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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Come un pastificio fonde grani antichi e sostenibilità ambientale per combattere la siccità in Sicilia

Il Feudo Mondello è un esempio di filiera corta, che produce uno spaghetto di eccellenza. I suoi segreti: rotazione delle colture, macinatura a pietra e rispetto di tempi lunghi

Creare una filiera corta che investe nella qualità del grano e della pasta. Alberto Agosta è determinato nel suo obiettivo e lo persegue dal 2010, quando è riuscito ad ottenere un finanziamento dell'Unione europea, grazie al quale ha creato Feudo Mondello. In questo pastificio nel Belice, nella Sicilia occidentale tra Trapani ed Agrigento, Alberto trasforma in pasta il grano prodotto dai campi di famiglia. I risultati stanno arrivando, come il premio del Gambero Rosso “Top Italian Food” assegnato allo Spaghetto di grano duro, e il riconoscimento come “Miglior pastificio artigianale” della Sicilia, attribuito dal magazine Cronache di Gusto. Dietro un pacco di caserecce o di busiate (un formato tipico del trapanese) c'è una storia di grani antichi, recupero delle tradizioni e attenzione all'ambiente.

Tradizione di famiglia

Le origini dell'attività risalgono alla metà dell'800, quando la famiglia Agosta di Poggioreale già possedeva diversi ettari di terreno dedicati alla coltivazione del grano. Alberto, dopo una laurea in agronomia, ha continuato questa tradizione, ma nei primi anni duemila, ispirato dai vicini viticoltori, capisce che il futuro risiede nella filiera corta. Con il prezzo del grano sempre più basso, e i processi industriali che sacrificano il sapore della pasta, Alberto decide di valorizzare le sue colture aprendo un pastificio, sotto forma di consorzio, dove confluiscono le coltivazioni della sua società, quella del fratello e dei cugini. I frutti di 270 ettari di terreni vengono indirizzati al Feudo Mondello, dove avviene l'attività di trasformazione. Solo questa aggregazione di più famiglie ha permesso di accedere ai fondi europei e di dare vita al pastificio, dato che l'impianto è molto costoso e necessita di una notevole superficie.

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Ceci, fave e sulla per garantire la qualità del grano

Sia nella fase di coltivazione che di trasformazione, Alberto è attento alla sostenibilità ambientale. “Molto prima che la nuova Politica agricola comune decidesse di obbligare gli agricoltori a variare le colture, le rotazioni erano parte integrante di questi campi”, sottolinea l'agronomo. “Al grano alterniamo coltivazioni di leguminose come la sulla, i ceci, la veccia e le fave. Sono essenziali per migliorare la qualità del grano, perché la buona pasta la fai sul campo”. Altro fronte di battaglia riguarda i pesticidi. “Non siamo ancora riusciti ad eliminarli del tutto, perché nel seminativo è troppo complesso, ma utilizziamo un macchinario con una barra a bassa pressione, che riduce del 20-30% la sostanza attiva di fitofarmaci”. Il prossimo passo, sostiene, è quello dell'agricoltura 4.0, che grazie al supporto di droni riuscirà a mappare ed individuare solo le zone che necessitano di un trattamento. Per ridurre sprechi elettrici, il pastificio è dotato di un impianto fotovoltaico di 50 chilowattora che garantisce la totale autonomia energetica dell'edificio.

Custodi della biodiversità

Il lavoro di Alberto contribuisce anche a preservare la biodiversità agricola. Il Fondo di Mondello valorizza i cosiddetti grani antichi, come il Senatore Cappelli, la Tumminia (o timilia) e il Perciasacchi. Il nome di quest'ultimo deriva dal chicco allungato e stretto, che a causa della forma tendeva a forare i sacchi di iuta in cui veniva trasportato. Alberto ha ottenuto il riconoscimento per conservare e moltiplicare questi grani da parte del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) e oggi si sente un vero e proprio custode delle specialità siciliane. “Una buona pasta deve sapere di grano, quindi la nostra missione è preservarne il colore, il sapore e l'odore. Maciniamo a pietra e conserviamo sia il germe che la crusca”, precisa Alberto, che sottolinea: ”Oltre che la tipologia di grano, conta il processo. Una materia prima di qualità può essere rovinata da metodi di pastificazione ed essiccazione come quelli industriali, che per aumentare la produzione non rispettano il prodotto”.

Dalla macinazione derivano sia farine, che le semole grosse, trasformate poi in diversi formati di pasta, caratteristicamente ruvide. La scelta di preservare germe e crusca, consente di conservare la parte fibrosa, che facilita la digestione. La pastificazione avviene in delle celle statiche, per essere poi trafilata al bronzo, mentre l'essiccazione viene effettuata abbassando le temperature sotto i 40 gradi. Uno spaghetto, ad esempio necessita di circa 30 ore per essere essiccato. Tutte queste accortezze rendono il processo più lento, quindi incompatibile coi tempi delle grandi produzioni, ma preservano il sapore originale della pasta.

Passione e cultura del fare

In un territorio come la valle del Belice, già prostrata dal terremoto del 1968, che rase al suolo diversi paesi, la presenza del Feudo aiuta a tenere in vita territori altrimenti condannati alla desertificazione, sia ambientale (a causa della diffusa siccità), che lavorativa, con sempre più attività che chiudono e giovani che fuggono altrove. Come ricorda Alberto, prima della diffusione dell'industria, la presenza dei piccoli pastifici era capillare in tutta la Sicilia e costituiva un tessuto economico locale di rilievo. Anche per questo, la famiglia Agosta prosegue la sua missione con caparbietà e determinazione, nonostante sia messa costantemente alla prova da condizioni non facili, dove si mescolano isolamento geografico e abbandono istituzionale. “Fare gli imprenditori in Sicilia è da eroi. Mancano infrastrutture e la manutenzione delle strade è quasi assente, ma continuiamo perché guidati da autentica passione”, conclude Alberto. Oggi nel Fondo Mondello lavora anche Alfonso, uno dei due figli di Alberto, che si occupa della pastificazione ed è diventato un esperto assaggiatore, al punto da riuscire a mangiare gli spaghetti ancora crudi, per meglio distinguere il sapore del grano. In un contesto generale di abbandono dei centri rurali, in particolare al Sud, una cultura del fare resiste e si tramanda.

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