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Mercoledì, 24 Aprile 2024
La truffa

Così le imprese Ue portano il pesce illegale dall'Africa sulle nostre tavole

L'inchiesta della ong Oceana. Imbarcazione europee operano in Paesi sanzionati da Bruxelles perché privi di regole efficaci per tutelare le risorse marine

Navigavano e pescavano illegalmente con bandiera di Panama o del Cameroon, ma in realtà di proprietà di imprese dell'Unione europea. La truffa sistematica ai danni dei mari e della salute sulle nostre tavole è stata svelata in un report dell'Ong Oceana, che spiega il meccanismo dell'inganno. Le imbarcazioni operanti sotto falsa bandiera recuperavano il pescato in zone dove secondo la stessa Ue si pratica pesca illegale ed eccessiva, e quindi non si potrebbe importare pesce. Delle 41 navi interessate ben 24 sono della Spagna e nessuna italiana.

Cartellini gialli e rossi

Nello specifico, le navi operano sotto la bandiera di Paesi che l'Ue ha ammonito o sanzionato nell'ambito del suo sistema di tutela delle risorse marine. La Commissione europea può identificare, dopo rigorose missioni di accertamento, la mancata collaborazione di Paesi terzi, che non sostengono la lotta contro la pesca illegale ed eccessiva. A quel punto lo Stato terzo viene sanzionato con “cartellino giallo” ed è tenuto a intraprendere riforme sostanziali per colmare le carenze individuate. In seguito, se non vengono attuate le riforme richieste, Bruxelles attribuisce un “cartellino rosso”. Da qui scatta un vero e proprio divieto di importazione in tutta l'Ue di prodotti ittici catturati da navi battenti bandiera del Paese sanzionato. Inoltre vige un divieto per le navi dell'Ue di pescare nelle acque di quel Paese.

False bandiere in voga

Proprio per aggirare quest'ultimo limite le imprese europee hanno deciso di “travestirsi” e pescare sotto falsa bandiera. Panama quella più in voga, con ben 19 imbarcazioni, seguono il Cameroon (14), Ecuador (5), Saint-Vincent & Grenadines (2) e infine Sierra Leone. La truffa è stata condotta da proprietari di diversi Stati membri. Sono le imprese spagnole quelle più avvezze a questo inganno con ben 24 navi. Lettonia, Malta e Cipro sono state individuate con cinque navi a testa, mentre Danimarca e Grecia avevano un'imbarcazione a testa sotto falsa bandiera. È chiaro che questi armatori con sede nell'Ue potrebbero aver tratto ampi vantaggi dalla mancata applicazione della legge vigenti, mettendo in essere attività illegali, generando danni anche a discapito di altre imprese operanti nella legalità.

Database delle imprese di navigazione

Oceana è riuscita ad identificare la reale proprietà delle navi utilizzando il sistema IHS Sea-web. Questo strumento, che fa capo ad un ente privato, fornisce a livello mondiale la numerazione delle navi, delle società e dei proprietari registrati presso l'Organizzazione marittima internazionale (Imo), l'agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di migliorare la sicurezza del trasporto marittimo. Si tratta del più grande database marittimo del settore, che fornisce informazioni dettagliate su navi, compagnie, costruttori, porti, movimenti, impianti. Traccia inoltre incidenti e stato di sicurezza, arrivando fino a sette livelli di proprietà. Nella piattaforma sono registrati oltre 290 mila armatori, 300mila compagnie, 16mila porti, integrando un database fotografico delle navi.

Legami fasulli

Il regolamento sulla pesca Inn (Illegale, non dichiarata e non regolamentata) stabilisce che i cittadini dell'Ue non devono sostenere né praticare queste attività, mentre spetta agli Stati membri adottare i provvedimenti appropriati nei confronti delle imprese inadempienti. Gli operatori illegali spesso prendono di mira aree con controlli deboli sulle risorse marine a livello nazionale o internazionale. Sfruttano quindi delle "bandiere di convenienza", cioè registrano le loro imbarcazioni sotto una bandiera straniera che non ha alcun legame con la nazionalità del proprietario o dell'operatore. Secondo il diritto internazionale deve esistere invece un "legame genuino" tra il peschereccio e il Paese di cui batte la bandiera. E per queste 41 navi non era il caso.

Misure inesistenti o inefficaci

I Paesi del blocco dovrebbero inoltre incoraggiano i propri cittadini a notificare eventuali interessi in pescherecci battenti bandiera non Ue, per poi presentare alla Commissione europea la relativa lista. Tuttavia, un recente studio pubblicato dall'esecutivo europeo rivela che solo sei Stati membri (Austria, Cipro, Estonia, Malta, Portogallo e Spagna) dispongono delle leggi nazionali necessarie per facilitare tali notifiche. Anche le misure messe in atto da queste sei nazioni “diligenti” non sempre risultano efficaci. “Per porre fine a questa inazione, è fondamentale che le informazioni sulla proprietà effettiva dei cittadini dell'Ue di pescherecci extracomunitari siano rese pubbliche” chiede in una nota Oceana, precsnado: “Questa maggiore trasparenza consentirebbe ai gestori della pesca e ai funzionari preposti all'applicazione della legge di determinare chi è legalmente responsabile delle attività illegali e di chi ne trae profitto”.

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