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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Il carbon farming può essere un'opportunità per l'agricoltura italiana?

Università e aziende studiano metodi ed effetti del sequestro di carbonio, ma manca un coordinamento tra regioni. Va integrato con agricoltura di precisione e rigenerativa dei suoli

Anche l'Italia si appresta a varare i suoi progetti per realizzare il “carbon farming”, la tecnica che dovrebbe aiutare gli agricoltori europei ad assorbire maggiori quantità di Co2 nei terreni. Lo scorso dicembre la Commissione europea ha adottato una comunicazione che definisce le azioni e i modelli del cosidedetto “sequestro di carbonio, per avanzare nella riduzione drastica delle emissioni e nella lotta ai cambiamenti climatici. Con il conflitto in Ucraina e la conseguente crisi energetica e alimentare, realizzare delle alternative che aiutino a ridurre gli sprechi e al tempo stesso ad assorbire i gas serra risulta non solo fondamentale, ma urgente.

Ridurre i consumi

Nei piani dell'Ue il carbon farming dovrebbe rientrare in una più vasta strategia volta ad accelerare la conversione all'agricoltura 4.0. “Siamo in una fase di evoluzione delle tecniche agricole, passando da quelle tradizionali alla moderna agricoltura di precisione”, spiega Nicola Gherardi di Confagricoltura, precisando che “un primo vantaggio è il risparmio sull'uso del combustibile. Con le tecniche odierne, si arriva a ridurre, fino quasi ad azzerare, il consumo di gasolio”. “Questo elemento è particolarmente importante oggi, tenuto conto della situazione geopolitica attuale, con un prezzo del combustibile ormai arrivato alle stelle, con livelli insostenibili per la competitività delle nostre imprese”, sostiene Gherardi.

Oltre a ridurre le emissioni, utilizzando meno combustibile, l'altra idea dell'Unione europea è di immagazzinare una maggiore quantità di carbonio in natura e promuovere soluzioni industriali capaci di “rimuovere e riciclare il carbonio in modo sostenibile e verificabile”. L'obiettivo è di raggiungere la neutralità carbone entro il 2050. Il "sequestro di carbonio" risulta efficace solo quando viene combinato con pratiche di agricoltura rigenerativa e biologica, mentre risulta inefficace con quella intensiva. Ridurre pesticidi e altri componenti chimici risulta quindi indispensabile. “L'agricoltura di precisione ci porta ad ottenere anche un'altra economia, che è legata ad una maggiore valorizzazione dell'elemento fertilizzante”, sottolinea Gherardi. “Con la strategia Farm to fork sappiamo che è richiesta una considerevole riduzione dell'utilizzo di elementi chimici, questo sia nell'ambito zootecnico che nell'ambito degli agro-farmaci, come pure nell'ambito delle concimazioni” dichiara l'esponente di Confagricoltura, che conclude: “Queste tecniche ci consentono di valorizzare al massimo l'utilizzo dell'urea, permettendoci di fare economia su un elemento come il concime, che deriva sostanzialmente dal petrolio, e che ha ormai dei costi insostenibili per le nostre imprese”.

Valutazioni di impatto

In Italia sono in corso studi universitari, volti a valutare l'impatto di questo strumento e il suo potenziale. “Gli aspetti qualificanti del carbon farming riguardano sia i dati che il metodo con cui vengono effettuati i monitoraggi, le verifiche e i controlli”, sottolinea Michele Pisante, docente dell'Università di Teramo. Secondo il professore, per poter ottemperare a questo programma comunitario di larga portata, ogni regione ha la necessità di definire una linea di riferimento per poter fissare degli obiettivi ambiziosi, ma raggiungibili e realizzabili. Andrebbero inoltre stabiliti i costi per poterli raggiungere e le compensazioni da erogare a favore degli agricoltori virtuosi, che su base volontaria aderiscono a questi modelli. “In Puglia è stato realizzato un primo modello della valutazione d'impatto per il periodo 2014-2020 che ci porta a delle differenze sui seminativi tra il convenzionale e il conservativo di circa il 16% del contenuto di carbonio organico” evidenzia Pisante, concludendo: “Questo significa che il trend è positivo. Sarebbe interessante estendere il modello anche ad altre regioni”.

I vantaggi per le aziende

Il cambiamento potrebbe essere epocale, facendo interagire agricoltori, Unione europea e cittadini, come ricorda Anna Trettenero, presidente di Confindustria Vicenza, che evidenzia: “Oggi ci viene data l'opportunità di fare quello che abbiamo sempre fatto, ma realizzandolo meglio, adottando determinate tecniche che sono più attente sia nei riguardi dell'ambiente come pure dei livelli di fertilità della nostra risorsa principe, che è il suolo”. Dal punto di vista delle aziende agricole, in particolare per quelle che godono di estensioni maggiori, l'aspetto più appetibile è quello delle compensazioni previste per gli agricoltori che decidono di contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici. “Abbiamo la possibilità di accedere ad un mercato di crediti di carbonio, che premiano l'assorbimento della Co2 atmosferica e la riduzione dei gas ad effetto serra”, dichiara la Trettenero, sottolineando: “Otteniamo così un riconoscimento economico per questo nuovo servizio sistemico che noi generiamo”.

Rischio accumulo di carbonio

Al di là dei vantaggi sul piano economico, che stimolano alcune aziende ad adottare tecniche di sequestro di carbonio, è indispensabile monitorare gli effetti su fertilità e salute dei suoli, da anni sottoposti allo stress da monoculture intensive e oggi messi in pericolo dagli effetti dei cambiamenti climatici, come siccità e inondazioni. “Nel valutare la potenzialità che hanno i nostri suoli di sequestrare carbonio bisogna considerare che l'accumulo di carbonio non è infinito”, precisa Francesco Morari dell'Università di Padova. “I suoli tendono ad accumulare, però l'accumulo non è lineare, per cui si raggiunge nel tempo un plateau che rappresenta il punto di saturazione del suolo”, precisa il docente in agronomia, che aggiunge: “Questo punto di saturazione è in funzione non solo dell'input che noi abbiamo applicato, ma anche delle caratteristiche pedoclimatiche dell'area in cui andiamo a sostituire la sostanza organica, sotto forma ad esempio del residuo colturale o sotto forma di refluo zootecnico (i rifiuti degli allevamenti, ndr)”. In sostanza, la risposta dei suoli dipende dalla tipologia o quantità di carbonio immesso, come pure dall'insieme delle condizioni di un territorio e del clima.

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