Piscicoltori contro gli stereotipi: il pesce allevato è di qualità
L'associazione italiana che li riunisce: “Abbandonare i vecchi luoghi comuni, la differenza sensoriale e nutrizionale con quello selvaggio è sempre meno significativa”
In Italia i controlli sugli allevamenti di pesci sono tra i più rigorosi al mondo e, grazie alla tracciabilità, in qualsiasi momento si può verificare che cosa hanno mangiato i pesci allevati. A rivendicarlo con una nota è l'Api, associazione piscicoltori italiani, che riunisce oltre 300 imprese del settore attivi sia in acqua interne sia in acque marine salmastre. In acquacoltura, viene sottolineato dall'associazione, l'uso degli antibiotici è molto ridotto, controllato, limitato e mirato soltanto per la terapia di una specifica malattia.
"Bisogna abbandonare i vecchi luoghi comuni perché ormai la differenza sensoriale e nutrizionale tra pesce allevato e selvaggio - ha precisato il direttore di Api Andrea Fabris - è sempre meno significativa e praticamente trascurabile negli allevamenti più all'avanguardia, il prodotto ittico allevato non ha nulla da invidiare a quello pescato ed è più costante, fresco ed igienicamente controllabile". "La possibilità dunque di controllare le diete dell'acquacoltura e la natura delle materie prime utilizzate per produrre i mangimi, ai fini di contenere anche la presenza di micro e nanoplastiche nei pesci allevati destinati alla nostra tavola, è un obiettivo prioritario dell'industria ittica che punta ormai solo alla qualità e alla sostenibilità, piuttosto che alla quantità" ha aggiunto.
Attualmente, in Italia la quantità di pesce allevato è equiparabile a quella del pescato, ma importiamo ancora il 75% dei prodotti ittici. Il fatturato italiano è di 288 milioni di euro. Gli allevatori del nostro Paese vendono spigole e orate quasi solo sul mercato interno, mentre un terzo delle trote è destinato all'estero e, in Austria e in Germania, sono vendute anche vive. Il caviale allevato, invece, è esportato per l'85-90% e vede e l'Italia in posizione di leader nella produzione di caviale in Ue (51 tonnellate), oltre la metà del quale viene da tre imprese della provincia di Brescia.