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Giovedì, 25 Aprile 2024
Carne inquinante

Perché i piccoli villaggi si oppongono agli allevamenti intensivi di maiali

La Spagna è diventata la maggior produttrice europea di questa carne. Anziché risolvere i problemi di spopolamento questa industria li aggrava, inquinando acqua e terreni

Rapporti tesi nelle comunità, cattivi odori diffusi in intere valli e andirivieni di camion su strade di campagna inadeguate a sorreggere tali carichi. Queste alcune delle conseguenze degli allevamenti intensivi di maiali nella Spagna rurale, diventata da qualche anno la principale produttrice di carne suina in Europa. Un record che nasconde molte problematiche, come svelato da un reportage pubblicato sul Guardian. La giornalista del quotidiano britannico ha svelato come l'industria della carne installata in aree remote della penisola iberica abbia peggiorato lo spopolamento di queste zone anziché ridurlo.

Invasione

Il solo boom demografico degli ultimi 15 anni a Balsa de Ves, un piccolo villaggio spagnolo nell'entroterra di Valencia, è stato quello dei maiali. La scuola è chiusa da quarant'anni, a causa del progressivo spopolamento, mentre 100mila suinetti nascono all'anno, grazie alle 3.900 scrofe ospitate nei capannoni di un allevamento intensivo collocato in periferia. “Siamo invasi dai maiali”, ha dichiarato la sindaca, Natividad Pérez García, precisando: "Siamo a più di 800 maiali per ogni residente". La situazione non è dissimile in numerosi altri villaggi della Spagna rurale, in particolare quelli con una popolazione inferiore ai 5mila abitanti. Troppo pochi per fare abbastanza rumore e protestare contro le problematiche connesse a questa industria, fiorente e inquinante al tempo stesso. Anziché dare nuova linfa alle comunità rurali, queste aziende stanno assestando gli ultimi colpi fatali, aggravando la fuga di abitanti già in corso.

Promesse mancate

Nel 2006 le promesse dei rappresentanti dell'impresa erano attraenti, come evidenziato dal sindaco all'epoca consigliere comunale : rivitalizzare l'area, offrire posti di lavoro, attrarre persone da altri villaggi limitrofi al punto da riuscire a riaprire scuole ed altre attività. Nulla di tutto questo si è avverato. "Quello fu l'inizio dell'incubo nel mio villaggio", ha affermato Pérez García. “In una delle frazioni a circa tre chilometri dall'agriturismo, 'profuma' 362 giorni all'anno. Un flusso costante di autocarri pesanti va e viene, distruggendo le nostre strade”, ha affermato il sindaco. Oltre a cattivi odori ed inquinamento dell'aria c'è la questione dell'acqua. I test effettuati la scorsa primavera da Greenpeace hanno rivelato la presenza di nitrati con 120 milligrammi per litro in una delle cinque fonti idriche del villaggio, anche se non collegata alla fornitura di acqua potabile. È più del doppio del limite stabilito nella direttiva dell'Unione europea che lo blocca a 50mg per litro. Il sindaco ha quindi frenato l'abitudine dei residenti di riempire le bottiglie con l'acqua di sorgente.

Più maiali che spagnoli

La contaminazione da nitrati è stata connessa alla vasta quantità di letame presente nell'allevamento, così come riscontrato in numerosi altri villaggi e città in tutta la Spagna. A dicembre un'inchiesta aveva rivelato come oltre un milione di persone nella penisola iberica bevesse acqua inquinata. Da anni. Il problema ha investito tutta la Spagna rurale, con una produzione che nel 2021 ha macellato 58 milioni di maiali a fronte di 47 milioni di abitanti. Rispetto a dieci anni fa la produzione è aumentata del 40%, con quasi metà dell'industria della carne suina situata in comuni con una popolazione inferiore ai 5mila abitanti. Il gioco non sta valendo la candela neppure sul piano dell'impiego. La mega-fattoria di Balsa de Ves dà lavoro relativamente a poche persone. Ancora più preoccupante è il fatto che dal suo arrivo la popolazione sia diminuita del 40%, secondo le dichiarazioni di Pérez García. Anche questo è un dato in comune con altre località simili.

Tensioni locali

Nel 2021 uno studio realizzato su 400 piccoli villaggi ha verificato che nel 74% dei comuni in cui i maiali erano più numerosi delle persone il numero di cittadini si era ridotto ulteriormente negli ultimi due decenni. Un dato che non stupisce. "Cosa preferiscono le persone? L'odore di pino, di rosmarino o l'odore di merda?", ha affermato Pérez García. Mentre l'azienda agricola non ha commentano alla richiesta del Guardian, i conflitti attraversano la cittadinanza. In questi anni sono nati oltre 70 gruppi di base che si oppongono alla proliferazione di questo modello di produzione del cibo. Tra gli oppositori figurano viticoltori, giovani e lavoratori di ogni tipo, che lamentano aria malsana e acqua non più potabile. C'è chi lamenta una "calma tesa", evidenziando che alcuni vicini hanno smesso di parlare con gli altri.

Ripensamenti

Sono circa 50mila i posti di lavoro nell'industria della carne suina concentrati nei villaggi meno popolosi. L'ente di categoria assicura che questi allevamenti offrono “posti di lavoro, opportunità e un futuro per le famiglie che vogliono restare dove sono le proprie radici”, assicurando che “una fattoria non viene creata indiscriminatamente", dovendo rispettare regole rigorose e autorizzazioni rilasciate dalle amministrazioni locali. Proprio queste ultime però, come nel caso di Pérez García, che all'epoca era stata l'unica ad opporsi all'autorizzazione, mettono in dubbio le scelte del recente passato. "Potremmo vivere perfettamente bene grazie al turismo, abbiamo dei bei posti", ha evidenziato la prima cittadina, "ma nessuno è interessato a causa della mega-fattoria".

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