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Giovedì, 25 Aprile 2024
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“Contratti di filiera e miglioramento genetico: così torneremo a produrre grano tenero italiano”

Parola di Carlo Maresca, imprenditore nel settore dei cereali e rappresentante di Confindustria, che non risparmia critiche alla Pac e agli obiettivi di sostenibilità ambientale

I cereali sono una delle materie prime più impattate dalla crisi in Ucraina, con un incredibile aumento dei prezzi e difficoltà nel reperimento, in particolare nei Paesi dell'Africa e del Medio Oriente che dipendevano quasi totalmente d Kiev. Anche l'Italia però ha visto sugli scaffali aumentare i prezzi di molti prodotti, quali pasta, pane e biscotti. AgriFood ha intervistato Carlo Maresca, presidente della “Federazione nazionale di prodotto cereali alimentari” di Confindustria, per capirne di più. Oltre che di grano, abbiamo discusso delle criticità della Politica agricola comune e di come la ricerca scientifica potrebbe sostenere la svolta ambientale richiesta dall'Unione europea.

Il grano è una delle materie prime più colpite dallo stop alle esportazioni da parte dell'Ucraina, causate dall'invasione russa. Può essere l'occasione per valorizzare nuovamente il grano italiano?

Le importazioni dall'Ucraina nel nostro Paese riguardano solo il grano tenero, usato ad esempio per biscotti e pane, essendo necessarie ad integrare la nostra produzione, che riesce a coprire appena il 40% del fabbisogno italiano. Questo calo deriva da una disaffezione verso il grano tenero da parte dei nostri agricoltori, a causa dei prezzi di mercato troppo bassi. Le nostre aziende non riuscivano a competere col grano proveniente dall'Ucraina, dal Kazakistan e addirittura dalla Francia. Oggi l'innalzamento dei prezzi può spingerli a recuperare questa produzione, ma nel breve termine non possiamo comunque soddisfare da soli la domanda interna. Essendo cresciuti molto i costi per fertilizzanti e carburante, bisogna capire se i prezzi più elevati riusciranno effettivamente a compensarli. Per recuperare davvero la produzione di grano tenero, le uniche garanzie possono venire dai contratti di filiera. A breve dovrebbero essere attivati i relativi bandi e vedremo cosa succede.

Quali sono i vantaggi che offrono questi contratti ?

In primo luogo coinvolgono tutti gli attori, quindi oltre agli agricoltori, aderiscono gli stoccatori, i trasformatori e infine i marchi, che poi troviamo nei supermercati. Questa interazione, se fatta bene, può davvero aiutare il settore. È il solo modo per garantire che una parte del valore aggiunto del prodotto finale arrivi anche nelle tasche degli imprenditori agricoli.

Ma l'incremento dei prezzi sui mercati alimentari reegistrato in questo periodo non dovrebbe già spingere i coltivatori a ricominciare a produrre grano tenero?

Al mercato di Foggia il grano duro è quotato a 530 euro la tonnellata, mentre quello tenero si aggira sui 370 euro la tonnellata. Siamo a cifre record, ma un prezzo troppo alto è sempre negativo, perché prima o poi si ritorce contro i produttori. Ad esempio i consumatori iniziano a cambiare abitudini o l'industria della trasformazione si rivolge altrove, mentre la stabilità dei prezzi nel lungo periodo rappresenta un vero vantaggio per tutti.

E quindi quali sono i fattori che potrebbero contribuire al recupero sul lungo termine di colture abbandonate ?

Un elemento fondamentale è il miglioramento genetico delle varietà tramite tecnologie assistite, capaci di aumentare la resistenza alle malattie funginee o la capacità di assorbire azoto. Qualità più resistenti permettono di utilizzare meno prodotti chimici e in maniera mirata. Purtroppo in Italia siamo un po' ingessati sulla ricerca in campo agricolo.

Cosa intende dire?

In nome della causa ambientalista, si confondono o paragonano queste tecniche di evoluzione assistita con gli organismi geneticamente modificati. Cosa non vera, ma visto che nel nostro Paese gli Ogm sono un tabù, c'è una particolare cautela da parte dei produttori a ricorrere a queste tecniche, dato che gli investimenti in questo campo sono molto onerosi e c'è il rischio che i consumatori non apprezzino.

L'impennata dei prezzi del grano di quest'anno però non è da attribuire solo all'invasione dell'Ucraina. Cos'altro ha contribuito?

Hanno inciso molto i costi energetici e la forte carenza idrica. Soprattutto Canada e Stati Uniti, che coltivano in primavera, hanno sofferto una grave siccità. La contrazione è stata tale che hanno terminato tutte le scorte.

Quindi anche il cambiamento climatico ha inciso sui prezzi?

Si, perché colpisce in modo pesante, come nel caso di caldo atroce e prolungato o con precipitazioni improvvise che si trasformano presto in inondazioni che distruggono interi raccolti.

Anche per questo motivo l'Ue sta promuovendo una svolta in termini di sostenibilità tramite la nuova Pac. In qualità di produttore, quali sono i vantaggi e le criticità delle misure adottate?

Alla sostenibilità è stato dato un peso eccessivo rispetto alla redditività, che è indispensabile per far sopravvivere un'azienda agricola. Ad esempio la nuova Pac prevede un divieto di mono-successioni, significa che una varietà non può essere coltivata per due anni di seguito. Quindi se un anno coltivo grano, quello successivo dovrei coltivare altro, come legumi. Il problema è che in alcune aree, soprattutto al Sud Italia, per ragioni idriche il grano è la sola coltura possibile. In questo modo l'Italia perderebbe circa il 30/35% di superficie agricola. Se guardo agli eco-schemi (gli strumenti che ogni Stato può adottare e a cui gli agricoltori possono aderire volontariamente, ndr), ci dicono di fare leguminose da granella senza diserbanti né anticrittogamici, che ad oggi è impossibile.

Eppure l'agricoltura biologica fa già ricorso a fertilizzanti e protezioni per le piante di tipo organico, mentre l'Ue sta promuovendo la ricerca su nuovi prodotti di questo tipo. Cosa ne pensa?

I bio-stimolanti da soli non possono risolvere il problema. Possono essere studiati e approfonditi, ma non possiamo illuderci.

L'Ue chiede anche di perseguire l'obiettivo del 25% di agricoltura biologica. È un traguardo credibile?

È possibile ma il biologico ha un costo. Se raggiungiamo la soglia del 25%, è stata calcolata una perdita del 16% di produzione. Inoltre entro il 2030 dovremo ridurre del 50% l'uso di diserbanti e il 25% di fertilizzanti. Tutto questo non si può fare se non investiamo su delle qualità migliorate geneticamente, altrimenti è una battaglia che combattiamo con una gamba sola.

Qual è quindi la sua valutazione complessiva sulla Pac?

È troppo sbilanciata sulla sostenibilità, perché si vede l'agricoltura come nemica dell'ambiente, ma bisogna avere uno sguardo che tenga conto anche della produttività altrimenti le nostre aziende verrano schiacciate dalla concorrenza straniera, che segue altre regole. Occorre una visione più serena. Forse la crisi in Ucraina sta ristabilendo quali sono le priorità.

Tornando ai contratti di filiera, come possono aiutare in concreto gli agricoltori, a parte contrattando un prezzo migliore e stabile?

Le 50 euro concesse agli agricoltori una tantum non servono a nulla. Gli accordi devono prevedere altri tipi di vantaggi. Io lavoro da tempo con un grosso marchio italiano tramite un contratto di filiera per il grano duro, che mi fornisce un' assistenza tecnica importante. Ad esempio posso connettermi a delle centraline, che registrano il microclima o mi offrono modelli predittivi sulle varietà che coltivo. Mi aiutano inoltre a programmare interventi come la concimazione o l'uso di diserbanti. La piattaforma mi permette di orientarmi, ma sono comunque io a decidere. Questa condivisione di tecnologia è fondamentale, perché la convenienza c'è da ambo i lati: gli agricoltori accedono a mezzi che altrimenti avrebbero difficoltà ad acquisire, mentre i produttori ottengono un prodotto della qualità e quantità che necessitano, con meno rischi. È arrivato il momento di estendere questo modello alla filiera del grano tenero.

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