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Venerdì, 19 Aprile 2024
Innovazione

Dall'acqua allo spazio: nelle serre si coltiva il futuro dell'agricoltura (sull'esempio olandese)

Grazie a questi impianti, i Paesi Bassi sono diventati il secondo esportatore globale di cibo in termini di valore. C'è chi vede in essi una soluzione per migliorare la sostenibilità del settore e combattere la fame nel mondo. E l'Italia?

Durante gli ultimi mesi dell'occupazione nazista nel 1945, quasi 20mila persone nei Paesi bassi morirono di fame. Quell'inverno, passato alla Storia come "l'inverno della fame olandese", diede un grande insegnamento all'agricoltura locale: le risorse naturali non sono scontate, e lo spreco va combattuto. Un insegnamento che ha spinto a modernizzare la gestione del territorio e dei campi, fino a trovare, soprattutto nel passaggio al nuovo Millennio, una chiave di volta che ha reso un Paese grande quanto Lombardia e Veneto messe insieme il secondo esportatore mondiale di cibo in termini di valore, secondo solo agli Stati Uniti, che ha 270 volte la sua massa continentale. La chiave di volta si chiama "serra".

Il modello olandese

Al grido di battaglia "il doppio del cibo utilizzando la metà delle risorse", l'Olanda ha saputo costruire una produzione agricola capace di ridurre la dipendenza dall'acqua per le colture chiave fino al 90%, eliminando tra l'altro l'uso di pesticidi chimici sulle piante. Un modello che si sposa alla perfezione con la nuova strategia della Commissione Ue "Farm to fork". Uno studio dell'Istituto di ricerca Wageningen (Wur) ha rilevato che i vantaggi della coltivazione di ortaggi in serra rispetto a quella all'aperto si riscontrano in una qualità del prodotto per lo più migliore con maggiori efficienze nell'uso di input di acqua, nutrienti e agenti di protezione delle colture. Inoltre, la coltivazione in serra dipende meno dal fattore climatico e garantisce la consegna dei prodotti nel tempo. 

Uso sostenibile delle risorse

"Nella maggior parte dei casi, le piante non vengono coltivate nel suolo, ma in un substrato (come la lana di roccia) in cui viene fornita l'acqua dei nutrienti", spiega il dottor Leo Marcelis del Wur a Forbes. “Nelle serre l'acqua e i nutrienti in eccesso vengono raccolti e riutilizzati. Ciò impedisce la fuoriuscita di acqua e sostanze nutritive nel terreno o nelle acque superficiali. Nella coltivazione all'aperto su suolo sono necessari molta più acqua e sostanze nutritive e le sostanze nutritive (come azoto, fosforo) fuoriescono, inquinando le acque sotterranee e superficiali. Inoltre, in quest'acqua fuoriuscita, potrebbero esserci sostanze chimiche come agenti di protezione delle colture", aggiunge.

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Neutralità climatica

Entro il 2040, gli orticoltori olandesi sperano di diventare neutrali dal punto di vista climatico. Lo faranno attraverso diversi mezzi, spiega Jordan Strickler in un articolo su Forbes, "controllando l'energia e l'umidità utilizzate dalle serre; utilizzando fonti di calore già collaudate come il calore geotermico e solare; intensificando la raccolta; con una irrigazione più efficiente; prevenendo patologie portate da insetti attraverso l'uso di disinfestanti biologici come tripidi, mosche bianche e pidocchi delle piante, e le finestre intelligenti che consentono al vetro di isolare il raccolto in inverno e rinfrescarlo in estate". Una mano a rendere ancora più efficienti le serre (almeno sotto il punto di vista strettamente produttivo) la stanno dando le innovazioni digitali e dell'automazione, come i robot addetti alla raccolta. 

Sfamare il Pianeta

"Grazie alle innovazioni tecniche, possiamo generare un raccolto più ampio utilizzando le stesse risorse (dell'agricoltura standard)", afferma Frank Kempkes, ricercatore di energia e clima a effetto serra presso il WUR. Un obiettivo che aggiunge, oltre alla sfida ambientale, anche quella della fame, che gli olandesi hanno conosciuto bene quasi un secolo fa: secondo diversi studi e la Fao, entro il 2050 il Pianeta avrà bisogno del 70% in più di cibo. Servirebbero due Pianeti grandi come la terra per avere abbastanza terra e acqua dolce per produrre questo cibo. Quello in cui viviamo oggi ha un terriccio sempre più degradato e riserve idriche sempre meno generose.

La situazione in Italia

Ecco perché la Commissione europea ha inserito l'innovazione del settore delle serre tra quelle strategiche per garantire la sicurezza dell'approvviggionamento alimentare e la transizione ecologica nel Vecchio Continente. Insieme all'Olanda, anche la Spagna, con le sue mega serre come quelle di Almeria, sta puntando con forza su questo tipo di tecnologie. E l'Italia? Stando ai dati più recenti, nonostante gli investimenti in ricerca e sviluppo, il 70% del parco serre del Belpaese ha ancora un livello tecnologico medio-basso. 


 

“Sono circa 10mila ettari le serre in vetro, quelle più tecnologiche per intendersi e prevalentemente destinate a ortaggi a ciclo lungo oppure a fiori ornamentali - dice Stefania De Pascale, professoressa ordinaria di Orticoltura e Floricoltura all’Università Federico II di Napoli - Altri 42mila ettari, invece, sono di serre in plastica. Se poi prendiamo in considerazione anche gli impianti coperti, ad esempio con agrotessili, dobbiamo aggiungere altri 40mila ettari, mentre di piccoli tunnel usati ad esempio per gli anticipi di trapianto se ne contano circa 80mila. La stragrande maggioranza delle serre ha un livello tecnologico medio e medio basso. Per l’Italia servirebbe una via all’innovazione della serricoltura che sia adeguata alle esigenze del territorio e del tessuto produttivo. Che tenga conto delle caratteristiche pedoclimatiche della penisola e che sia sostenibile non solo da un punto di vista ambientale ma anche economico per gli agricoltori”.  “Il costo dell’innovazione – prosegue De Pascale - non è poi così elevato. Di innovazioni a portata di mano ce ne sono tante sul mercato ma spesso non arrivano in campo". 

I casi di successo

E quali sono queste innovazioni a portata di mano? Un caso di successo è senza dubbio quello di Sfera Agricola a Gavorrano (Grosseto) in Toscana: qui sorge un parco da 13 ettari che rappresenta "la serra idroponica più grande e più avanzata d'Italia, oltre a essere la più estesa del Sud Europa", scrive La Stampa. Ortaggi come pomodori, cavoli e basilico vengono consumati senza consumare il suolo e senza l'uso di pesticidi.

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Guardando al futuro, c'è il progetto lanciato in Veneto dall'Enea e ribattezzato Ri-Genera, il cui obiettivo è trasformare strutture abbandonate come capannoni industriali o vecchie caserme in serre verticali a coltivazione idroponica. Si tratta del sistema “Arkeofarm”, creato da Enea in collaborazione con Idromeccanica Lucchini, che consiste in un impianto per coltivazioni orticole intensive sviluppato su più piani verticalmente. “Nella serra sono impiegate tecniche idroponiche avanzate in ambiente chiuso e climatizzato, con illuminazione artificiale integrale a led che può essere ad altissima automazione grazie a sistemi robotizzati per tutte le operazioni, dalla semina alla raccolta fino al confezionamento”, spiega la ricercatrice Enea Gabriella Funaro.

Sempre l'Enea ha sviluppato un prototipo di orto hi-tech per coltivare micro-verdure sulla Luna e in ambienti estremi come quelli polari. Questo orto è allestito all’interno di una speciale ‘serra igloo’ progettata per resistere a temperature molto basse e, per l'appunto, anche a missioni spaziali. Il progetto di chiama V-GELM (Virtual Greenhouse Experimental Lunar Module) ed è stato selezionato tra i migliori progetti del genere dall’Esa, l'agenzia spaziale europea. 

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