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Martedì, 23 Aprile 2024
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RectoVerso: l'olio dei detenuti che sfida i pregiudizi e punta sul gusto

L'imprenditrice Beatrice Massanza ha guidato i carcerati della Gorgona nella produzione di un olio unico. Difficoltà e traguardi di un ambizioso progetto di agricoltura sociale

Migliorare la vita dei detenuti, trasmettendo passione per l'olio, competenze per produrlo e idee per garantirne la tracciabilità. Questo l'impegno di Beatrice Massaza, ideatrice di RectoVerso, un progetto di agricoltura sociale che vede coinvolti gli ospiti della Casa circondariale dell'isola della Gorgona, di fronte la costa livornese. Nel 2020 l'imprenditrice ha vinto il primo premio “Agro-social: seminiamo valore”, bando lanciato da Confagricoltura, in collaborazione con Japan Tobacco International Italia. Dopo un anno di finanziamento, tracciamo con lei un primo bilancio, tra difficoltà e traguardi. “I veri protagonisti della storia sono i detenuti - precisa subito Beatrice – che hanno reso possibile il recupero degli ulivi dell'isola, la riattivazione di un frantoio, il sogno di vendere un prodotto di eccellenza fuori dai confini ristretti del carcere”. RectoVerso ha visto coinvolti 85 uomini, impegnati in attività di potatura degli ulivi, estrazione del mosto dalla sansa e imbottigliamento.

Visione imprenditoriale e anima sociale

L'anima del progetto è di certo questa donna che, da pianista, si è trasformata in contadina, poi in imprenditrice dell'olio e dell'accoglienza, coniugando sempre aspetti sociali a quelli produttivi. La sua storia è legata a filo doppio a quella della sua famiglia, impegnata per decenni nella coltivazione di ulivi sulle colline livornesi. Un'attività che Beatrice ha riattivato nel 1997, dedicandosi sempre in parallelo nel sociale. Ad esempio, ha recuperato gli ulivi comunali di San Vincenzo, dove è situato il suo agriturismo, che ha dotato di un moderno frantoio. Le competenze e la visione acquisite nel tempo sono confluite in RectoVerso, un sistema che fonde educazione, rispetto dei lavoratori, tracciabilità e qualità del prodotto.

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La Gorgona e la Bianca

L'idea di recuperare piante autoctone e coinvolgere i detenuti risale al 2019. Passeggiando sull'isola di Gorgona, tra piante di rosmarino e calendula, Beatrice ha notato la Bianca, una qualità d'olivo esclusiva dell'isola. Il gusto del suo olio è leggermente fruttato ma con note mature, forse dovute al contatto così stretto col mare. “Qui si sente davvero il profumo del sale”, racconta emozionata mentre parla di questo bottone di terra, di appena due chilometri quadrati. Poi il primo incontro con i detenuti. “Quello che mi ha colpita – spiega - è la loro concezione del tempo, molto diversa dalla nostra che ci crediamo liberi, ma siamo prigionieri di troppi impegni e della fretta di realizzarli”. Il recupero di un approccio lento, secondo Beatrice, è la chiave per far funzionare un progetto dalla prospettiva lunga, che ha l'ambizione di diventare esemplare nel mondo dell'agricoltura contemporanea.

Oltre le difficoltà

Il percorso è stato comunque impervio. In primo luogo è stato necessario affrontare le difficoltà geografiche. I collegamenti con la Gorgona sono infatti garantiti solo dalla motovedetta della polizia penitenziaria. lnoltre, il meteo avverso, che spesso costringe i familiari dei detenuti a rimandare le visite, ha obbligato talvolta anche Beatrice a rinunciare agli spostamenti. Ciò nonostante, gli uomini hanno proseguito nelle tappe della produzione, dato che la natura non può attendere. Visto che i carcerati sono privi di cellulare e connessione internet, l'altro nodo ha riguardato la comunicazione, dovendo passare per la necessaria triangolazione con gli ispettori presenti sull'isola. La collaborazione completa delle forze dell'ordine ha comunque garantito gli scambi, anche a distanza. Infine, “non è stato semplice accorpare un pot-pourri di razze ed estrazioni sociali”, come ammette l'imprenditrice. “Si tratta pur sempre di persone unite dall'obbligo di scontare una pena, con vissuti e competenze diverse, che si ritrovano a condividere lo stesso obiettivo”. Nonostante le avversità, ammette l'ideatrice, “queste persone mi hanno dimostrato subito entusiasmo e voracità”. Tali da sconfiggere anche alcune resistenze personali, tra coloro che non volevano 'fare il contadino', vedendolo come mestiere degradante e non corrispondente alla loro formazione.

Cambio di status

Agli occhi di Beatrice Massaza, oltre ai pregiudizi sul mestiere, c'era una “resistenza al luogo”. Opporsi a quell'impegno significava per alcuni rifiutare di essere effettivamente lì a scontare una pena. Per la maggioranza, però, contribuire all'olivicoltura è significato l'opposto: prendere le distanze dall'essere un detenuto e collaborare ad uno scopo legato in qualche modo alla vita esterna al carcere. Alla fine, in gran parte, anche le ultime remore sono state sconfitte. “La massa di energia che si è creata tra loro è stata trainante, più del progetto in sé – spiega l'imprenditrice - Vedere gli altri impegnarsi e credere nell'attività ha convinto anche gli scettici a ricredersi”. L'occasione di cambiare ruolo e di vedersi come potatore o responsabile di frantoio, per alcuni ha comportato un coinvolgimento totale. Al punto che alcuni lavoravano oltre l'orario previsto per completare le mansioni, come la pulitura del frantoio o la concimazione.

Obiettivo sostenibilità

Vincendo il premio Agro-social, il progetto ha ricevuto 40 mila euro di finanziamento, investiti nell'acquisto del frantoio, nell'attrezzatura per la potatura, nel materiale necessario per l'imbottigliamento. “Accedere ai fondi è stato fondamentale, ma i contributi – specifica Beatrice - vanno presi solo se si è verificata la possibile sostenibilità. E RectoVerso ha i requisiti giusti”. Per questo motivo, l'imprenditrice ha investito risorse personali, integrando i fondi ricevuti da Confagricoltura. Per i detenuti coinvolti, è prevista una borsa lavoro come riconoscimento economico, ma i tempi tecnici di attuazione ancora non hanno permesso il concretizzarsi di questo aspetto. La produzione di quest'anno è di circa 300 litri, a causa di un'annata poco generosa dovuta alle gelate di aprile scorso. La prospettiva è di ottenerne almeno il triplo. Le bottiglie già pronte verranno vendute allo spaccio del carcere, che dalla prossima primavera diventerà una delle tappe per i turisti che si recheranno sull'isola. Insieme all'olio, i visitatori potranno acquistare altri prodotti, come le foglie di ulivo essiccate per le tisane e il sapone creato con l'antico metodo di Marsiglia.

Una catena trasparente

Per garantire lunga vita a RectoVerso, le prossime tappe riguardano lo sviluppo di una campagna di crowdfunding, la collaborazione con altre cooperative e con poli di distribuzione, per trovare gli sbocchi di mercato più adatti. Tra le sinergie già avviate, spicca quella con Genuine Way, l'ente certificatore che si occupa della verifica della blockchain (letteralmente ‘catena di blocchi’) che fornisce informazione sul prodotto, garantisce completa tracciabilità, la facilità di riciclo o di smaltimento del vuoto e offre al consumatore un prezzo trasparente. I detenuti saranno quindi impegnati anche nella creazione di questo registro digitale di passaggi, che rispetti questo protocollo destinato a diffondersi sempre più nel settore agroalimentare.

Degustazioni e marketing dell'olio

Il ciclo del progetto non si ferma alla produzione. A febbraio sono previsti gli incontri di degustazione con esperti internazionali, che guideranno i detenuti ad acquisire ulteriori competenze nell'universo dell'olio. I partecipanti potranno viaggiare dai sapori più acidi a quelli più fruttati, venendo informati sui gusti degli acquirenti, che si tratti di tedeschi, francesi o statunitensi. Questa formazione sarà determinante per orientarli nello sviluppo di una campagna di marketing e comunicazione adatta al loro prodotto. Secondo Beatrice, alcuni partecipanti già si immaginano come sommelier dell'olio. Una prospettiva da non escludere. In fondo, più in generale, l'obiettivo dell'imprenditrice di San Vincenzo è questo: aiutare gli olivicoltori a raggiungere gli stessi traguardi ottenuti negli ultimi anni dagli attori del mondo vinicolo.

Modello da replicare

Il futuro di RectoVerso mira oltre i confini dell'isola anche da altri punti di vista. “Abbiamo creato un modello – spiega l'ideatrice - che potrebbe essere condiviso con altre realtà carcerarie, in base alle caratteristiche degli istituti. Se hanno a disposizione ulivi, alberi da frutta o orti, poco importa, i principi da applicare restano identici”. Lo scopo è duplice: aiutare chi sta scontando una pena a riqualificarsi e utilizzare in maniera più proficua il tempo a disposizione. D'altra parte, è fondamentale sconfiggere le resistenza di una società restia all'inserimento delle persone dopo il carcere. Come evidenzia Beatrice, una parte dei frutti di questa operazione è già stato raccolto. ”Le aziende presenti sulla costa livornese, - sottolinea - considerata anche la qualità dei partner coinvolti, non hanno esitato a fornire collaborazione, valutando l'efficacia della nostra formazione, in settori dove peraltro iniziano a scarseggiare lavoratori competenti”. A riprova di questa fiducia, due detenuti sono stati immediatamente assunti da imprese agricole, non appena sbarcati al porto di Livorno. Visti non più come ex-detenuti, ma come potatori qualificati, hanno iniziato nel modo migliore una nuova vita. Per chi è ancora sull'isola, il percorso prosegue con una prospettiva che fa ormai parte del loro quotidiano. “Che paesaggio che me circonda / me trovo a contemplà me stesso / davanti a sta distesa d'alberi d'olivo”, scrive un detenuto in una poesia, dove si rivolge direttamente ad un albero a cui 'deve domà la chioma". La potatura è diventata momento di cura dell'altro e di ritrovato contatto con la natura, per dare vita a un olio che avrà il sapore della libertà.

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