aperti a sperimentare nuove farine, ad utilizzare forni a gas e persino quelli elettrici. L'idratazione degli impasti e la lievitazione sono diventate sempre più spinte, le cotture di conseguenza sono più lunghe e le temperature meno elevate di quelle indicate nel testo approvato dall'Ue. I cornicioni si sono trasformati in "canotti" per ammaliare i clienti su Instagram, superando i 2 centimetri ammessi nel disciplinare.

Se l'Associazione Verace Pizza Napoletana più si è aperta ad accogliere tecniche, gusti e mode esplose negli ultimi anni, l'Associazione Pizzaiuoli Napoletani (Apn) è rimasta più intransigente su alcuni punti. Entrambe sanno però che il disciplinare potrebbe rivoltarsi contro gli stessi associati degli enti promotori. La situazione "rischia di generare un paradosso e cioè che qualunque pizzaiolo d'Europa certificato Stg possa sfornare e servire pizza napoletana mentre quelli Napoletani, non dotati della certificazione, non possano farlo" scrive su Facebook l'Apn, che chiama a raccolta il settore il 19 dicembre all’Hotel Oriente di Napoli per discutere delle prossime mosse da adottare. Seguendo alla lettera il disciplinare si rischia insomma che soprattutto all'ombra del Vesuvio si mangi una pizza napoletana "fuorilegge".

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Perché anche a Napoli la "pizza napoletana" rischia di finire fuorilegge

AgriFoodToday è in caricamento