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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Meno grano e più olio di palma. Come la guerra in Ucraina sta cambiando l'alimentazione nell'Ue

La newsletter con le notizie e gli approfondimenti dei giornalisti di AgriFoodToday. Dai campi ai tavoli dell'Unione europea

Ambiente

FRANS TIMMERMANS ATTACCA CHI SPECULA SULLA GUERRA IN UCRAINA PER STOPPARE LA SVOLTA VERDE DELL'UE - "Coloro che non hanno gradito la strategia Farm to Fork dell'Ue usano la guerra in Ucraina come pretesto per cercare di fermarla". Questa la dichiarazione dura e senza appello rilasciata da Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione europea e responsabile del Green Deal, il Patto dell'ambiente varato lo scorso anno dall'Unione europea, in cui rientra anche il piano Farm to fork, studiato per trasformare in modo sostenibile il sistema alimentare europeo. Secondo il commissario, in un contesto messo a soqquadro dall'invasione russa dell'Ucraina, ci sarebbe chi ne approfitta, sia per seminare il panico sui mercati alimentari sia per impedire all'Unione europea di perseguire con successo le ambizioni verdi, che si è preposta per rispondere efficacemente ai cambiamenti climatici. La guerra in Ucraina ha determinato un incremento dei prezzi, sia di materie prime quali mais, grano e oli vegetali, provenienti da Kiev, sia di fertilizzanti, esportati sopratutto da Russia e Bielorussia. Circostanze che stanno generando seri timori in alcune aree del mondo, in Africa e in Medio Oriente, ed in particolare in quei Paesi dove c'era una forte dipendenza dalle esportazioni ucraine, che erano state finora indispensabili per sfamare gran parte delle loro popolazioni. La situazione negli Stati membri europei risulta, però, differente.

Già a marzo, Buxelles aveva diffuso una comunicazione sulla sicurezza alimentare, concludendo che non sussiste alcun rischio di penuria alimentare nell'Ue. Ciò nonostante, la Commissione spinge per far produrre più cibo, autorizzando le imprese agricole anche a derogare alle misure di tutela ambientale. La possibilità di massimizzare la superficie coltivabile per incrementare la produzione è stata lodata dalle grandi aziende agricole e dalle loro confederazioni di rappresentanza, ma criticata dai gruppi ambientalisti e dai contadini già da tempo dediti ad una produzione più sostenibile. Per saperne di più

Filiera

MANGIAMO PIÙ PRODOTTI CON OLIO DI PALMA (SENZA SAPERLO) - La guerra in Ucraina, ha cambiato le carte in tavola in molti ambiti del settore alimentare. Oltre al picco dei prezzi per grano e mais, una questione centrale riguarda gli oli vegetali. Kiev è uno dei principali produttori al mondo di quello di girasole (60% a livello mondiale) e detiene il 75% dell’export, ma è stata costretta dall'invasione russa a bloccare le vendite all'estero, mentre le colture dei prossimi anni sono a rischio. Venuti meno i rifornimenti dai porti del Mar Nero, l'Italia ha autorizzato già oltre un mese fa l'industria alimentare a sostituire l'olio di girasole con grassi alternativi, senza dover modificare le etichette sulle confezioni in modo preciso. La norma, di carattere temporaneo ed emergenziale, cerca di venire incontro alle esigenze delle aziende che affrontano difficoltà di approvvigionamento a causa del conflitto in Ucraina e che fanno largo uso di grassi vegetali per conserve, biscotti, piatti pronti e prodotti surgelati. In Francia è stata adottata una norma analoga, ma con chiarimenti più specifici rispetto alle tempistiche. Una delle principali alternative al girasole è l'olio di palma, che l’Italia importa per un valore totale di circa 1,3 miliardi di euro nel 2021, fornendosi principlamente dall'Indonesia. Questo prodotto negli anni scorsi era stato sostituito da numerose imprese in Italia sia per motivi legati alla salute, dato che ha un elevato contenuto di acidi grassi saturi, sia per ragioni ambientali, visto che la sua produzione è connessa al disboscamento selvaggio di vaste foreste e allo sfruttamento di lavoratori sottopagati. Per saperne di più

Salute

I BALCANI LEADER NEL CONSUMO DI FRUTTA E VERDURA, ITALIA FERMA A METÀ CLASSIFICA - Dovremmo essere i paladini della dieta mediterranea, ma rischiamo di essere dei cattivi maestri per quanto riguarda il consumo di frutta e verdura. Uno studio delle Nazioni Unite sulle quantità di vegetali mangiati a livello europeo piazza gli italiani a metà classifica, con una media di “appena” 125 chili pro capite all'anno, in compagnia di Spagna e Portogallo. Un risultato che non ci condanna, ma va analizzato, considerato che questi alimenti dovrebbero essere i cardini della dieta mediterranea, come melanzane, zucchine, asparagi, insieme con mele, pere e fragole. Solo per citare alcune delle numerose varietà prodotte nel nostro Paese. Secondo numerose ricerche frutta e verdura dovrebbero essere presenti quotidianamente nella nostra “playlist” alimentare, comparendo tra le quattro e le cinque volte al giorno. Il loro consumo quotidiano, oltre a tenerci in forma, aiuta nella prevenzione delle malattie, grazie a rifornimenti di vitamine, sali minerali, zuccheri e proteine. In cima alla lista stilata dalla Food and Agricolture Organization (Fao) troviamo la Croazia, che vanta un consumo pro capite di 302 chili di verdura all'anno. La medaglia d'argento spetta all'Albania, con una media di 298 kg, seguita dalla Macedonia del Nord (269 kg di verdura). Un podio tutto balcanico, con due Paesi su tre affacciati sull'Adriatico. L'Italia, come accennato, si posiziona a metà classifica, nonostante un'abbondante produzione di vegetali e una varietà che dovrebbe far invidia a molti nostri vicini. Peggio di noi fa la Francia, che sfiora i 100 chili l'anno. Male i Paesi nordici,  nonostante il diffondersi di stili di vita più attenti. Per saperne di più

Innovazione

USA PROTESTANO CONTRO L'UE PER IL DIVIETO DEL PESTICIDA DANNOSO PER LE API - Schermaglie tra Unione europea e Stati Uniti a causa di un pesticida reputato dannoso per le api. La scelta della Commissione europea di limitare l'uso del "sulfoxaflor" solo per uso al chiuso, non è stata apprezzata dagli americani a stelle e strisce. Il pesticida era stato appositamente prodotto dalla multinazionale dell'agrochimica Corteva come alternativa ai neonicotinoidi, una specifica tipologia di pesticidi associati al declino degli insetti impollinatori. Approvato nell'Ue nel 2015, dopo appena sette anni sul mercato il Sulfoxaflor dovrebbe essere presto limitato al solo uso interno, vale a dire nelle serre permanenti. La Commissione ha dichiarato agli inizi di Aprile  l'intenzione di perseguire questo obiettivo, dopo che l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha ritenuto le informazioni riguardanti il suo impatto insufficienti a garantire la sicurezza delle api. Nonostante il divieto non abbia raggiunto la maggioranza dei voti da parte degli Stati membri nel Comitato permanente dei fitofarmaci, la Commissione ha promesso di adottare comunque il regolamento questa primavera. Secondo le ricostruzioni dei colleghi di Euractiv, gli Stati Uniti avrebbero inviato una lettera di reclamo all'Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto), che è tenuta ad approvare la restrizione. Nella missiva, secondo le ricostruzioni, Washington sostiene che l'ampio uso della sostanza chimica negli Stati Uniti impedirebbe di esportare gli alimenti su cui viene utilizzato e le merci derivanti. Per saperne di più

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