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Giovedì, 25 Aprile 2024
Innovazione

Sul cibo gli italiani si fidano soprattutto delle imprese 'tradizionali', ma pensano serva innovazione

L'agroalimentare delle piccole aziende rassicura i consumatori, ma i cambiamenti climatici impongono un'evoluzione dei metodi di coltura e allevamento, che possono essere sostenibili

Sull'alimentazione gli italiani sono conservatori e amanti dei cibi tradizionali, ma di fronte ai grandi cambiamenti del pianeta pensano che anche in agricoltura serva innovazione. Sono alcuni dei risultati di uno studio di Nomisma-Agrifood Monitor realizzato in partnership con Crif, secondo cui per il 45% degli italiani, i prodotti agroalimentari derivanti da aziende 'tradizionali' vengono percepiti - a prescindere dall’effettivo consumo - di qualità superiore rispetto a quelli delle aziende più avanzate dal punto di vista tecnologico. Ma a fronte di un futuro condizionato dai cambiamenti climatici e dalla necessità di attività produttive più sostenibili il 54% dei consumatori reputa necessario un cambio di rotta per gli agricoltori italiani, attraverso investimenti in innovazione che permettano di affrontare la doppia sfida della competitività e sostenibilità.

I tradizionalisti

Certo, prosegue lo studio, “non mancano gli irriducibili, quelli disposti a pagare di più pur di continuare ad avere prodotti da contadini meno avvezzi alla tecnologia (18%), così come un 13% si dice pronto a cambiare la propria dieta introducendo alimenti 'alternativi' (come gli insetti o le alghe), un 5% disponibile a consumare cibi creati in laboratorio e un rimanente 10% indifferente all’origine territoriale e incline ad acquistare prodotti stranieri (della serie Franza o Spagna)". Il consumatore è sovrano, sottolinea ancora il report, ma la stessa survey ha evidenziato come molte convinzioni - rivelatesi errate - da parte degli italiani sulle innovazioni in agricoltura derivano da una scarsa conoscenza, tanto da venire 'ribaltate' una volta spiegate le funzioni di tali miglioramenti tecnologici, soprattutto se inquadrate nello scenario evolutivo verso il quale stiamo andando. Uno scenario futuro contraddistinto dalla 'scarsità': di cibo (entro il 2050 ne occorrerà tra il 60% e 70% in più di quello attualmente prodotto per soddisfare la domanda alimentare mondiale), di acqua e di terra (sempre nel 2050 ogni essere umano avrà a disposizione 0,1 ettari di superficie coltivabile contro i 0,4 ettari del 1960) e in un contesto di clima 'impazzito' (negli ultimi quarant’anni, il numero di disastri naturali nel mondo è più che triplicato).

Green deal

È anche da questa preoccupante visione che la Commissione europea è partita con il lancio del Green Deal, un piano d’azione che dovrebbe portare l’Ue entro il 2050 alla neutralità climatica (zero emissioni nette di gas a effetto serra) e che, con le sottostanti strategie 'From Farm to Fork' e 'Biodiversity' individua ambiziosi obiettivi che andranno ad incidere sensibilmente sulle attività agricole ed alimentari.“Gli scenari della scarsità alimentare, delle risorse naturali e dei cambiamenti climatici ci sembrano fantascienza ma in realtà ci riguardano da vicino, soprattutto per le implicazioni che generano sul mercato dei prodotti agricoli e sul quadro di regolamentazione del settore”, ha dichiarato Denis Pantini, responsabile Agroalimentare di Nomisma, secondo cui “non dobbiamo dimenticarci del fatto che, per molte derrate primarie, l’Italia non è auto-sufficiente - negli ultimi dieci anni il nostro import agricolo è cresciuto del 55% - e che la tenuta socioeconomica dei nostri territori è legata ad una filiera, come quella Agroalimentare, che negli stessi anni ha aumentato il proprio posizionamento internazionale grazie ad una crescita dell’80% nell’export dei propri prodotti”. Se quindi non si può prescindere da competitività e produttività, al tempo stesso non possiamo esimerci dall’essere sostenibili. Anche perché la stessa Unione europea ce lo impone. Come fare? Innovando, vale a dire introducendo innovazioni tecnologiche in grado di rispondere al duplice obiettivo di una “competitività sostenibile”.

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