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Sabato, 20 Aprile 2024
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"Gli insetti antagonisti che proteggono il nostro vino"

Come un'azienda umbra ha eliminato pesticidi e solfiti. Anche grazie alla ricerca universitaria

Un vigneto nel bosco, curato con un connubio unico tra innovazione e tradizione. Da qui partono i vini delle cantine Barberani, i cui terreni sono innestati nel Parco Fluviale del Tevere, poco distante da Orvieto. La lista dei riconoscimenti si allunga sempre più, dal primo premio AGRIcoltura100, attribuito da Confagricoltura per la sostenibilità, ai Tre Bichieri del gambero Rosso.

“Non abbiamo formule magiche. Ci prendiamo cura delle nostre terre con passione e costanza, tramite attenzioni e pratiche, sia antiche che all'avanguardia”, spiega Niccolò Barberani, l'enologo che ha raccolto un'eredità familiare di saperi della vigna, presente da oltre trent'anni nel territorio umbro. Il risultato è un vino biologico che nasce sul Lago di Corbara, in cui si fondono trattamenti artigianali, ricerca universitaria, rispetto dei lavoratori e tecnologie contemporanee. Un processo che concerne tutto il ciclo, che dalla vigna attraversa le cantine, per passare all'imbottigliamento e infine alla vendita, di statura internazionale.

Alla base, c'è una cura particolare del suolo, mirata a tenere in vita i microrganismi cellulari che impediscono ai terreni di impoverirsi. La famiglia Barberani ha adottato un sistema di semine e rotazioni sui 55 ettari destinati alle viti, che includono il trifoglio, il favino e l'orzo. A questo si aggiunge l'inerbimento, per evitare pratiche di lavorazioni troppo pesanti, che inaridirebbero i terreni.

Infine, la concimazione esclude i diserbanti chimici e persino lo zolfo ed il rame, che pure sarebbero ammessi dai protocolli sul biologico. Qui entra in gioco la ricerca. In collaborazione con l'Università della Tuscia e con quella di Perugia, tramite esperimenti in laboratorio e sul campo, questi vignaioli hanno iniziato ad utilizzare nuovi ingredienti di protezione, che fanno ricorso ad estratti di alghe, lieviti e polveri di argilla. “Prima ancora dei metodi, abbiamo adottato una filosofia di agricoltura diversa”, evidenzia Niccolò, precisando “da noi non troverete i vigneti perfetti che si vedono di solito sui profili Instagram delle cantine più note. Le nostre pareti, ad esempio sono ricche di foglie e tralci. Magari meno perfette esteticamente ma più adatte a proteggere i nostri vini”.

La lotta del bosco con gli insetti antagonisti

A preservare le viti contribuiscono anche i 30 ettari del Parco fluviale del Tevere, dove sono presenti lupi, ricci, istrici e tassi, assieme a scoiattoli e cinghiali. Con la sua ricchezza di fauna e flora, il bosco garantisce un vero equilibrio anche agli ettari coltivati. Come ci racconta il giovane enologo, in molti casi la sovralimentazione di suoli destinati ad una sola coltura e la poca biodiversità determinano delle carenze di protezione. Ed è lì che avvengono gli attacchi da parte di insetti nocivi, che possono arrivare a distruggere decine di ettari di terreni.

Per evitare una tale catastrofe, alla chimica i Barberani hanno preferito una 'lotta integrata' del tutto naturale. “Il bosco ci garantisce una serie di insetti cosiddetti 'antagonisti' che proteggono la vigna da quelli cattivi”, sottolinea Niccolò, che prosegue: “nel caso in cui non basti, ricorriamo a degli entomologi che innestano insetti specifici per salvaguardarne l'armonia”. Tutto il legno (dai raspi alle vinacce, inclusi gli scarti di potatura), dopo essere stato tranciato e interrato, viene reintegrato nei suoli, contribuendo ad un ulteriore arricchimento ed evitando che questo materiale venga incendiato.

Aerazione e illuminazione naturale

Anche nelle cantine, di circa 4000 metri quadri, la sostenibilità è una parola d'ordine. Sin dagli anni '80, un sistema di aerazione brevettato permette una ventilazione naturale, cui si somma l'apporto di pareti coibentate, che abbattono le temperature delle cantine. Questo permette di evitare il ricorso all'aria condizionata.  L'illuminazione è fornita da una struttura, denominata Aliant, che permette di incanalare e diffondere la luce esterna del s ole in maniera omogenea. Un bel risparmio energetico sulla bolletta dato che l'elettricità contribuisce solo per il 5%. “Queste tecnologie rispettano il vino e le persone”, precisa il giovane enologo, sottolineando che “per chi lavora in cantina lo stress da illuminazione e aerazione artificiale è enorme. Per questa ragione abbiamo voluto ridurlo al minimo”.

L'attenzione per i dipendenti, infatti, è un altro nodo centrale per queste cantine umbre, dove un'equipe di giovani è dedita ad un mestiere antico. Il 90% dei collaboratori ha infatti meno di 40 anni. Niccolò ci tiene a precisare l'importanza di adottare un approccio umano rispettoso, coniugato a diritti salariali e di sicurezza. Per abbattere i rischi nei campi, oltre le formazioni iniziali, sono previsti corsi di aggiornamento e audit semestrali, nonché le doverose assicurazioni, che dal 2020 coprono i dipendenti anche dalle conseguenze del Covid. “Chi abbraccia il nostro progetto deve conoscere tutto il ciclo, per questo chi lavora per noi segue tutto il processo, dalla semina all'imbottigliamento”, precisa ancora l'enologo, “sia per evitare un lavoro troppo ripetitivo che per metterli di fronte a sfide diverse, che permettano di capire le attitudini di ciascuno”.

Vino biologico e vegan

Il frutto di tutte queste componenti è un vino pregiato e denso di aromi, che si fregia sia dell'etichettarura del biologico che della certificazione vegan, avendo eliminato le proteine animali nella lavorazione. Alla sostenibilità si somma la qualità del gusto, come confermano i Tre bicchieri del Gambero Rosso attribuiti all'Orvieto superiore, nell'ambito dei migliori vini umbri. Tra i 'segreti' di un sapore delicato e fragrante ci sono vari metodi. In primo luogo vengono utilizzate solo uve dell'azienda, raccolte per intero a mano, dove vengono lasciate delle muffe, che donano specificità ai grappoli. L'altra chiave risiede nella fase della fermentazione. “È come se usassimo un 'lievito madre', in cui mescoliamo il mostro vecchio con il vino nuovo”, spiega Niccolò, “di modo che i lieviti più resistenti possano fermentare di nuovo il vino in modo naturale”.

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Un altro contributo essenziale viene dalle fecce (il deposito che resta sul fondo delle botti), che restano in contatto con i vini durante la macerazione, della durata di oltre sei mesi. La filtrazione avviene dunque solo al momento dell'imbottigliamento. Come evidenzia l'enologo: “La parola fecce ha assunto un significato negativo nel linguaggio comune, ma in verità sono elementi preziosi, perché incidono sulla struttura e sul carattere del vino, grazie ai loro antiossidanti. Inoltre la loro presenza ci consente di evitare i solfiti”. Per assaggiare questo nettare è necessario, però, un po' di pazienza, dato che l'uscita delle nuove annate di solito è prevista in primavera, anziché a Gennaio come fanno molte cantine. Questo assicura vini di grande longevità, destinati principalmente al territorio italiano (circa il 40%), ma che amano viaggiare oltreoceano. Stati Uniti e il Nord Europa sono i mercati di riferimento, mentre da oltre dieci anni le bottiglie sono sbarcate anche in Russia. L'espansione maggiore è attesa in Asia, dove i clienti di fascia media di Cina, Giappone e Hong Kong stanno affinando il gusto e si predispongono a questa fascia di mercato.

Anche per il marketing, Niccolò punta sulle alleanze strategiche. Non solo grandi rivenditori, ma ristoratori d'eccellenza che sappiano esaltare il connubio tra sapori. Come è avvenuto con lo chef Vissani. “Ci unisce un legame territoriale e di amicizia, perché i suoi piatti e i nostri vini si valorizzano a vicenda”, sottolinea orgoglioso Niccolò. L'altra grande soddisfazione viene dalle scuole superiori, con cui c'è una collaborazione di lunga data, per formare i giovani tramite progeti di formazione e tirocini pratici. L'obiettivo è di trasmettere saperi ed esperienze, per arricchire il territorio umbro, affinché sia in grado di esaltare il territorio, tramite sostenibilità e innovazione, senza dimenticare gli insegnamenti del passato.

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