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Venerdì, 19 Aprile 2024
La sentenza

Eliminati dazi sul riso asiatico: "Coltivazioni italiane a rischio"

La Corte di giustizia Ue ha annullato le tariffe per l'import da Cambogia e Myanmar. Ente risi: "Troppi errori da parte di Bruxelles"

Tempesta asiatica sul riso italiano. Dopo la grave siccità, a turbare i produttori del Belpaese arriva anche una sentenza che riaprirebbe le porte alle importazioni di una tipologia di riso proveniente dalla Cambogia e dalla Birmania/Myanmar. Venduto a prezzi troppo bassi e volumi eccessivi, l'Indica (questo il nome della varietà di riso) può provocare danni ingenti a tutta la filiera. C'è già chi parla di invasione di "riso asiatico", ma ad avvantaggiarsene in molti casi sono gli stessi produttori dell'Unione europea, che acquistano la materia prima a costi irrisori e, dopo averla lavorata e confezionata, la rivendono a un costo iper-competitivo. I danni maggiori li subisco invece gli agricoltori europei, a partire da quelli italiani.

Importazioni eccessive

Il caso inizia nel 2018, quando un'indagine della Commissione europea stabilisce che il riso Indica (lavorato o semilavorato) originario dalla Cambogia o dalla Birmania/Myanmar veniva importato in volumi e a prezzi tali da mettere in gravi difficoltà i produttori dell’Ue. Sulla base di questa constatazione, Bruxelles aveva introdotto un regolamento di esecuzione che istituiva dei dazi sulle importazioni di questo cereale. La norma prevedeva queste "misure di salvaguardia" per un periodo di tre anni con una progressiva riduzione dell’aliquota del dazio.

Il ricorso della Cambogia

Il Regno della Cambogia non ci sta e propone ricorso contro la Commissione, chiedendo l'annullamento della norma che stabiliva i dazi. Il 9 novembre di quest'anno il Tribunale della Corte di giustizia dell’Unione europea ha annullato il regolamento. Secondo l'Ente nazionale risi, che si era presentato come parte in causa a sostegno dell'esecutivo europeo, Bruxelles avrebbe commesso una serie di errori formali, sia nelle definizioni adottate a livello legislativo che negli strumenti di difesa che ha deciso di adottare per convincere la Corte.

Definizioni erronee

Le definizioni di “produttori dell’Unione europea” e di “prodotti simili o direttamente concorrenti” avrebbero dovuto contemplare anche i trasformatori di risone di importazione e potuto comprendere anche i risicoltori, come sostenuto dall'Italia. Nello specifico, il regolamento indicava tra le parti lese di queste importazioni selvagge le "industrie produttrici di riso" che trasformano questo cibo coltivato/prodotto nell’Unione. Contrariamente a quanto richiesto dalla Repubblica italiana, Bruxelles aveva escluso da tale definizione e dalla valutazione dei danni gli agricoltori. Questi ultimi sono considerati, infatti, come semplici "fornitori di materie prime", nonostante anche la loro situazione possa essere fortemente influenzata dalle importazioni di Indica. Il Tribunale ha quindi ritenuto che la Commissione abbia commesso un errore di diritto e un errore di valutazione, limitando in maniera arbitraria l’ambito della sua indagine. I giudici hanno poi evidenziato che Bruxelles avrebbe violato il diritto di difesa dei cambogiani, in quanto non sarebbero stati messi a loro disposizione alcuni dati considerati essenziali per l’adozione della clausola di salvaguardia.

La sotto quotazione

L'altro problema riguarda l’analisi della sotto quotazione del prodotto. Nel regolamento impugnato il governo europeo aveva concluso che la situazione dei produttori dell'Unione si era deteriorata in termini economici, in quanto soggetta a una significativa sotto quotazione dei prezzi di importazione pari a -22% rispetto a quelli del prodotto ottenuto dal risone coltivato nell’Ue. Secondo i giudici, però, Bruxelles non si è basata su prove o indici affidabili e pertinenti. Mancherebbero inoltre elementi di prova del fatto che l'Ue abbia tenuto conto delle differenze commerciali, ad esempio tra i prezzi del riso lavorato sfuso con quelli del prodotto confezionato. L'Ente nazionale risi bacchetta quindi la Commissione per i molteplici e gravi errori commessi, che danneggerebbero gravemente la produzione dello Stivale.

Perdita dei raccolti

La sentenza piomba sulle risaie italiane in un’annata che ha già visto il crollo dei raccolti, in calo del 30% a causa della siccità e del maltempo. In Lombardia, dove si coltiva circa la metà del riso nazionale e dove si concentrano i chicchi da risotto, la Coldiretti stima la perdita di 13mila ettari di risaie. All’emergenza climatica si aggiungono i rincari delle materie prime, con aumenti record per gasolio, concimi e acqua per l'irrigazione, fondamentale per queste colture. "Per salvare le risaie italiane occorre che all’interno del nuovo regolamento sulle preferenze tariffarie generalizzate (Spg), attualmente in discussione a Bruxelles, sia inserito un meccanismo automatico che faccia scattare la clausola di salvaguardia non appena le importazioni oltrepassino il limite percentuale oltre il quale si generano effetti negativi sui produttori Made in Italy" chiede la Coldiretti. "Serve anche estendere al riso la revoca delle agevolazioni tariffarie per quei Paesi che non rispettano i diritti umani, del lavoro, sul buon governo e sull'ambiente" conclude la federazione. Il riferimento è all’accusa di violazione dei diritti umani e di “genocidio intenzionale” peri i crimini commessi dalla Birmania/Myanmar contro la minoranza musulmana dei Rohingya.

Interrogazione alla Commissione

Di sentenza "inaccettabile", ha parlato l'eurodeputato Angelo Ciocca, membro della commissione Agri dell'Assemblea comunitaria, che ha annunciato un'interrogazione alla Commissione europea in materia. L'addio ai dazi a suo avviso creerà "un danno per tutta la filiera agroalimentare ed una vera e propria invasione che andrà a pesare ulteriormente sui nostri risicoltori e agricoltori italiani, già duramente colpiti dall’inflazione derivante dalla guerra e dalla crisi energetica e idrica di quest’ultimi mesi". Se non si potranno reintrodurre i dazi, chiede l'esponente del carrocci, dovrebbe almeno essere "istituita una clausola di salvaguardia all’interno del regolamento sul Sistema delle preferenze tariffarie generalizzate (Spg) attualmente in discussione a Bruxelles per difendere il nostro Made in Italy e le nostre produzioni".

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