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Venerdì, 19 Aprile 2024
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"Un terzo degli aiuti Ue per il settore latte in Italia è andato al 3% dei produttori"

L'atto di accusa della Corte dei conti sul regime di sostegni di Bruxelles tra il 2014 e il 2016, quando il comparto fu colpito dalle sanzioni russe: "Interventi rapidi, ma non sufficientemente mirati ai bisogni effettivi degli allevatori"

Gli aiuti Ue ai produttori di latte dopo il divieto d’importazione russo non sono stati sufficientemente mirati. Lo dice una relazione della Corte dei conti europea, che ha analizzato il sostegno di Bruxelles al comparto durante la crisi del periodo 2014-2016 scatenata dalle sanzioni di Mosca. Tra i casi più eclatanti c'è l'Italia: "Una regione montuosa con appena il 3 % della produzione nazionale totale di latte ha ricevuto un terzo dell’intero sostegno nazionale", scrivono i giudici contabili.

La produzione di latte vaccino è il secondo settore agricolo dell’Ue in termini di valore (59,3 miliardi di euro nel 2019) e rappresenta circa il 14 % della produzione agricola. Tra i maggiori produttori di latte dell’Ue si annoverano Paesi quali Germania, Francia, Paesi Bassi, Polonia, Irlanda e l'Italia. Il nostro Paese detiene una quota di poco inferiore all'8% dell'intera produzione Ue. Dal 1984 al 2015, la Commissione europea ha applicato un sistema di quote latte il cui obiettivo era limitare la produzione. Dal 2009, le quote complessive degli Stati membri sono gradualmente aumentate fino all’abolizione del regime nel 2015. 

Le quote erano state ampiamente contestate dai produttori, e in Italia alcuni allevatori avevano ottenuto una sorta di esenzione con il beneplacito dell'allora governo Berlusconi. Una "ribellione" per la quale il Belpaese è stato condannato dalla Corte Ue. Terminato il regime delle quote, però, è arrivato un altro problema da affrontare, quello del blocco delle importazioni di prodotti lattiero-caseari dall'Ue deciso nel 2014 dalla Russia in seguito al braccio di ferro con Bruxelles sull'Ucraina. Il blocco, scrive la Corte dei conti, unito al rallentamento delle esportazioni Ue verso la Cina, ha portato a una "perturbazione che ha colpito il mercato del latte nel periodo 2014‑2016". L’Unione europea "ha adottato ampie misure a sostegno degli agricoltori", ma "non sono stati valutati a sufficienza i bisogni effettivi dei produttori né sufficientemente mirati gli aiuti concessi".

La Pac, la Politica agricola comune (PAC) dell’Ue prevede meccanismi per attenuare gli effetti di tali situazioni, fra cui pagamenti diretti per stabilizzare il reddito degli agricoltori, misure di intervento sul mercato note come la “rete di sicurezza” per sostenere i prezzi assorbendo temporaneamente la produzione eccedente, nonché misure eccezionali per contrastare le perturbazioni del mercato. “La produzione di latte rappresenta una parte significativa del settore agricolo dell’Ue e la Commissione europea, di concerto con gli Stati membri, si è indubbiamente adoperata per sostenere il reddito degli agricoltori durante le perturbazioni del mercato del periodo 2014‑2016”, ha dichiarato Nikolaos Milionis, membro della Corte dei conti europea responsabile della relazione. “Ma in futuro deve essere più preparata a rispondere con maggiore efficienza alle potenziali crisi del settore.”

La Corte conclude che la Commissione europea ha reagito rapidamente al divieto di importazione disposto dalla Russia. La Commissione ha fornito circa 390 milioni di euro di fondi Ue a beneficio dei produttori di tutta l’Unione in cambio di una riduzione volontaria della produzione. Tuttavia, in risposta a prezzi al minimo storico, molti agricoltori avevano già ridotto la produzione prima che queste misure di aiuto fossero attuate. Nonostante l’effetto di stabilizzazione dei redditi esercitato dai pagamenti diretti, la cui incidenza sui redditi delle aziende lattiero-casearie ha raggiunto il 35 % nel 2015 e nel 2016, è possibile che i produttori di latte abbiano avuto problemi di liquidità in seguito a un calo improvviso dei prezzi.

La Commissione ha cercato di trovare una soluzione, ma non ha valutato la portata dei problemi di liquidità delle aziende in questione. La Corte ha constatato che l’assegnazione della dotazione finanziaria è stata stabilita più in base all’ammontare delle risorse disponibili, che ai bisogni effettivi. Gli Stati membri hanno preferito misure eccezionali facili da realizzare e hanno scelto di distribuire i fondi ad un’ampia platea di beneficiari, senza prestare molta attenzione a fornire aiuti mirati. Un esempio è l'Italia. "Le autorità italiane - scrive la Cote dei conti - hanno indirizzato il sostegno agli agricoltori delle zone soggette a vincoli naturali o ad altri vincoli specifici. Sebbene tale criterio tenesse conto di preoccupazioni sociali e ambientali, una regione montuosa con appena il 3 % della produzione nazionale totale di latte ha ricevuto un terzo dell’intero sostegno nazionale, anche se i prezzi del latte nella regione sono rimasti stabili durante la perturbazione del periodo 2014-2016 a causa della natura specifica della produzione locale", segnala Corte.

Per finanziare le misure eccezionali da essa stabilite per il periodo 2014‑2016, la Commissione ha considerato la possibilità di ricorrere alla “riserva per le crisi nel settore agricolo”, ma alla fine non ne ha usufruito. Per essere preparata a crisi future, come quella che potrebbe essere provocata dalla pandemia, la Commissione ha cercato di far tesoro degli insegnamenti tratti. In particolare, per la Pac 2021‑2027, la Commissione ha proposto di rafforzare il ruolo e l’impatto potenziale della riserva per le crisi rendendone l’uso più flessibile. Tuttavia, non ha valutato adeguatamente gli effetti delle disposizioni adottate dagli Stati membri, benché questo possa aiutare considerevolmente a rafforzare la preparazione in caso di future perturbazioni del mercato, secondo la Corte.

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