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Venerdì, 29 Marzo 2024
Lavoro

La 'verità' della grande distribuzione: "Noi poveri, no a plastic tax e chiusure domenicali"

I leader italiani della distribuzione se la prendono contro chi li definisce i 'cattivi' della filiera agroalimentare: "Incassiamo solo l'11,7% degli utili, l'industria ne fa il quadruplo". E attaccano il governo

Sono da sempre descritti come i potenti della filiera agroalimentare, quelli che sfruttano il lavoro di agricoltori e industrie di trasformazione per realizzare business da capogiro a danno degli anelli più deboli della catena. Una visione che per i giganti della grande distribuzione italiana equivale a una fake news: il settore è "povero" se confrontato con quelli che definiscono i veri padroni della filiera, ossia le imprese agroalimentari. 

"La filiera agroalimentare in Italia produce poco utile per i suoi azionisti diretti e la ripartizione di questo utile è dominata dall'industria, con una quota in crescita significativa negli ultimi sei anni", dice l'amministratore delegato di Conad, Francesco Pugliese, presentando un rapporto di The European House Ambrosetti. Lo studio parte da un dato: ogni 100 euro di utile prodotto lungo tutta la filiera agroalimentare italiana, solo il 5,1% arriva ai suoi operatori (nella quota non sono compresi fornitori, personale e packaging, che coprono oltre il 70% degli utili). Di questa quota, poi, la parte del leone la fanno le industrie alimentari, che si accaparrano il 43,1%. Il 17,7% va agli agricoltori, il 7,8% alla ristorazione e il 19,6% a grossisti e intermediari. Alla distribuzione resa l'11,8%. "Se faccio creme spalmabili e ho l'85% del mercato di riferimento, chi ha la posizione dominante io o la distribuzione?", domanda polemicamente Pugliese.

Il dito, dunque, è puntato sui big dell'industria agroalimentare, dominata da 57 grandi aziende, in gran parte multinazionali. "Siamo un patrimonio nazionale da coltivare e sviluppare", dicono Pugliese e i colleghi del settore. Anche perché, come illustra il managing partner e ceo di Ambrosetti, Valerio De Molli, "è il settore con la maggiore propensione all'investimento (10,8 miliardi di euro)", dei quali 3,1 miliardi vengono dalla distribuzione. Per questo Molli definisce un "suicidio per la crescita" ogni politica che porti un taglio degli investimenti.

"Negli ultimi anni il livello di investimenti è stato costante, ma ora la prospettiva è complicata perché non c'è una ripresa", aggiunge Claudio Gradara, presidente di Federdistribuzione, che sottolinea l'importanza per i consumi delle aspettative e del clima di fiducia. "Se la manovra vuole essere espansiva, non può pesare sui consumi e sulle fasce più deboli della popolazione", osserva il presidente di Coop Italia, Marco Pedroni, che dice no a imposte come la plastic tax. Sul tema caldo delle aperture domenicali, poi, il messaggio della distribuzione è: nessuna retromarcia dalla liberalizzazioni ma partire dalla proposta condivisa dalle imprese del commercio di chiudere solo i negozi sopra i 400 metri quadri per un massimo di 16 giorni.

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