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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Energia e crisi

Come creare energia con gli scarti agricoli (e risparmiare sulla bolletta)

Due studi del Crea mostrano le modalità per sfruttare potature, paglie e residui delle coltivazioni. E dare vita al pellet del futuro abbattendo le emissioni di CO2

La strada per risparmiare sulle bollette e ottenere energia pulita potrebbe passare dai rifiuti. Secondo il Consiglio per la ricerca in agricoltura del governo (Crea) bisogna guardare con attenzione alle possibilità offerte dagli scarti agricoli, i cui elementi potrebbero costituire una fonte energetica fondamentale e in grado di aiutare a sviluppare filiere energetiche locali. Il vantaggio principale sta nella fornitura di materiale energetico proveniente da produzioni alimentari, senza dover impiegare terreni appositi, né richiedere ulteriori emissioni di anidride carbonica. La scienza sta valutando la possibilità di inserire questo materiale nei meccanismi di produzione del pellet, migliorandone le qualità e al fine di introdurlo nella filiera commerciale.

In Italia le ricerche sulle biomasse per energia risalgono ai primi anni 2000. Presso il Crea diversi gruppi di ricerca hanno lavorato sulla valutazione di specie arboree ed erbacee dalle rese elevate, nonché sullo sviluppo della meccanizzazione delle potature. Con la guerra in Ucraina e la difficoltà di rifornimenti energetici indipendenti dal gas russo, si rende ancora più urgente capire come rivalutare ciò che prima era considerato ‘scarto’ agricolo. Parliamo in particolare di potature, paglie e residui della lavorazione di prodotti agricoli, come ad esempio gusci e noccioli da sfruttare come fonte energetica.

Di norma, nonostante i divieti, questo materiale viene eliminato attraverso la combustione diretta a cielo aperto. I motivi per cui queste potenziali fonti di energia ancora non siano state utilizzate appieno sono diversi. In primo luogo incide la difficoltà di programmare e recuperare le forniture presso gli agricoltori. Altro ostacolo deriva dalle caratteristiche disomogenee (e poco performanti) del materiale. Questa è la ragione per cui gli alcuni scarti agricoli rimangono spesso solo una fonte ‘domestica’ di energia, faticando ad entrare nel circuito delle grandi forniture. Due ricerche del Crea hanno però dimostrato che questi materiali potrebbero essere assumere un ruolo centrale nello sviluppo di filiere energetiche locali.

In particolare gli studiosi hanno concentrato le ricerche sui noccioleti, sia quelli in Piemonte impegnati a rifornire soprattutto le vicine aziende Ferrero e Novi, con la varietà di nocciola ‘Tonda Gentile delle Langhe’, sia quelli presente nel Viterbese. Ad incidere sui quantitativi estratti dalla potatura concorrono vari fattori: età del noccioleto, spaziatura tra le piante e soprattutto il metodo di potatura, se manuale o meccanica. La prima risulta più precisa, soprattutto se effettuata da personale specializzato, mentre la seconda è meno costosa e più rapida.

Nei casi migliori, si sono riuscite ad ottenere tra le 6 e le 8,2 tonnellate di legna per ettaro, mentre la media è stata di 4,2 tonnellate. Con la potatura manuale, asportando intere branche, i quantitativi sono stati più alti. D'altra parte il taglio meccanico facilita la raccolta del materiale da parte delle macchine imballatrici, dato che fornisce rami più corti e uniformi. I macchinari migliori si sono rivelati quelli in grado di produrre balle di piccole dimensioni (di circa 20 o 30 kg), più facili da movimentare a mano.

Grazie a processi di essiccazione e raffinazione tramite un trituratore, gli scienziati hanno verificato che il pellet ottenuto dai noccioli dopo questo procedimento aveva una quantità di umidità molto bassa (11%) rispetto a quella media del 46,2% dello stesso legno non trattato, rendendolo particolarmente adatto alla combustione. Per poter essere commercializzato, il pellet deve presentare precise caratteristiche definite dalle normative vigenti e dalla classificazione dei biocombustibili solidi.

Il pellet ottenuto dai noccioli, oltre a offrire una qualità migliorata rispetto al legno normalmente proveniente da potatura, rispondeva a tutti i requisiti previsti per la classe A1, fatta eccezione che per il contenuto di ceneri e per la massa di volume. Secondo i ricercatori queste problematiche sono facilmente risolvibili miscelando gli scarti di noccioleti con legno di altre specie.

Va ricordato che le monocolture intensive dei noccioleti si sono espanse in molte regioni italiane a causa della domanda crescente da parte delle multinazionali dell'agroalimentare. Sono perciò sorti dubbi in questi anni sulla sostenibilità ambientale ed economica di queste coltivazioni. In particolare, impedirebbero lo sviluppo di filiere locali e la necessaria varietà di colture che i suoli necessitano per una fertilità duratura.

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