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Venerdì, 29 Marzo 2024
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Persecuzione dei Rohingya, Coldiretti chiede di rimettere i dazi sul riso birmano

Le importazioni sono aumentate del 66%, la confederazione chiede lo stop alle agevolazioni finché non si porrà fine alle violenze sulla minoranza musulmana

Non si può concedere una esenzione dai dazi sulle importazioni a chi non rispetta i diritti umani. È quanto afferma la Coldiretti dopo che un rapporto delle Nazioni Unite ha chiesto di processare la leadership militare del Myanmar con l'accusa di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra. La missione d'inchiesta internazionale indipendente dell'Onu sul Myanmar ha dichiarato che l'esercito birmano ha commesso crimini contro i Rohingyas con un "intento genocida", tra cui omicidio, stupro, tortura, riduzione in schiavitù, violenze contro i bambini e la distruzione di interi villaggi.

Il Myanmar rientra nella lista di 49 paesi beneficiari dell’accordo EBA (Everything But Arms/ tutto tranne le armi), che consente ai paesi più poveri del mondo di esportare nel mercato unico europeo a dazi agevolati o azzerati tutte le merci, ad esclusione delle armi. La Coldiretti chiede che il sistema tariffario agevolato venga fermato nei confronti del Myanmar, che si colloca tra i principali fornitori asiatici di riso in Italia assieme a India, Pakistan, Thailandia e Cambogia. Tra settembre 2017 e luglio 2018 le importazioni di riso dal Myanmar sarebbero anche aumentate del 66%.

“Non è accettabile che l’Unione Europea continui a favorire con le importazioni la violazione dei diritti umani nell’indifferenza generale,” afferma il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo evidenziando che parte del riso esportato nei paesi Ue sarebbe prodotto anche sui campi della minoranza Rohingya, costretta ad abbandonarli a causa della violenta repressione da parte del governo guidato dalla presidente Aung San Suu Kyi. Secondo Moncalvo “è necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri a tutela della dignità dei lavoratori, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri in vendita sugli scaffali ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una giusta distribuzione del valore a sostegno di un vero commercio equo e solidale”.

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