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Venerdì, 29 Marzo 2024
Filiera

I "bastoncini" di merluzzo a rischio: l'impatto della guerra in Ucraina sulla pesca

Stop alle importazioni dalla Russia, mentre in Ucraina è bloccata la trasformazione del salmone norvegese. Nei porti europei intanto vengono buttati i carichi destinati a Kiev

Non solo grano, mais e olio di girasole. Ad essere colpiti dall'invasione russa dell'Ucraina è anche il commercio del pesce, in particolare di merluzzo, granchi, salmone e del pollack, noto anche come merluzzo dell'Alaska. Gli effetti, denunciano le associazioni di categoria, sono già dirompenti sui flussi commerciali da e verso l'Unione europea, ma nei prossimi mesi ne potremmo risentire in maniera ancora più evidente. Al tempo stesso è stata interrotta o fermata la vendita di gamberetti diretti verso i mercati russi.

Pescherecci bloccati nei porti

A incidere sull'operato dei pescatori europei c'è l'esorbitante aumento dei prezzi del carburante, per cui numerose imbarcazioni preferiscono non uscire affatto dai porti. A questa situazione si aggiunge quella legata all'Ucraina, dove le autorità competenti non sono operative a causa del conflitto. I prodotti ittici destinati ai Paesi membri restano quindi bloccati a Kiev, pur essendo conformi agli standard dell'Ue e pronti per essere spediti, essendo privi di documenti di supporto.

Quanto dipendiamo dalla Russia

La forte dipendenza dalla Russia incide su varie specie. Per il merluzzo equivale al 28% dell'approvvigionamento totale dei 27 Stati, incluso quello che passa dalla Cina. Per il pollack dell'Alaska arriva addirittura al 55% con oltre 461 mila tonnellate recuperate, mentre per l'eglefino, altro pesce dalle carni bianche, la dipendenza è pari al 22% totale. Va meglio con il salmone, dato che Mosca contribuisce solo per il 5% ai consumi comunitari.

Boicottaggio

“I dettaglianti europei stanno boicottando i prodotti di origine russa e anche se non è stato (ancora) attuato alcun divieto di commercio alle frontiere dell'Ue, i flussi commerciali con la Russia sono gravemente ostacolati o addirittura impossibili, mentre i pagamenti e le transazioni con i partner russi sono limitati”, scrive in una nota indirizzata alla Commissione europea l'Associazione dei Trasformatori e Commercianti di Pesce (Aipce) in raccordo con la Federazione Europea delle Organizzazioni Nazionali di Importatori ed Esportatori di Pesce (Cep).

Surgelati in crisi

Si tratta di specie che vengono in gran parte assorbite dalle industrie della conservazione, che li vendono sotto forma di prodotti surgelati o li trasformano, commercializzandoli ad esempio sotto forma dei classici bastoncini panati o di polpettine. La mancanza di materia prima, aggravata dall'impossibilità di sostituire sia nel breve che nel lungo termine alcuni prodotti come il pollack dell'Alaska, rischia di bloccare un intero comparto. In alcuni casi la chiusura delle fabbriche sembra imminente, con effetti drammatici sull'occupazione.

Buttati carichi destinati a Kiev

Una situazione paradossale si sta verificando anche nei porti europei, dove arrivano partite di prodotti ittici provenienti da altri continenti e destinati all'Ucraina, ma il cui trasporto non è possibile né verso Kiev, mancando operatori per recuperarli, né verso il mercato europeo, essendo vietato emettere nuovi certificati. In definitiva, sottolineano le associazioni di categoria, il pesce è destinato ad essere rispedito ai Paesi di provenienza o distrutto.

Lavorazione in Ucraina interrotta

Nel frattempo nel Paese invaso dalle forze di Vladimir Putin si è interrotta anche un'altra lavorazione, quella del “ritrattamento” di pesce norvegese, quale merluzzo e salmone, destinato ad essere esportato verso il mercato europeo. Pur essendo esente da dazi, grazie a specifici accordi commerciali, questo flusso si è bloccato con l'inizio del conflitto. In tal caso, l'Aipce-Cep chiede di trasferire la lavorazione nell'Ue, eliminando uno specifico dazio, in modo da creare opportunità di lavoro alternative a quelle ormai perse a Kiev.

Etichette da cambiare

Sull'industria della trasformazione grava anche la drastica riduzione dell'olio di girasole, le cui scorte rischiano di esaurirsi in poche settimane e che comporta tutta una serie di problemi legati all'etichettatura dei prodotti, dovendo inserire nella produzione tipi di grassi differenti. Le industrie chiedono a Bruxelles una maggiore flessibilità sulle disposizioni tariffarie e non tariffarie, consentendo al pesce destinato all'Ucraina di essere rivenduto agli Stati membri, l'avanzamento in accordi di libero scambio e partenariato con Paesi terzi, nonché una semplificazione dei controlli ufficiali. Infine, chiedono esenzioni temporanee all'applicazione della normativa in materia di etichettatura degli alimenti, ad eccezione delle questioni legate alla salute dei consumatori e alla sicurezza alimentare.

Fondi di emergenza Ue

Già a fine marzo Bruxelles aveva risposto con aiuti di Stato temporanei, destinando cifre fino a 35mila euro a tutte le imprese colpite dalla crisi per offrire liquidità e una compensazione per gli elevati prezzi dell'energia. Inoltre era stato approvato un sostegno eccezionale nell'ambito del Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l'acquacoltura (Feamp), mentre ad aprile la Commissione ha adottato una proposta di modifica del Fondo stesso per il periodo di programmazione 2014-2020, prevedendo compensazioni finanziarie per i costi aggiuntivi, per le perdite di reddito e per il magazzinaggio dei prodotti. Inoltre verrebbe sostenuto l'arresto temporaneo delle attività di pesca laddove queste non risultino sicure. Adesso la palla passa al Parlamento, che durante la sessione plenaria di luglio sarà chiamato a votare su questo delicato dossier.

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