Migranti in agricoltura, "la sanatoria rischia di trasformarsi in una truffa ai loro danni”
Allarme della Uila: "Caporali e sfruttatori offrono ai lavoratori irregolari contratti fittizi in cambio di diverse migliaia di euro"
Continua a far discutere il piano di regolarizzazione dei lavoratori irregolari di vari settori, tra i quali ci sono anche quelli dell’agricoltura e della zootecnia. La ‘finestra’ aperta dal Governo il primo giugno per uscire dal lavoro in nero, secondo la volontà politica dell’esecutivo, permetterà anche a migliaia di stranieri che vivono e lavorano in Italia senza permesso di soggiorno di emergere dall’illegalità. Una possibilità che, secondo alcuni, porta con sé una serie di rischi non calcolati.
I rischi del piano
Un mese fa la Uila (Unione italiana dei lavoratori agroalimentari, sigla di categoria aderente alla Uil) aveva denunciato il pericolo che “la giusta scelta etica di una sanatoria mirante a far emergere il lavoro irregolare e a dare maggiori tutele sul versante della sicurezza sanitaria, rischiava di trasformarsi in un’occasione di lavoro per i tanti caporali in giacca e cravatta che, come già avvenuto in passato, sarebbero tornati a vendere i permessi di soggiorno ai clandestini”.
I primi risultati del decreto
“Avevamo visto giusto”, spiega oggi Stefano Mantegazza, segretario generale dell’associazione sindacale. “L’iter stabilito dal legislatore per richiedere la regolarizzazione dei lavoratori migranti - prosegue - ha fatto sì che, nella prima settimana di vigenza del decreto, siano state presentate poco meno di 10.000 richieste”. Quello che potrebbe sembrare un buon risultato del decreto, sarebbe invece conseguenza del fatto “che in molte parti d’Italia, a partire da Latina e da Foggia, caporali e sfruttatori di ogni genere si sono fatti avanti offrendo ai lavoratori irregolari contratti di lavoro fittizi - sostiene Mantegazza - necessari per ottenere un permesso di soggiorno, peraltro provvisorio, in cambio di diverse migliaia di euro”.
L'alternativa proposta dal sindacato
“È un’autentica truffa, una vergogna vera e propria che si alimenta dai controlli effettuati a posteriori”, prosegue il sindacalista. La soluzione proposta dalla Uila è invece “che la lotta allo sfruttamento e alla schiavitù in agricoltura debba farsi attraverso la legge 199/2016, fortemente voluta dal sindacato”. Il che permetterebbe, conclude la nota, di affidare “la gestione e il controllo dell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro agli enti bilaterali agricoli territoriali, unico modo per obbligare le aziende a uscire dal nero”.