L'azienda che utilizza sensori nei terreni per ridurre i trattamenti sulle piante
In Cilento le cantine San Salvatore 1988, grazie ai sistemi offerti dall' “internet delle cose”, raccoglie e cataloga dati, che permettono di effettuare scelte mirate e rispettose dell'ambiente
In Cilento, tra bufale e vigne, l'azienda agricola San Salvatore 1988 ha deciso di investire sull'innovazione tecnologica per ridurre l'impatto ambientale e garantire qualità ai suoi prodotti. Dopo l'installazione di pannelli solari e di un impianto a biogas, che rendono l'azienda totalmente autonoma sul piano energetico, l'imprenditore Giuseppe Pagano ha deciso di introdurre uno strumento ulteriore dell'agricoltura 4.0: l'internet of things, un progetto digitale che sfrutta “l'intelligenza delle cose”. Si tratta di robot agricoli e sensori collegati al terreno, che raccolgono dati, li catalogano e aiutano a effettuare le scelte più idonee, ad esempio per l'irrigazione e la prevenzione delle malattie delle piante. “Grazie ai sensori abbiamo un punto di riferimento che ci fornisce indicazioni chiare sugli eventi atmosferici, che per noi sono molto condizionanti”, spiega Pagano.
L'azienda San Salvatore, che in una decina d'anni è stata in grado di spiccare il volo con vini che hanno ricevuto in poco tempo riconoscimenti importanti, ha scelto di aderire ai protocolli del biologico, eliminando trattamenti chimici e invasivi per i terreni. Il processo iniziale è stato abbastanza lungo, andando a bonificare e rendere nuovamente “vivi” dei terreni sovra-sfruttati o non ancora pronti per usi agricoli. “Sono stato cocciuto ad aspettare il momento giusto, in cui i suoli fossero davvero 'vivi' e rigenerati in modo da ottenere uve di grande qualità”. Pagano, che si dice impregnato dei dettami dell'agricoltura biodinamica, pur non avendo alcuna certificazione, cerca di sfruttare oggi i vantaggi offerti dalle innovazioni tecnologiche, al fine di essere ancora più rispettoso nei confronti della terra. “I risultati li stiamo avendo soprattutto nella limitazione dei trattamenti. Andiamo a utilizzare prodotti, come zolfo, rame e derivati, solo quando è necessario”, sottolinea l'imprenditore agricolo, aggiungendo: “I dati ottenuti ci aiutano sia nella tutela dell'ambiente che nel contenimento dei costi così come nel ricorso ai collaboratori”.
Tutta l'azienda è pensata per realizzare processi integrati, che si valorizzano l'un l'altro. Quando era ancora in attesa delle prime bottiglie, quelle dell'annata 2010, Pagano ha deciso infatti di realizzare un allevamento di bufale. “Avevamo bisogno di un letame di qualità, che alimentasse i nostri terreni e le vigne. Dato che in origine ci siamo installati in una vecchia stalla, abbiamo pensato di portare qui un centinaio di bufale. Il loro latte e i prodotti derivati ci hanno permesso di far vivere l'azienda, mentre attendevamo i primi frutti del settore vinicolo”. Oggi l'allevamento ha superato la soglia dei 700 capi, generando introiti grazie a un latte di qualità, trasformato in mozzarelle, ricotte e yogurt. Le cantine, nel frattempo, hanno prodotto litri di Fiano, Greco e la classica Falanghina, molto apprezzata all'estero. Da imprenditore nella ristorazione e nell'alberghiero, Pagano è tornato alle origini della sua famiglia, che produceva vino, recuperando uve da altri contadini. Oggi San Salvatore ha creato invece una filiera cortissima, dove può trasformare le proprie uve in cantine all'avanguardia. “Più andiamo avanti più dobbiamo preoccuparci della salute dei nostri consumatori, quindi queste tecnologie ci permettono di ridurre i trattamenti ai minimi e aumentare al tempo stesso la qualità dei nostri prodotti”, conclude Pagano.