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Giovedì, 25 Aprile 2024
Salute

Batteri pericolosi per l'intestino si diffondono più facilmente dai maiali agli umani

Lo certifica uno studio dell'Università di Copenhagen. Il problema è l'uso eccessivo di antibiotici, sia negli ospedali che negli allevamenti

Dai maiali agli esseri umani il passo sarebbe sempre più breve, almeno per alcune pericolose versioni di superbatteri. Secondo gli scienziati, l'uso intensivo di antibiotici nelle fattorie facilita la diffusione di microbi resistenti ad essi. Il collegamento è il frutto degli studi condotti da Semeh Bejaoui e Dorte Frees dall'Università di Copenaghen, così come da Soren Persson dello Statens Serum Institute della Danimarca. La ricerca si concentra sul “Clostridioides difficile” (C.difficile), un batterio che infetta l'intestino umano ed è resistente a tutti gli antibiotici attuali tranne tre. Alcuni ceppi contengono geni che permettono loro di produrre tossine che possono causare infiammazioni dannose nell'intestino, determinando una diarrea pericolosa per la vita, soprattutto negli anziani e nei pazienti ospedalizzati che sono stati trattati con antibiotici. Ad oggi è considerato una delle principali minacce di resistenza agli antibiotici nel mondo.

"La nostra scoperta indica che C. difficile è un serbatoio di geni di resistenza antimicrobica che possono essere scambiati tra gli animali e gli esseri umani", ha dichiarato Bejaoui, esperto in microbiologia clinica e malattie infettive. "Questa scoperta allarmante suggerisce che la resistenza agli antibiotici può diffondersi più ampiamente di quanto si pensasse in precedenza, e conferma i collegamenti nella catena di resistenza che porta dagli animali da allevamento agli esseri umani". Negli Stati Uniti, questo batterio ha già causato circa 223.900 infezioni e 12.800 morti nel 2017. I costi per il sistema sanitario ammontano a circa 1 miliardo di dollari. Sono anni che medici e scienziati avvisano di evitare la prescrizione eccessiva di antibiotici per disturbi banali o infezioni causate da virus che non rispondono agli antibiotici. Questa consuetudine rischia di portare alla diffusione di una maggiore resistenza a questa tipologia di farmaci.

Il problema viene intensificato dall'uso diffuso di antibiotici negli allevamenti, dove vengono dati agli animali, in particolare maiali e pollame, ma talvolta anche ai bovini, anche in maniera preventiva, al solo scopo di poter conservare delle condizioni di sovraffollamento, dove le malattie si diffondono più facilmente. La conseguenza è stato un rapido aumento della resistenza antimicrobica in tutto il mondo. Quegli antibiotici che una volta erano efficaci contro le infezioni comuni, non sortiscono più gli stessi effetti. Come sottolineato da Margaret Chan, ex direttore generale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, “i trattamenti sostitutivi sono più costosi, più tossici, hanno bisogno di una durata di trattamento molto più lunga e possono richiedere un trattamento in unità di terapia intensiva". Nella ricerca del team guidato da Bejaoui, i risultati degli studi sui maiali sono stati confrontati con ceppi isolati da pazienti ospedalieri danesi per vedere se c'era una corrispondenza negli esseri umani. E sono risultati identici. “Dobbiamo ancora dimostrare che i ceppi sono passati dai maiali agli esseri umani, ma ciò che il nostro studio chiarisce è che le aziende agricole che usano gli antibiotici stanno creando condizioni che permettono ai ceppi resistenti di prosperare e questi alla fine infetteranno gli esseri umani", ha sostenuto Bejaoui.

Secondo le stime dell'Unione per il controllo internazionale del cancro, circa 750mila persone muoiono ogni anno a causa di infezioni resistenti ai farmaci. Entro il 2050, questo numero potrebbe raggiungere i 10 milioni, andando a costare oltre 100 milioni di dollari ai servizi sanitari globali. I medici sono ora sotto pressione affinché riducano la prescrizione di antibiotici, con l'obiettivo di rallentare l'aumento della resistenza antimicrobica. Ciò nonostante, le autorità sanitari sottolineano che due terzi degli antibiotici non sono affatto usati sugli esseri umani, ma provengono dal loro utilizzo nel settore agricolo. L'Unione europea si sta muovendo in questi mesi per migliorare il benessere animale e le condizioni di vita, trasporto e soppressione del bestiame, anche al fine di garantire ai cittadini europei un prodotto qualitativamente migliore e più sicuro per la salute umana. La lobby degli allevamenti intensivi, sostenuti da diverse forze del Parlamento europeo, si oppone, considerandole misure troppo costose e inutili per il settore, già penalizzato dal diffondersi della peste suina.

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