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Venerdì, 29 Marzo 2024
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La "gallina dalle uova Dop": export italiano di cibi e vini trainato dai marchi d’indicazione geografica

Belpaese leader europeo per prodotti tutelati. Dai “giganti” Prosecco e Grana alla nuova arrivata salsiccia di Picerno. Tutto quello che c’è da sapere sulla #DopEconomy

Supera ormai i 15 miliardi di euro il volume d’affari della #DopEconomy, la filiera di cibi e vini certificati dai bollini di qualità riconosciuti dall’Unione europea. Si va dai famosi Parmigiano Reggiano e Prosciutto di Parma fino alla “neopromossa” salsiccia Lucanica di Picerno, ammessa anche come variante più piccante della classica. Degli oltre 3000 cibi, vini e sup eralcolici nella lista delle indicazioni geografiche europee ben 822 sono italiani. Qualità che si traduce in fatturato sia nella Penisola che all’estero.

“Il consumatore, anche non europeo, è in grado di riconoscere un valore aggiunto a queste indicazioni geografiche”, spiega Micol Bertoni , responsabile per le politiche internazionali dell’Alleanza delle cooperative italiane. Le danno ragione i dati, che vedono gli Stati Uniti come secondo Paese d’esportazione per i prodotti Dop e Igp italiani. Solo i tedeschi spendono più degli americani in formaggi e salumi delle regioni italiane.

Il Rapporto Qualivita-Ismea 2018 quantifica che i prodotti Dop e Igp valgono il 21% delle esportazioni agroalimentari italiane. Nel 2016 l’export di cibi e vini tutelati per la provenienza è cresciuto del 4,7% raggiungendo quota 8,8 miliardi di euro. Chi pensa quindi che stare sul gradino più alto a livello europeo per marchi di qualità sia solo un vanto simbolico si sbaglia di grosso.

“Tale reputazione si traduce in un vantaggio economico, aumentando il valore dei prodotti di indicazione geografica e il loro prezzo”, ha precisato Micol Bertoni nella sua recente presentazione sul modello italiano durante l’annuale EU Agricultural Outlook Conference organizzata a Bruxelles. “Negli ultimi anni abbiamo visto una costante crescita delle esportazioni del vino a denominazione geografica”, ha evidenziato “e anche sui formaggi abbiamo delle eccellenze che ci vengono riconosciute e che tentano anche un po’ di scopiazzare”. 

Il volume d’affari dell’italian sounding, in altre parole del falso Made in Italy, viene stimato dalla Coldiretti nell’ordine dei 100 miliardi l’anno. Micol Bertoni commenta però fiduciosa “provando determinati prodotti, il consumatore attento riesce anche a riconoscerne il valore”. 

Come si è detto, il Belpaese è lo Stato europeo che detiene il più alto numero di marchi Dop (Denominazione d’Origine Protetta), Igp (Indicazione Geografica Protetta) e Stg (Specialità Tradizionale Garantita). La maggior parte delle certificazioni riguardano i vini, 523 tra Dop e Igp. Sono invece 299 le pietanze Dop, Igp e Stg sparse per le venti regioni. Gli italiani dimostrano di fidarsi sempre di più dei prodotti con indicazione geografica, le cui vendite nella grande distribuzione hanno segnato un incoraggiante +6,9% per i cibi e +4,9% per i vini nell’ultimo rapporto Ismea. 

Per volume d’affari alla produzione, il Prosecco è il marchio più prezioso tra i vini Dop e Igp riconosciuti in Italia, con un valore di 631 milioni di euro. Guidano invece la classifica dei cibi con valore di produzione più alto i formaggi Parmigiano Reggiano - con 1,34 miliardi di euro - e Grana Padano (1,29 miliardi), seguiti dal Prosciutto di Parma e dalla Mozzarella di Bufala campana. 

Valore alla produzione non si traduce sempre in volume d’affari al consumo. Il Grana Padano, ad esempio, genera un valore al consumo di 2,91 miliardi di euro, superando lo storico rivale Parmigiano Reggiano, che si deve accontentare, si fa per dire, di 2,33 miliardi di valore al consumo. 

 

“Competere su Paesi terzi è sicuramente più difficile che competere in Europa”, spiega Bertoni prima di passare a un altro tema cruciale, quello della promozione. “Sono necessari degli investimenti e su questo l’Unione europea sta sviluppando delle politiche ad hoc per avere sempre più risorse per aiutare e accompagnare le nostre indicazioni geografiche”, riconosce la Bertoni. 

I risultati iniziano a vedersi in termini di traffico social. Con oltre 500mila fan su Facebook, e 35mila su Instagram, il consorzio del Grana Padano è il Dop più popolare. Guidano invece al classifica dei vini social il Chianti classico - con 165mila fan su Facebook - e il Franciacorta. 

Le regioni del nord Italia sono quelle che traggono maggiori benefici dalla filiera Dop-Igp. Veneto e Emilia-Romagna sono le uniche che riescono a generare un impatto superiore ai 3 miliardi l’anno sul territorio. Seguono Lombardia, Toscana e Piemonte. La Sicilia è la quarta regione per impatto economico dei vini, la Puglia è prima per l’olio d’oliva, mentre la Sardegna è patria indiscussa delle carni fresche Dop e Igp.

Si calcola che quasi 200mila operatori siano coinvolti nella filiera, riuniti nei 275 consorzi organizzati, cuori produttivi ma anche promozionali dei prodotti Dop e Igp. Proprio l’aggregazione tra produttori, secondo la Bertoni, ha dato all’Italia “una capacità di stare sul mercato e di determinare una competitività che non è così scontata in Europa”. 

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