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Sabato, 20 Aprile 2024
Tra abitudini e innovazione

Gli italiani consumano sempre più riso rosso e nero

Vantiamo oltre 150 varietà ma appena 25 coprono quasi l'80% del mercato. Mentre cambiano le preferenze negli acquisti, le rese sono in calo a causa della siccità

Calo nella produzione, soprattutto di alcune varietà, e siccità in agguato che potrebbe compromettere ulteriormente le colture. Il quadro sulla situazione del riso italiano è positivo, ma alcuni dati destano preoccupazione. Le cifre sono state snocciolate nel corso di una presentazione sullo stato dell'arte di questa coltivazione di cui l'Italia è leader nell'area EuroMediterranea e organizzata dal Crea, il più importante ente italiano di ricerca sull’agroalimentare. Ad emergere, oltre alle questioni più strettamente agricole, sono pure le tendenze dei consumatori, da un lato "affezionati" a determinate varietà, che assorbono gran parte del mercato, dall'altro sempre più orientati ad acquisti mirati, come  i risi rossi e neri, nonché quelli biologici. Scelte che influiscono chiaramente su quelle dei coltivatori, che stanno dedicando superfici maggiori a queste tipologie.

Coltivazione chiave

Le tonnellate certificate di sementi di riso sono state circa 42.778. Oltre 7.500 le tonnellate esportate sia in Paesi comunitari che extracomunitari, in particolare quelli dell'area del Mediterraneo. Insieme a pasta, olio e formaggi, anche il riso viene riconosciuto come un'eccellenza del made in Italy, nonostante la concorrenza spietata dei risi asiatici. Per quanto riguarda le superfici destinate alla risicoltura, nella campagna 2022-2023 sono stati raggiunti gli 11.474 ettari, di questi però il 15% (quasi 2000 ettari) non sono risultati idonei a produrre sementi per una serie di motivi, dalle malattie alla siccità. Le variazioni dipendono molto dalle tipologie di riso, con fluttuazioni che indicano le nuove tendenze alimentari. È stato rilevato ad esempio un calo pari all'8% della produzione di tipi tondi e un leggero calo nella tipologia Lungo A da interno, il cosiddetto Parboiled.

Oli essenziali

Secondo gli esperti va salutata con favore la capacità germinativa dei semi, reputata "ottima", e che dovrebbe quindi essere in grado di soddisfare le richieste degli agricoltori e del mercato. Tra le attività di ricerca del Crea ci sono quelle relative al contenimento delle "necrosi del germinello", cioè una serie di alterazioni del germinello del riso causate da molti organismi, che possono causare lesioni, marciumi o perfino la morte delle giovani piante infette. Per ovviare al problema sono stati impiegati oli essenziali, che sono risultati essere una valida alternativa all'unico prodotto chimico attualmente utilizzabile, riducendo l'infezione. Una notizia positiva per tutti i risicoltori, non solo per chi coltiva in regime biologico.

Varietà certificate

Durante l’incontro, destinato a tutta la filiera risicola, dagli agricoltori ai moltiplicatori di sementi, dall'industria ai tecnici fino agli sperimentatori, sono stati approfonditi alcuni aspetti relativi alla nuova Politica agricola comune. "Il riso per scelta non è entrato nel sistema degli eco-schemi, vedendo quello che sta succedendo è stata forse una fortuna", ha dichiarato Paolo Carrà, presidente dell'Ente nazionale risi, proseguendo: "Si è aggiudicato invece un importante aiuto accoppiato, che dal 2024 vedrà l'obbligo dell'utilizzo delle sementi certificate". Carrà ha evidenziato che tale obbligo ha suscitato allarme tra alcuni agricoltori, ricordando poi che il settore utilizza già oggi per l'80% sementi certificate, "ma lo fa in un'ottica di libero mercato e di libera scelta". Le varietà iscritte al registro italiano sono 109, mentre solo 27 sono iscritte nel registro dell'Unione europea. Una decina è in via di iscrizione ed una in stato di conservazione. "Sul totale delle 159 varietà iscritte o in via di iscrizione, in funzione della superficie possiamo vedere che il 78% del mercato è in realtà coperto da appena 25 varietà. Di queste appena tre occupano tra i 500 e i 1000 ettari", ha sintetizzato Luigi Tamborini, ricercatore del dipartimento Difesa e certificazione del Crea.

Danni da siccità

A farla da padrone a livello regionale resta il Piemonte con oltre 5.600 ettari coltivati, altri 3000 circa in Lombardia, 900 quelli dedicati dalla Sardegna, marginale invece il contributo del Veneto così come di altre regioni, almeno in termini di superfici. Luigi Tamborini, esperto del Crea, ha sottolineato come a livello provinciale ci sia stata una decisa crescita della produzione nell'area di Vercelli, mentre restano stabili altre zone come quella di Novara ed Oristano. I dati che preoccupano maggiormente riguardano la siccità. Quasi 8000 ettari persi per la coltivazione di riso destinata al consumo, mentre circa 500 ettari sono stati ritenuti non idonei dagli esperti del Crea tra quelli destinati a produrre sementi. Una situazione grave concentrata soprattutto nella Valle del Po, ma non solo, che se dovesse peggiorare metterebbe a rischio il lavoro di circa diecimila persone, tra imprenditori e lavoratori del settore.

Tra abitudini e innovazioni

Tra le tipologie di riso il gruppo tondo è quello che va per la maggiore, con circa il 30% di coltivazioni, ma in leggera flessione rispetto alla campagna precedente, mentre va notata una decrescita netta del parboiled, sceso sotto il 20%. Il tipo tondo riunisce diverse varietà classiche e ne raccoglie anche di nuove, come l'Enea, resistente ai diserbanti, che conquista circa 182 ettari. Stabile invece l'ormai celebre Vialone nano, che viene prodotto su circa 157 ettari. Nel tipo lungo si confermano le varietà Ronaldo, Opale e la nuova Leonardo, che conquista ben 185 ettari, superando le atre due. In caduta libera invece le varietà Cammeo e Baldo, una vecchia varietà considerata ideale per le minestre, quest'ultimo con appena 36 ettari. Tengono bene il Carnaroli (371 ettari) ed il Caravaggio (289). Quasi 3mila ettari coltivati invece con riso nero e rosso, divisi tra 24 varietà, con un incremento netto rispetto alle ultime tre campagne di coltivazione. Nel 2020/2021 le superfici dedicate a queste tipologie erano ferme a 1175 ettari.

Le deroghe nel biologico

Incerte invece le stime per le coltivazioni biologiche, per le quali o bisogna avere sementi biologiche, oppure si rendono necessarie apposite deroghe. In precedenza queste venivano rilasciate dal Crea, mentre dal febbraio 2019 basta accedere ad un programma automatico online offerto dal Sian (Sistema informativo agricolo nazionale). Secondo Tamborini i circa 30mila quintali richiesti in deroga non corrisponderebbero alle superfici di riso biologico pubblicate dall'Ente risi pari a circa 11mila ettari. Questa mancata corrispondenza tra terreni biologici e produzione deriverebbe da una falla del sistema. "L'agricoltore che vuole chiedere le deroghe si collega al sito e chiede delle deroghe in funzione di quello che lui immagina coltivare, poi va sul mercato per comprare il seme e, se quelle varietà non ci sono o non sono disponibili, ritorna sul sito e chiede ulteriori deroghe, ma quelle di prima non vengono cancellate", ha spiegato l'esperto. Le richieste di deroga risultano quindi decisamente superiori rispetto alla superficie effettivamente coltivata. Una discrepanza che, sottolinea Tamborini, non provoca danni ma resta centrale l'elemento di dare agli agricoltori la possibilità di chiedere le deroghe in modo corretto.

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