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Domenica, 28 Aprile 2024
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Nasce in Italia il primo sindacato "per animali lavoratori"

Frutto dell'iniziativa di un veterinario, punta a tutelare il benessere animale. I caseifici potranno chiedere verifiche nelle stalle fornitrici e controllarle tramite un software

Questo articolo è stato modificato il 30 novrembre 2022 alle ore 16:01

Arriva da Cremona, capitale italiana della zootecnia, l'idea di fondare il primo "sindacato per animali lavoratori della storia". A tutelare il bestiame sarà un gruppo di professionisti, che puntano a migliorare le condizioni nelle stalle, sul piano della salute e dello spazio, tramite controlli costanti ed altri mirati in caso di segnalazioni specifiche. Nelle intenzioni si tratta di miscelare tecnologia, controlli e formazione per ottenere allevamenti sostenibili e 'distensivi'.

L'Osservatorio del Benessere Animale (Oba), questo il nome ufficiale, scaturisce dalla testa e dall'esperienza del medico veterinario Nicolò Mirco Bissolati, e dall'agronomo e allevatore Mattia Vasta. Del team fanno parte anche l’avvocato e allevatore Vittorio Bandera e lo storico-illustratore Guido Damini. Il meccanismo di tutela è peculiare. AgriFood Today ha intervistato Bissolati per capire meglio il suo funzionamento.

"Ad iscriversi al sindacato sono direttamente i caseifici e le latterie, ma della 'lotta' se ne occupa direttamente il veterinario nel suo monitoraggio degli allevamenti", spiega il medico, proseguendo: "Se verifico un eccesso di mortalità, ad esempio, esigo un monitoraggio del sangue per verificare se la colostratura dei vitelli è stata fatta o meno nei tempi giusti o se sono state violate altre misure".

L'idea è che il caseificio assume simbolicamente tutte le mandrie della propria latteria riconoscendo loro una dignità e dispensando benefit come fossero dipendenti. Questo dovrebbe tradursi in maggiori garanzie per la maternità, esami del sangue e controllo pediatrico dei vitelli. "L'allevamento intensivo è sbagliato perché erode le riserve di mucche destinate alla produzione. Servono allevamenti 'distensivi', perché se l'animale sta bene otteniamo anche prodotti migliori e apprezzati dai clienti".

Altro elemento cardine è la digitalizzazione. Tramite un software, il caseificio può monitorare direttamente le stalle fornitrici ottenendo dati aggregati sul numero dei capi, delle cuccette e degli abbeveratoi, nonché sugli spazi disponibili. In questo modo il caseificio può controllare in modo mirato gli indici di benessere non rispettati nelle stalle, come situazioni di sovraffollamento e di stress, ottenendo anche dati che consentono previsioni sul latte prodotto dagli animali da rimonta nei quattro anni successivi con un margine di errore è prossimo all’1%. "Così le bovine saranno più sicure, meno inquinanti e più performanti" sottolinea Bissolati.

La prima iscrizione è spettata al caseificio Ca De’ Stefani, con cui collabora da tempo Bissolati, che produce anche Grano Padano ed è rifornita da 24 stalle, da circa 300 capi ognuna. Nel progetto rientra anche la formazione degli allevatori e dei loro dipendenti, in maniera tale da sensibilizzare anche su delle pratiche più avanzate rispetto a quelle consolidatesi negli ultimi anni e poco attente ai bisogni delle vacche. "La componente di divulgazione è importantissima per realizzare stalle di eccellenza. Il caseificio o direttamente l'allevatore può richiedere un intervento per tutelarsi da gente incapace".

Pur avendo fondato quello che definisce un sindacato, il sogno di Bissolati in verità di lavoratori ne prevede molti di meno. "I cremonesi hanno smesso di mungere negli anni '90, da quel momento hanno iniziato ad occuparsene gli indiani, che in alcuni casi non sanno tutelare gli animali", sostiene Bissolati. Il veterinario precisa che non si tratta di un pregiudizio o un'accusa nei confronti delle persone che lavorano nelle stalle, ma mette in guardia da una formazione inadeguata ed elogia le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. "Con gli investimenti giusti si possono creare stalle da tre milioni di euro completamente robotizzate dove l'animale neppure incontra l'uomo. Questa è una garanzia per le bovine perché l'uomo talvolta può essere cattivo, mentre il robot no, grazie ai dati corretti inseriti nel suo sistema", conclude il veterinario, convinto della qualità di stalle maggiormente robotizzate.

Il progetto verrà presentato ufficialmente il 3 dicembre presso le “Fiere Zootecniche di Cremona” con una simbolica 'firma di zoccolo' apposta alla Magna Charta Libertatum, un vero e proprio Manifesto degli animali lavoratori. A firmare il documento sarà la bovina vincitrice del premio internazionale per la vacca più bella, selezionata tra le 650 in competizione nella cittadina lombarda.

Edit 30/11/2022: Il dottor Bissolati dopo la pubblicazione di questo articolo ha contattato AgriFood Today per chiarire alcune sue esternazioni. Riportiamo qui di seguito le sue delucidazioni: "Il mio sogno è un mondo dove l'operatore non ha un'azione diretta sull'animale, ma questa è mediata dal veterinario ed anche dagli strumenti tecnologici che permettono profonde analisi e sicuramente una cura elevatissima sull'animale. L'operatore quindi va formato in questo senso". Ha aggiunto inoltre delle specifiche relative alla frase della 'cattiveria dell'uomo', precisando: "Un uomo ignorante, non informato, lavora in maniera qualitativamente inferiore rispetto ad una persona formata e consapevole rispetto a quello che fa. Alla base del rapporto tra uomo e bovino, che continua da 12mila anni, c'è questa forte componente di homo sapiens verso il bos taurus, semplicemente il robot permette una migliore espressione del bovino perché avendo più dati è più attento".  

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