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Venerdì, 29 Marzo 2024
A tavola

Costi alle stelle per la crisi, gli Italiani rinunciano al pesce fresco a tavola

Incidono guerra e caos energia, col prezzo del gasolio per le imbarcazioni raddoppiato in un anno. Il Wwf lancia un piano per la piccola pesca nel Mediterraneo per coniugare lavoro e ambiente

Meno pesce sulle tavole degli italiani, che tagliano del 31% gli acquisti di questo importante alimento per risparmiare sulla spesa. La rinuncia deriva dai rincari sulle bollette e sui beni alimentari. Si spende meno per il cibo in generale, ma il pesce ne sta risentendo in modo particolare. I prezzi di questo alimento sono schizzati, visto che i costi per le imbarcazioni da pesca sono praticamente raddoppiati con lo scoppio della guerra.

A certificare questo trend ci sono i dati Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) sul terzo trimestre del 2022. "Il prezzo medio del gasolio per la pesca è praticamente raddoppiato rispetto allo scorso anno costringendo i pescherecci italiani a navigare in perdita o a tagliare le uscite e favorendo le importazioni di pesce straniero", denuncia Coldiretti Impresapesca nel commentare i dati. Fino ad oltre la metà dei costi che le aziende ittiche devono sostenere è rappresentata proprio dal carburante.

La conseguenza è un aumento dei prodotti ittici provenienti dall’estero, che sono aumentati del 27% nei primi sette mesi del 2022. La produzione nazionale di pesce ammonta a circa 180mila tonnellate, mentre le importazioni di pesce fresco e congelato sono di circa 840mila tonnellate l’anno. La confederazione evidenzia anche il peso delle scelte dell’Unione Europea che "hanno portato a una riduzione dell’attività di pesca per il segmento più produttivo della flotta peschereccia nazionale come quello dello strascico a poco più di 120 giorni". Questo blocco, pari ad un terzo delle giornate annue, impedirebbe alle imprese di pesca di raggiungere la soglia della sostenibilità economica.

Sul tema della capacità di coniugare lavoro e tutela ambientale, il Wwf ha lanciato in questi giorni una "Dichiarazione congiunta per il futuro della piccola pesca in Italia". L'organizzazione ambientalista richiede un "impegno collettivo attraverso il quale poter veramente raggiungere una vittoria per l’ambiente e per il settore della piccola pesca nel Mediterraneo", si legge in una nota diramata in occasione della Giornata internazionale della pesca (21 novembre). Questo settore da solo costituisce l’83% delle flotte totali, con circa 127 mila addetti impiegati in tutto il Mediterraneo. Si tratta in prevalenza di attività di origine familiare che sostengono intere comunità.

La dichiarazione emerge da alcune giornate di confronto, durante le quali il Wwf ha riunito pescatori artigianali provenienti da varie regioni italiane, associazioni di categoria, gestori di Aree Marine Protette, ricercatori e ristoratori per discutere del futuro della piccola pesca in Italia. L'obiettivo è di attrarre più giovani in un mestiere antico, ma che rischia di essere abbandonato dalle generazioni future. “Per fare questo sarà importante renderlo più sostenibile ed efficace", si legge nella dichiarazione, che specifica: "Sostenibile affinché possa essere svolto nella piena legalità e rispetto delle risorse ittiche, della stagionalità e dei periodi riproduttivi, efficace perché si possa ridurre la pressione di pesca, passare meno tempo in mare, usare meno attrezzi e guadagnare di più attraverso migliori catture e migliori  vendite”. Per trasformare l'idea in azione, il Wwf chiede di rendere i pescatori artigianali protagonisti del cambiamento, facendoli sedere ai tavoli decisionali per portare nelle discussioni saperi tradizionali e specificità locali.

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