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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Agrivoltaico: cos'è e come potrebbe aiutare l'Italia a ridurre la dipendenza dal gas russo

I pannelli sono installati in modo da convivere con coltivazioni e pascoli. Nel nostro Paese potrebbero essere sfruttati circa 50-70 mila ettari, ma c'è il rischio di speculazioni

In un periodo in cui la discussione sulla svolta energetica si fa sempre più pressante per l'Italia, al fine anche di spezzare il giogo dal gas russo, si fa sempre più pressante la necessità di potenziare il settore delle rinnovabili. In questo contesto, una svolta importante potrebbe essere legata all'agrivoltaico, noto anche come agri-solare. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato calcolato che il suolo agricolo da destinare all’istallazione di impianti fotovoltaici costituirebbe meno del 2% della superficie agricola italiana non utilizzata. Ma di cosa parliamo quando ci si riferisce all'agrovoltaico? Quali sono le potenzialità e quali i rischi?

Come funziona

Seconda la definizione contenuta in una pubblicazione del 2011, in cui appare per la prima volta il termine agrivoltaico, si tratta di “una combinazione di pannelli solari e colture alimentari sulla stessa unità di terra tesa a massimizzare l'uso del suolo”. I pannelli sono installati in modo tale da permettono comunque la percorribilità del terreno con mezzi meccanici agricoli e il passaggio degli animali per il pascolo. È questo che lo distingue dal fotovoltaico a terra convenzionale. Il terreno mantiene quindi la sua fertilità, potendo passare da un utilizzo agricolo di tipo seminativo a coltivazioni come l' orticoltura, la frutticoltura, il vitivinicolo.

Come funziona all'estero

Secondo i calcoli di Maurizio La Rovere, di Falck Renewables, una società con un’esperienza consolidata nell’agrivoltaico che opera in 40 Paesi, destinando l’1% della superficie agricola europea alla generazione di energia elettrica si raggiungerebbero 900 gigawatt. Ad ottobre 2021, nel corso di un incontro tra imprese, università e aziende agricole in Veneto, La Rovere ha spiegato che gli allevamenti ovini sono un tipico esempio di sinergia, molto diffuso in Francia. Sempre nei territori d'oltralpe “2megawatt sono installati su tettoie che ospitano piante da frutto, dove si è osservato risparmio di acqua per irrigazione del 70%. Con un impianto più piccolo da 100kw su un vigneto, si è osservato l’aumento produzione del 20%”. Andando fuori dai confini europei, in Cina, un mega impianto da 700megawatt è stato installato nel deserto del Gobi, producendo lamponi e bacche grazie all’ombra dei pannelli. In Italia, la Falck Renwables ha realizzato il cosiddetto “oliveto integrato”, fatto di olivi nani piantati nel foggiano e in Basilicata. A Scicli, in Sicilia, un impianto di 10megawatt convive con piante officinali e apicoltura coltivati su 20 ettari.

Novità tecniche e potenziale

A novembre 2021 EF Solare Italia, primo operatore di fotovoltaico in Italia controllato al 70% da F2i e partecipato al 30% dal ramo assicurativo della banca Crédit Agricole, ha presentato un nuovo modello di agro-fotovoltaico "a consumo di terreno nullo". Il prototipo, spiega una nota, è composto da strutture ad inseguimento solare che sono infisse al suolo senza l'utilizzo di fondazioni in cemento. Questo aspetto garantisce la completa reversibilità dell'installazione. A riporre particolare fiducia in questo modello alternativo di convivenza c'è Confagricoltura, che punta soprattutto sull'adesione dei giovani imprenditori agricoli. “Siamo in attesa di un bando dedicato appositamente a fabbricati rurali con 1,1 miliardi di risorse da utilizzare nella programmazione del Pnrr, che definirà criteri e misure da destinare a singoli interventi”, ha dichiarato Roberta Papili, responsabile Clima ed energia della confederazione, nel corso di un convegno organizzato a Fieragricola lo scorso 3 marzo. Nello stesso contesto, Massimo Sorrentino, responsabile dello sviluppo commerciale per Enel X, ha sottolineato l'importanza delle comunità energetiche, “che consentono di aggregare diversi soggetti, produttori e consumatori, in un ecosistema che permette una condivisione sia dei benefici ambientali che di quelli economici e sociali”.

I rischi

Secondo le stime di Legambiente, Greenpeace, Italia solare e Wwf, per raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Green Deal occorrono 80gigawatt di installazioni totali. In ambito agricolo, andrebbero sfruttati circa 50-70.000 ettari di terreni, pari allo 0,4-0,6% della superficie agricola utile. Nonostante si tratti di cifre ridotte, alcuni agricoltori e associazioni di categoria nei mesi scorsi hanno sollevato perplessità richiamandosi, tra le altre cose, alla questione del consumo di suolo. “Quando sono le multinazionali, in particolare degli idrocarburi, a chiedere questi impianti (in uno del Polesine c’è la Shell), consentitemi di essere attento a cosa entra nel mio territorio” ha dichiarato Carlo Salvan, vicepresidente di Coldiretti Veneto. Anche Legambiente ha sottolineato che questi impianti debbano essere autorizzati a fronte di esigenze giustificate, altrimenti finiranno col nascondere forti speculazioni o fenomeni di greenwashing. Il rischio è di vedere deregolamentata l’impiantistica di grandi dimensioni a vantaggio delle grandi compagnie internazionali. La produzione di energia, secondo l'associazione ambientalista, può rappresentare un aiuto concreto per gli agricoltori, solo se non si crea competizione tra lo spazio per la produzione di cibo con quello per la produzione energetica.

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