"Coi cambiamenti climatici pesche e albicocche vanno coltivate in modo diverso"
Andrea Betti, presidente di Confagricoltura Ravenna, parla delle sfide della Pac per ridurre pesticidi, migliorare le risorse idriche e lavorare uniti per prezzi più equi
AgriFood ha intervistato Andrea Betti, presidente di Confagricoltura Ravenna,per capire meglio come sta reagendo il settore della frutta, spesso tra i più penalizzati dal mercato, alla crisi dell'agroalimentare. L'imprenditore è convinto che gli associati nella sua area, nonostante le critiche siano pronti ad accettare le nuove sfide della Pac, ma solo restando uniti.
La Commissione europea ha varato un piano ambizioso per la riduzione di pesticidi. Come lo valuta? Quali misure sono necessarie per attuarlo senza che tutta la responsabilità gravi sulle aziende agricole?
Nella zona del Ravennate, caratterizzata da frutticultura, la situazione è particolarmente complicata. È anche vero che il biologico ha preso piede da tempo, così come la lotta integrata con gli insetti, che pratichiamo ormai da trent'anni. Adesso sarà necessario un ulteriore cambio di passo. Ci stiamo lamentando delle norme dell'Ue, ma ci faremo trovare pronti a questa svolta necessaria.
Lamentele a parte, quale elemento della Pac valuta positivamente e potrebbe offrire nel concreto un miglioramento per le aziende?
È molto interessante la parte che riguarda la valorizzazione degli scarti di produzione e l'economia circolare, sulle quali spingo da tempo. In frutticultura in particolare è necessaria molta sostanza organica per aumentare la fertilità dei suoli. Gli scarti di lavorazione possono contribuirvi ed essere sfruttati anche per produrre metano e biomasse. Come Confagricoltura Ravenna proprio in questo periodo abbiamo avviato con l'Università di Bologna un progetto su come creare concimi naturali per sopperire a quelli industriali, i cui prezzi sono schizzati con la guerra in Ucraina. È un passaggio cruciale visto che dopo 40 anni di trattamenti chimici la fertilità dei nostri suoli è ormai ridotta ai minimi termini. Altre misure interessanti della nuova Pac riguardano la certificazione verde, i crediti di carbonio e l'agrifotovoltaico. Si tratta di sfide che vanno affrontate con il contributo delle nuove generazioni. Per i giovani l'agricoltura del futuro può essere un ambito stimolante visto che si stanno aprendo margini per professioni diverse da quelle tradizionali e legate alle nuove tecnologie.
Come sta reagendo il vostro territorio alla crisi climatica e al dramma della siccità?
Alcuni metodi di coltivazione di colture utilizzati per pesche, prugne e albicocche, sono destinati a scomparire per lasciare spazio ad approcci basati su una migliore gestione delle risorse idriche. Va ridotta la manodopera e bisogna convertirsi a sistemi meccanizzati, ma questo è possibile solo con il supporto della ricerca, che per troppi anni è stata frenata dalla scusa dell'ambientalismo. Il genoma editing e la riduzione degli agrofarmaci, sostituiti da prodotti più naturali, rappresentano il nostro futuro.
Lei è un imprenditore del mondo vitivinicolo. Qual è la situazione dopo l'esplosione del conflitto in Ucraina nelle sue zone ?
I grandi marchi riescono comunque a far circolare i loro prodotti, ma il mondo cooperativo e chi conferisce le uve ad altri sta con il fiato sospeso. L'aumento dei costi per tappi, vetro delle bottiglie e dei container, pari al 40 o anche al 60% in più, rende difficile alle piccole cantine di stare sul mercato. È il momento di valorizzare meglio anche queste realtà che altrimenti rischiano di non sopravvivere, mentre sono un motore trainante del settore.
Lei preme molto sulla rappresentanza sindacale degli agricoltori. Come vi state muovendo in questo periodo così critico per l'agroalimentare?
L'aggregazione è fondamentale per rapportarsi sia a livello politico che con la Grande distribuzione organizzata, che va coinvolta maggiormente. Con loro però dobbiamo presentarci con prezzi certi, altrimenti siamo troppo deboli. Insieme all'Ismea (Istituo di servizi per il mercato agricolo alimentare) stiamo lavorando per definire i costi di produzione, cosa non semplice soprattutto in frutticultura, perché ci sono sia imprenditori puri che aziende a gestione familiare che hanno più difficoltà a calcolare tali costi. Solo in questo modo la Gdo non avrà più alibi e non riusciranno più a trovare cibo da svendere a qualche decina di centesimi in meno. Si tratta di una pratica che danneggia lo stesso consumatore, come è successo con le pesche nettarine, a cui le persone si sono disaffezionate. La guerra dei prezzi ha spinto i contadini a coltivarne di più sugli stessi ettari e a fare meno raccolti, con una grave perdita in termini di qualità, per cui molti hanno smesso di comprarle. Dobbiamo restare uniti, perché da soli non possiamo competere con questi giganti.